Definita dal Time “la prima diva d’Africa”, Angélique Kidjo non ha bisogno di presentazioni perché a parlare per lei è non solo il suo percorso artistico costellato da splendidi album e riconoscimenti prestigiosi come i tre Grammy Award in bacheca, ma anche il suo impegno civile, a capo dell’Oxfam, fondazione creata per il sostegno alle donne del Benin, che l’ha condotta ad essere inserita dal Guardian tra le cento donne più influenti al mondo. Nella sua cifra stilistica c’è la capacità di contaminare le sonorità del continente africano con generi musicali differenti dal funk al rock, passando per il R&B e il jazz e non è un caso che lo scorso anno la sua superba rilettura di “Remain In Light” dei Talking Heads abbia riscosso consensi unanimi da parte di pubblico e critica.
Ad un anno di distanza da quest’ultimo, le esplorazioni sonore della cantante beninese approda a Cuba per “Celia”, album che rende omaggio al repertorio di Celia Cruz, voce simbolo del sound caraibico e della salsa scomparsa nel 2003, e alla quale la cantante africana era legata sin dall’infanzia, quando ebbe l’occasione di vederla in concerto. Quel momento indimenticabile vibrante di gioia e ritmo travolgente è stato custodito a lungo tra i ricordi, è diventato parte del suo DNA musicale per riemergere in questo album, realizzato con la collaborazione del polistrumentista ed arrangiatore martinicano David Donatien e la partecipazione di Tony Allen (percussioni), Dominic James (chitarra), Meshell Ndegeocello (basso) e dell’ensemble di ottoni Ganbge Brass Band. Nel vissuto della cantante beninese, costretta ad abbandonare la sua terra a causa della dittatura, si riflette l’esistenza di Celia Cruz che, fuggì da Cuba insieme al suo gruppo Sonora Matancera, dopo la rivoluzione de 1959 per non farvi più ritorno. L’ascolto sembra chiudere un cerchio con rumba, charanga e son che ritrovano la loro radice nelle poliritmie africane, il ritmo travolgente delle canzoni di Celia rimanda ai tamburi degli Yoruba e le evocazioni voodoo si riannodano con le credenze ancestrali. Aperto dalla splendida “Cucala”, il disco entra subito nel vivo con l’inno alla vita “La vida es un carnaval” e l’intensa “Sahara” per toccare uno dei suoi vertici con le travolgenti poliritmie afro-cubane di “Bayla Yemaya” e “Toro Mata”. Se “Elagua” riporta alla luce l’influsso della tradizione musicale africana in quella cubana, la successiva “Quimbara”, primo singolo del disco, riporta il ritmo e l’allegria al centro della scena. L’intreccio tra fiati, archi e pianoforte di “Bemba Colorà” ci accompagna verso il finale con le invocazioni intrisa di spiritualità “Oya Diosa” e “Baila yemaya” che chiudono il disco. “Celia” è, dunque, un lavoro di grande spessore in cui Angelique Kidjo riporta la musica cubana alle radici della tradizione aficana, dando vita ad un viaggio sonoro nel tempo in cui immergersi sin dalle prime note.
Salvatore Esposito