Otava Yo – Do You Love (Arc Music, 2019)

Addobbate in abiti campagnoli, tre fanciulle porgono piatti pieni di frutti di bosco. Già dall’immagine di copertina si affaccia l’ironia con gli Otava Yo giocano con simboli e stereotipi della tradizione russa, per non parlare poi dello spirito stravagante e grottesco dei loro video. In Italia sono passati qualche anno fa nella storica e importante rassegna trentina “Itinerari Folk”: dal vivo si danno davvero da fare e sono un bello spettacolo. L’impressione è di una formazione che rivela più che buone voci, flirta agevolmente con diversi linguaggi musicali, integrando strumenti tradizionali (diverse fogge di flauti, zither, violino e balalaika) russi e non (c’è anche il rinomato timbro della gaita galiziana) con una sezione ritmico-armonica rock. Formatisi nel 2003, dopo l’esperienza di busker sulla Prospettiva Nevskij di San Pietroburgo, danno una svolta al loro sound, che inizialmente guardava all’Irlanda più che alla madrepatria, incidendo un primo disco, quasi interamente strumentale, “Pod Aptekoj” (2005), imperniato su materiali tradizionali russi. Seguono “Zhyli-byli” (2009), “Rozhdestvo”, in cui si cimentano con il repertorio natalizio, e “Chto za pesni” (2013). L’anno successivo mettono in circolazione un’antologia, per poi pubblicare “Give just a little time to be merry!” (2015). Tre anni dopo è la volta di questo “Do you love”, licenziato nel 2019 da Arc Music sul mercato internazionale La line up annovera il band leader Alexey Belkin (voce e gusli, flauti, gaita galiziana e percussioni), Alexey Skosyrev (voce, chitarra elettrica, batteria e percussioni), Dmitriy Shikhardin (voce, violino, flauti, Vladimirskiy Rozhok (tromba in legno), Petr Sergeev (grancassa e rullante), Timur Sigidin (basso) e Julia Usova (voce, violino, glockenspiel e flauto di Pan); in più un variegato stuolo di ospiti al canto e alla balalaika contribuisce alla pienezza del suono con cui gli Otava Yo restituiscono nove canzoni tradizionali, rivisitate di tutto punto con spirito energico. Partono alla grande, offrendo il vivace “Once Upon a Time on a High Hill (“Как на горке, на горе”), dove le armonie vocali sono in bella mostra: si racconta di un matrimonio di una fanciulla che ha nascosto tutto a papà... Sullo stesso registro musicale procedono le tribolazioni amorose di “Oh Dusya, My Marusya” (“Ой, Дуся, ой, Маруся”), da collocare tra gli episodi di punta del disco per il suo ritmo che richiama la lezginka. Da non perdere il clip, che mette alla berlina alcuni luoghi comuni della cultura popolare russa (https://www.youtube.com/watch?v=0HtvH34CmZY). Anche “Brooms” (“Метёлки“) si inscrive nel solco dei precedenti brani. Qui risiede, in realtà, un limite dell’album, che fa risaltare una certa ripetitività nella struttura dei brani e negli arrangiamenti. “Maidens Have Sown the Flax” (“Посеяли девки лён”) si sviluppa sul dialogo tra voci e corde, con svisate rockeggianti che aprono la via alle esuberanze di “The Lord Once gave me tea” (“Раз Прислал Мне Барин Чаю“), in cui la cornamusa prende il comando delle operazioni. Ritmi incalzanti animano “Guelder-rose berries” (“Загорелась во поле калина”), mentre la lunga title track, “Do you love?” (“Любишь ли ты?”), dove entra anche un coro di bambini, si impone per la potente polivocalità. Ecco, quindi, sopraggiungere “Sumetskaya” (“Сумецкая”), uno dei temi dall’esito più lusinghiero per il sestetto: il video della vigorosa e rockeggiante canzone vanta oltre 25 milioni di visualizzazioni su YouTube. Il sapore “celtico di “The ruby rose bush” (Червонная роза) chiude un lavoro che conferma l’originale via tracciata dal combo di San Pietroburgo, da percorrere spingendo più a fondo sul pedale della spericolatezza sonora.



Ciro De Rosa

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