Questo disco è stato registrato a Conakry il 25 e il 27 marzo 2019 nel Centre Tyabala. Il suo principale artefice è Sylvain Leroux che ha ne ha curato la presa del suono e la scaletta, così come le immagini e la grafica che presentano i quattordici brani nel libretto che accompagna il CD. Esce a cinque anni di distanza dal primo lavoro di questo gruppo, «Les Enfants de Tyabala» e documenta la collaborazione fra il Centre Tyabala Théâtre de Guinée e l’École Fula Flûte. Il primo album accompagnava la nascita della passione fra gli allievi del centro per il flauto “tambin” o “fulannu”, strumento diatonico, suonato come un flauto traverso con un’imboccatura rettangolare. Il centro è stato fondato nel 2009 Momo Sylla e Véronique Lamah, registi, attori, narratori che con la loro arte si propongono di coinvolgere la comunità locale e di offrire ai più giovani modi concreti per stare e creare insieme. Si rivolgono in primo luogo a chi vive per strada offrendo proposte educative che comprendono anche le arti, teatro e musica in primo luogo. Dal 2015 la collaborazione con il flautista, compositore ed arrangiatore Sylvain Leroux è divenuta duratura. Gli allievi della scuola sono spesso invitati a preparare e presentare spettacoli per la comunità locale e sono particolarmente apprezzati per il modo in cui suonano il flauto grazie all’esempio e agli insegnamenti del maestro guineiano Mamady Mansaré e alla collaborazione con il direttore d’orchestra, percussionista, suonatore del liuto ngoni e cantante Bouba Mbeng. Si devono a lui le principali canzoni, composizioni e arrangiamenti incluse in questo nuovo album. Le registrazioni dal vivo documentano l’interazione fra maestri ed allievi e la varietà dei modi in cui sanno declinare la loro arte. Al flauto tambin si alternano o suonano insieme Isamël Bangoura, Sidiki Camara, Naby Camara, Aboubacar Cissé, Allassane Cissé, Seydouba Kouyaté, Sylvain Leroux, Alhassane Sylla, Aboubacar Soumah, Fatoumata Soumah. Questo ventaglio di interpreti e combinazioni timbriche permette di esplorare un’ampia gamma di soluzioni sonore centrate sul dialogo fra i flauti, e fra flauti, voci e percussioni. Nel finale spunta anche la sorpresa: Aboubacar Soumah utilizza un flauto tambin cromatico per una rivisitazione di “Petite Fleur”, un brano classico del repertorio jazz che Sidney Bechet scrisse nel 1952, durante il suo periodo in Francia, e che in passato era entrato nelle scalette di Manu Dibango e Angélique Kidjo. Ma tutti i brani mostrano una propria personalità e offrono angolature diverse per apprezzare il mondo del flauto africano. Emblematico è “Douga”, centrato sul dialogo che coinvolge ai tambin Naby Camara e Abdoulaye Camara. Un’intesa che sa proporre sia i lati più melodiosi, sia quelli più aspri dei flauti e gettare ponti fra repertori per kora e repertori vocali. E dopo averli evocati, l’album lascia spazio anche a questi strumenti, per esempio in “Do yara ké" e “Bani”, che sembrano evocare in modo puntuale il modo in cui la scuola locale si trasforma in laboratorio di musica coinvolgendo decine di allievi. Un disco che trasmette la freschezza del far musica in modo interamente acustico, senza filtri o sovra-incisioni, coltivando la poesia di composizioni che restano vicine all’espressività delle epopee dell’Africa occidentale.
Alessio Surian
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