Polifonic System – Totem-Sismic (Buda Music, 2019)

Questo capitolo è tutto dedicato alle musiche e canti tradizionali per ballare dell’Occitania. Se organizzare i suoni è anche tracciare una geografia e intervenire su un repertorio conosciuto, è inevitabile che in casi come questo si tratti anche di restituire la misura del passare del tempo. Il quartetto Polifonic System si pone chiaramente dal lato dell’accelerazione. Prendete “Matin Se’s Levat”, un ballo conosciuto (un branle) su un testo occitano che parla di sangue blu e corteggiamenti. Ascoltatelo nella bella versione pubblicata nel 2012 dal duo Brotto Lopez: lirica, scandita, granitica. Confrontatela con la nuova versione dei “Polifonic System”, che l’hanno inserito in “Totem-Sismic”: suoni inediti, fantasia in libertà, ma anche pieno rispetto del genere. Ad arrangiarla si sono messi in tre: Jean-Marc Enjalbert, Henri Maquet e Manu Théron. Jean-Marc Enjalbert, nome d’arte Ange B, è il beatboxer del gruppo. Attivo fin dal 1987 a Tolosa con i Fabulous Trobadors, negli anni ha imparato a far uscire dal suo microfono qualsiasi tipo di suono: pulsazioni, scratch, tromba, chitarra, ma dietro il microfono non ci sono trucchi, c’è solo la sua voce nuda. Henri Maquet ci mette la molteplicità dei suoni e delle sonorità dei suoi flauti (per esempio l’incipit e gli assoli di “Quand Ieu M'en Vau”) e la passione per le intersezioni tra musiche elettroniche e musiche tradizionali. Dal 1994 ha composto e suonato con una decina di gruppi fra i più creativi: Ventadis, Mont-Joia, Duo Maquet Bachevalier, Pagan, Projet Caitos, Talabrène, Collectif Tapenade, Projet Caitos, Bal Pop Trònic. Clément Gauthier, invece, si muove fra canto, suoni del corpo, chabrette (la zampogna della regione occitana Limousin della Francia centrale) e tambourin à cordes (salterio). Autodidatta, è da sempre interessato agli incontri con altri musicisti, in particolare mediterranei e alla creazione musicale all’interno di gruppi come Jéricho. Completa il quartetto Manu Théron (per Blogfoolk l’ha intervistato due anni fa Gianluca Dessì): base a Marsiglia, sguardo rivolto a sud, voce immediatamente riconoscibile attraverso ensemble diversi: Lo Còr de la Plana Chin Na Na Poun, Sirventés, Gacha Empega, Compagnie du Lamparo. Tre principi sembrano muovere gli ingranaggi sonori dei Polifonic System: esplorare la geografia occitana, metterne in evidenza gli strumenti tradizionali e farli interagire con le influenze musicali già da tempo incorporate dai diversi membri del gruppo, dall’elettronica al rock. Cosa lega un beatboxer come Ange B, un flautista che frequenta l’elettronica come Henri Maquet, un innovatore delle zampogne come Clément Gauthier ed un menstrello nomade come Manu Théron? L’amore per le danze occitane cantate, per la capacità del mondo rurale di dar vita e di reinventare, nei diversi territori, ritmi, canti e danze che permettono a chi le interpreta di essere al tempo stesso cantanti e ballerini e di poter dar luogo a proprio piacere al momento della danza. I dodici brani sono lì a mostrare come questa tradizione rurale resti uno scrigno anche per chi voglia frequentarla avendo in testa sonorità urbane e orizzonti che trascendono le terre occitane. Non a caso, l’apertura di “Vautres Que Siatz A Maridar” mette subito in campo beatbox e suoni d’ambiente e gioca i primi due minuti su percussioni e voci prima di chiamare in causa i fiati e già a metà brano cambia passo con un momento a cappella. Se le conoscete, è l’occasione per scoprire la profondità che questo quartetto sa ricavare dalle melodie da ballo mettendo in primo piano le voci e facendo delle variazioni anche timbriche e di tempo nell’accompagnamento ritmico il principale paesaggio sonoro, ascoltate “La Pastora” e “Quand Ieu M'en Vau” per due esempi paradigmatici.  


Alessio Surian

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