Fran & Flora – Unfurl (Autoprodotto/Audioglobe, 2019)

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Max Reinhardt della trasmissione “Late Junction” del canale radiofonico BBC Radio 3 le ha definite «a string duo bound for glory»: stiamo parlando delle londinesi Fran & Flora, al secolo Francesca Ter-Berg (violoncello) e Flora Curzon (violino), al loro debutto con il notevole “Unfurl”, dopo aver allineato una pletora di collaborazioni illustri di area folk, jazz, sperimentale e world (Talvin Singh, Sam Lee, Portico Quartet, London Klezmer Quartet, Frank London). Il bell’artwork del CD è opera di Alan Lee, vincitore di un Oscar con “Lord of the Rings”; l’album è stato registrato da Sam Beste (dei londinesi Hejira) e ospita la compositrice e violinista belga Linde Timmermans e il percussionista Simon Roth ai tamburi a cornice. Del loro sodalizio, Francesca dice: «Flora ed io suoniamo insieme da così tanto tempo che sappiamo cosa stia pensando e facendo l'altra senza dover discuterne o guardarsi reciprocamente». Quanto a influenze Fran & Flora, oltre a quelle di matrice folklorica, che hanno studiato e approfondito per anni, mettono insieme Shostakovič, Bach, Tcha Limberger, Alice Coltrane, Nils Okland, Gabi Lunca, Ross Daly e Alan Bern. Cosa racconta “Unfurl”? Il lavoro si concretizza in dieci eleganti tracce dalla libertà narrativa, che traggono ispirazione da espressioni tradizionali di area rumena, greca, armena e di matrice klezmer, combinate intelligentemente con stilemi classici, elettronica e droni ambientali. In partenza c’è “Rockers”, tutta intreccio di archetti, pizzicato e bordoni.
L’ambientazione di “Doina i”, un tema yiddish proveniente da archivi d’epoca, è chiara fin dal titolo, però le procedure della coppia e gli inserti di elettronica agitano, trasfigurandolo, a tratti, l’andamento melodico. Il fraseggio del violino e l’accompagnamento del violoncello pizzicato c allietano in “Romanian Fantasies”, mentre “La Obreja”, malinconica canzone che prende titolo dal nome di una città transilvana, è affidata alla sola voce di Flora. È un piacere ascoltare la qualità cameristica di cui è intrisa “Geamporales”, variazione su una danza rumena in 7/8 scritta da Florea Turcita, eseguita da due violini (c’è anche Linde) e dal violoncello. Seguono la figurazione lirica e melismatica di “Doina ii”, brano appreso da un violinista rom, e le inquietudini di “Talking Trees”, tema di provenienza tracia, dove le corde entrano ed escono dal magma elettronico. Dentro glitch a circondare la voce di Ter-Berg, in “Mayn Rue Platz”, adattamento di una poesia dello scrittore ebreo newyorkese Morris Rosenfeld, attivo a inizio Novecento nel cosiddetto gruppo dei “Sweat shop Poets”. La storia di un operaio, che dall’Aldilà canta alla sua amata, diventa sguardo critico sulla modernità industriale americana e, parimenti, diventa riflessione sulle condizioni di disagio e di sfruttamento incontrate oggi dai nuovi immigrati nella “terra delle opportunità”. Si passa a “Nubar Nubar”, un’intricata melodia armena con i due cordofoni che si muovono su registri gravi, appoggiati ai ritmi irregolari scanditi dal tamburo a cornice e intersecati da rintocchi di campane. Infine, l’emotività eterea di “Departures” chiude questo smagliante esordio della coppia: un biglietto da visita da non smarrire. Cercatele! franandflora.com 


Ciro De Rosa

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