Lila Downs – Al chile (Sony, 2019)

Dire le cose “al chile”, in Messico significa, secondo il contesto, essere piccanti, andare dritti al punto, dire la verità. «Bisogna dire le cose come stanno, ‘al chile’, così come lo facciamo a Oaxaca», spiega Lila Downs a proposito del titolo del suo ultimo album prodotto da Camilo Lara, vecchia conoscenza precedentemente alla EMI. Lo ha lanciato ad aprile col primo singolo “Cariñito”, una cumbia peruviana composta da Ángel Aníbal Rosado, oggi fra gli standard della musica latinoamericana, inciso da Lila Downs insieme al gruppo colombiano La Sonora Tropicana e a La Banda Misteriosa de Oaxaca, gruppo di giovani formatosi sei anni fa e diretto da Angel Ruiz Garcia. “Cariñito” la dice lunga sull’approccio adottato per “Al chile”: interpretazioni personali del repertorio popolare legato all’America Latina e collaborazioni a 360 gradi che privilegiano le bande e i fiati. Lila Downs racconta di essere riuscita a realizzare il desiderio di collaborare con gruppi tradizionali: «Lo dissi a Camilo e invitammo la Banda Misteriosa de Oaxaca insieme al gruppo Cemxha di Juchitán de Zaragoza, di bambini e adolescenti zapotechi. Ne è nata l’idea di continuare ad invitare gruppi e bande facendo un tour in modo che potessero partecipare al disco e ai concerti. Insieme abbiamo fatto un bel po’ di feste, nei paesi. ¡Es la fiesta del chile!». Ed ecco sfilare nell’album anche Grupo Kual, Conjunto Costa Azul di Rigo Tovar, e musicisti di Costa Chica. Il disco segue a due anni di distanza “Salón Lágrimas y Deseo”, album che aveva dedicato alle canzoni messicane (e, anche in quel caso, c’erano collaborazioni che spaziavano da Andrés Calamaro, a Carla Morrison, alla Banda Tierra Mojada, a Diego “El Cigala” e a Mon Laferte). Al centro del nuovo lavoro, Lila Downs ha messo la condizione dei migranti e la sua personale rilettura, a ritmo di cumbia e ranchera, di “Clandestino” di Manu Chao, dando voce a chi è costretto a cercare lavoro in una città del nord, ma questa volta l’orizzonte si allarga: «Mi vida la deje entre Tijuana y Bagdad», per poi domandare: «Si no peleamos por los niños, ¿qué será de nosotros?» (se non lottiamo per i bambini, che ne sarà di noi?). Nella recente intervista con Associated Press Lila Downs ha ricordato come sua madre sia stata un’emigrante: «Si sposò con un gringo e una volta trasferitasi negli Stati Uniti ha sofferto. Migrò dalla sua comunità indigena alla città, ha vissuto questi due cambiamenti e sono stati difficili, e anche per questo il mio punto di vista è quello delle donne». Una prospettiva volentieri multilingue, come nel brano “La Llorona”, un classico che canta sia in spagnolo, sia in zapoteco, la lingua della madre: una versione registrata nell’istmo di Tehuantepec, «perché le bande dell’istmo hanno un ‘sabor’ speciale quando suonano questo tema. E con loro abbiamo deciso di registrare anche la “Cumbia del Mole”», canzone che Lila ha in repertorio da oltre un decennio. Sono fra i brani meglio arrangiati ed energetici, con i fiati in primo piano, come anche nell’originale e spiritosa “Son del Chile Frito” che rimanda al titolo dell’album, nato ascoltando le bande del Chile Frito delle Costas de Guerrero. Altro brano bilingue è “Los caminos de la vida”, con un testo toccante, in cui canta in mixteco e spagnolo, sostenuta da Conjunto Costa Azul e Banda La Misteriosa: «Los caminos de la vida, no son como yo pensaba, como los imaginaba, no son como yo creía». L’energia cala, invece, nei due duetti vocali di lusso: il country folk statunitense di “Dear Someone” con Norah Jones, e il pop lento di “Sé Feliz” con il cantante cileno Gepe.  


Alessio Surian

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