Öngtupqa – Sacred Music of the Hopi Tribe (ARC Music, 2019)

17 ottobre 2017, il Grand Canyon in Arizona: Dean Neasham predispone i suoi i microfoni nei pressi dell’osservatorio Desert View e si prepara a vivere una giornata straordinaria. Con lui c’è un trio di musicisti d’eccezione: Clark Tenakhongva al canto e alle percussioni, Gary Stroutsos ai flauti, Matthew Nelson alle percussioni. Ora: non continuate a leggere, date prima un’occhiata alle immagini del Grand Canyon e ascoltate la voce di Clark Tenakhongva nei clip disponibili nel sito www.ongtupqa.com. Clark Tenakhongva viene dal Keams Canyon, dov’è nato nel 1957, i parenti di suo padre sono dei clan Corn e Water, quelli della madre dei Rabbit e Tobacco. Per tutta la vita ha dato voce ai canti Hopi ed ha già registrato quattro album per la Canyon Records. Da novembre 2017 è Vice Chairman della Hopi Tribe, impegnato attivamente nel proteggere i siti culturali del Grand Canyon. In apertura del nuovo album, prima di ascoltare la voce di Clark Tenakhongva, il flauto di Gary Stroutsos avvolge l’ascoltatore con un suono rotondo ed un timbro ricco di sfumature: da venticinque anni si dedica allo studio della tradizione Hopi ed è tra i fondatori della Makoché Records, dedicata alla musica dei nativi americani, l’unico ‘non-indigenous’ a essere stato invitato a registrare per questa etichetta. I suoi flauti sono costruiti da tre capaci artigiani (Michael Allen, Michael Prairie e Jeffery Ellis) e sono affiancati nel disco anche dall’ocarina clay wind whistle. Le due voci soliste sono sostenute dalle percussioni di Matthew Nelson, etnomusicologo e conduttore radiofonico (Global Rhythm Radio, KXCI-FM), innamoratosi delle tradizioni musicali delle regioni del sudovest nordamericano mentre studiava le ceramiche tradizionali e le percussioni (clay pot) di terracotta. Qui ne suona tre: un ampio udu dell’Atelier Terre & Son (France), un udu della Latin Percussion e un ghatam dal Karnataka (India). La terracotta ha un ruolo importante nella cultura Hopi, fondamentale per il trasporto dell’acqua, per lo stoccaggio del grano, così come per l’espressione artistica e cerimoniale attraverso gli strumenti musicali. La scelta degli strumenti utilizzati nel disco nasce dalla somiglianza che ha l’udu indiano con Sípàapuni, il sito sacro Hopi per eccellenza, il “luogo dell’emergenza”. A Nelson era ricorso Stroutsos per capire il contesto culturale di appartenenza di sei flauti di legno - riportati alla luce da uno scavo archeologico del 1931 nella Prayer Rock Valley in Arizona – datati 620 – 670 d.C., mille anni prima di qualsiasi precedente ritrovamento in quelle regioni. Per Nelson era ovvio che si trattasse di flauti Hopi e, quindi, che la persona più qualificata per introdurre Stroutsos al loro contesto fosse Clark Tenakhongva. L’incontro fra i tre avvenne nell’ Office of Veterans Affairs di Hotevilla dove lavora Clark Tenakhongva. In quell’occasione Tenakhongva invitò Stroutsos a suonare una copia dei flauti che Stroutsos aveva con sé, suonata che valse ai visitatori un invito a cena con la famiglia di Clark Tenakhongva a Polacca. Insieme si recarono poi a Walpi, un villaggio Hopi che ha mantenuto continuità abitativa negli ultimi 1.100 anni e dove Stroutsos venne invitato a “restituire” il suono di flauti hopi mai più suonati negli ultimi 500 anni. Al termine della musica e di un lungo silenzio, Clark Tenakhongva condivise con i presenti le seguenti parole: «Voglio raccontarvi un sogno recente. Me ne stavo sulle Mesas Hopi con le nuvole che si addensavano arrivando da tutte le direzioni. Al mio risveglio mi sono sforzato di cantare la canzone che avevo udito nel sogno, ma non riuscivo a riprodurla esattamente. Ora so che non ci riuscivo perché il suono che udivo nel sogno non era quello della mia voce, ma quello del tuo flauto». Poche settimane dopo Clark Tenakhongva e Gary Stroutsos suonavano insieme presso la Desert View Watchtower invitati dal Grand Canyon Music Festival. Insieme hanno cominciato a dar forma agli antichi suoni Hopi e mentre suonavano le nuvole si sono addensate e la pioggia ha cominciato a cadere sul South Rim del Grand Canyon. Il resto è nel disco: a sua volta Gary Stroutsos ha invitato i due compagni a registrare presso Watchtower, un ambiente acustico ricco e affascinante che ci regala un disco prezioso, dieci tracce che trasportano l’ascoltatore verso ritmi e timbri inediti, riflessivi e profondi, mentre narrano di Sípàapuni, e degli elementi naturali che portano il tuono e la pioggia. 


Alessio Surian

Posta un commento

Nuova Vecchia