Fabio Barovero - Eremitaggi (Felmay Records, 2019)

Noto al grande pubblico per essere stato membro fondatore prima de i Loschi Dezi e poi dei seminali Mau Mau con i quali ha dato alle stampe sette album, Fabio Barovero è un musicista e compositore dotato di raro talento ed in grado di spaziare attraverso ambiti artistici differenti, dal teatro alla radio passando per il cinema. Sue sono le colonne sonore de "La Febbre" di Alessandro D’Alatri che gli valse un Nastro D'Argento, di "Dopo Mezzanotte" di Davide Ferrario e del più recente "Il testimone invisibile" di Stefano Mordini, così come la sua firma, come co-autore e produttore, è sugli splendidi lavori di Saba Anglana. Non è tutto, perché nel suo percorso artistico spiccano numerose collaborazioni con artisti come Vinicio Capossela, Ivano Fossati e La Crus, oltre che le fortunate esperienze con Banda Jonica con Roy Paci e Banda Maulera. Parallelamente, dal 2003, Barovero ha intrapreso un nuovo percorso come solista dando alle stampe "Preghiere", nel quale elettronica, partiture orchestrali e fields recordings si fondevano in un intreccio intrigante e suggestivo, e l'immaginifico "Sweet Limbo" del 2010 nel quale la ricerca musicale superava gli steccati delle etichette e delle categorizzazioni. A nove anni da quest'ultimo, il musicista piemontese torna con "Eremitaggi", album registrato nel 2018 al Verosound, studio personale in riva al fiume Doria poco fuori Torino, con la partecipazione di Federico Marchesano (contrabbasso) e Simone Rossetti Bazzaro (violini). Rispetto al precedente, questo nuovo disco amplia il raggio d'azione delle sue sperimentazioni sonore proponendo dieci brani, nati dall'esigenza di “allontanarsi da tutto per avvicinarsi al tutto”, riscoprendo la solitudine come momento per vivere con maggiore intensità le proprie emozioni e la propria interiorità. A riguardo Barovero afferma: “Nell’epoca dell’apparente azzeramento delle distanze, attraverso la solitudine e il linguaggio sensibile delle proprie emozioni e del proprio dolore, ci si ritira dal mondo per poi vederlo meglio”. Dal punto di vista prettamente musicale, il disco si caratterizza per un sound ricercato nel quale la forza immaginifica delle colonne sonore si sposa con l’elettronica ed elementi di minimalismo, musica classica ed avanguardia. “Nella realizzazione di questo lavoro, ho cercato di costruire un’ambientazione sacra in cui portare la mia musica”, sottolinea il musicista torinese, “Mi sono allontanato come farebbe un eremita, figura che mi sembra lontana dalla contemporaneità, ma che sento a me vicina. Utopica forse. E’ così profondamente necessario per me che ci si allontani dal mondo iper connesso, dall’ossigeno sintetico, e che ci si metta sulle orme di una ricerca vitale per scoprirci più selvatici”. L’ascolto ci conduce attraverso una teoria di quadri sonori in cui echi, riverberi ed increspature elettroniche si inseriscono nelle trame melodiche tracciate dagli archi, esaltando il senso profondo della spiritualità e dell’introspezione che ha animato Barovero nell’approccio compositivo. Aperto dai suoni siderali di “Santa Lucia Chorus” e dai beat elettronici che pervadono la superba “Ottagoni Abbandonati”, l’album ci regala subito uno dei suoi vertici con il crescendo guidato dagli archi de “La Sacra”. Si prosegue con la complessa “Students” e i suoi cosmici di “Ipogeo” che fanno da preludio prima ai paesaggi alpini evocati da “Susa Mountain” e poi alla gustosa “Xiborn” per archi e pianoforte. La riflessiva “La Vita Incomprensibile” in cui fanno capolino violino, contrabbasso e synt ci conduce verso il finale con le splendide “Millenaria” e “Spiritus” che completano un lavoro di grande spessore che ha il raro pregio di riuscire a toccare le corde dell’anima dell’ascoltatore. Per ascolti attenti e meditati. 


Salvatore Esposito

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