La memoria è una voce di donna: Tosca e Felice Liperi incontrano Lucilla Galeazzi, Elena Ledda e Fausta Vetere, Teatro Eduardo De Filippo, Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini, Roma, 24 maggio 2019

Pensando all’Officina delle Arti Pier Paolo Pasolini e provando a raccontare l’evento di venerdì 24 maggio - che ha visto sul palco del suo Teatro Lucilla Galeazzi, Elena Ledda e Fausta Vetere – vengono a mente certe storie di recupero di tesori sotterrati: ci si sente un po’ pirati, ci si sente “corsari” come appunto lo era Pier Paolo Pasolini… sono tempi complessi, dove cultura, divulgazione, conoscenza, scambio, confronto, storie non sembrano decisamente di moda. E per fortuna esistono queste realtà che trovano ancora spazio e ci confortano, ci fanno sentire meno soli. Innanzitutto perché l’Officina è una scuola e non un museo che cerca di conservare cimeli: l’idea è quella di formare nuove leve, nella Canzone, nel Teatro e nel Multimediale, dimenticando il vuoto di piume e paillettes; nei suoi stabili, tra Ponte Milvio e Farnesina, ci si concentra su ciò che serve, su ciò che rimane, su ciò che consolida, su ciò che costruisce e permette così all’atto creativo di posare su basi vere. Ed ecco quindi un fiorire di eventi, seminari, proposte che per fortuna non riguardano solo gli allievi, ma toccano anche un panorama culturale cittadino ultimamente un po’ lasciato a se stesso (a parte qualche lodevole e per lo più privata eccezione). Tosca, che è coordinatrice artistica dell’Officina e responsabile della sezione Canzone, ne è consapevole. 
E a lei va dato il merito di riconoscere l’importanza della musica popolare nella formazione che propone ai suoi ragazzi. Lo fa con il progetto “Viaggio in Italia” - che nasce da un seminario - e lo fa con serate come quella di venerdì, in cui ha voluto sul palco tre pezzi da novanta della nostra storia musicale. Così abbiamo potuto vedere insieme, a chiacchierare, queste tre luminose signore della musica popolare, esempi unici di lavoro, studio, ricerca e successo. Con loro c’era la stessa Tosca in veste di intervistatrice (e che effetto e che emozione vedere sedute vicine queste quattro donne, belle, brave, brillanti, divertenti, piene di sapere e consapevolezza!). Con loro anche il docente e giornalista Felice Liperi: la quota azzurra che ha saputo non farsi travolgere da questo magico gineceo che si affacciava in platea. È stata una serata emozionante, piena di calore ed energia. Tra un racconto e un canto sono passati i minuti e le ore, senza che tra il pubblico ci fosse la minima esitazione o la minima stanchezza. Anche la stessa platea, in effetti, era uno spettacolo che ha riunito il meglio della musica folk e world di Roma. Erano tutti lì, a rendere omaggio a queste tre grandi signore, ad accompagnarle mentalmente nei racconti, a far loro da coro e da claque appassionata. C’era anche Gabriella Aiello, che è stata chiamata sul palco da Lucilla Galeazzi e Elena Ledda a cantare “La lega (Sebben che siamo donne)”.
Fausta Vetere era alla chitarra. Ma a questo punto eravamo quasi arrivati alla fine e perciò bisogna assolutamente fare un passo indietro. Le tre artiste hanno cantato, sì, ma soprattutto hanno raccontato la loro storia, i loro esordi, la loro carriera, le difficoltà in patria, i successi all’estero, la popolarità. Lo hanno fatto in maniera arguta e brillante, ma anche seria e consapevole. Hanno raccontato di un mondo che sembra non esistere più. Lucilla, nata amando il rock e convertita poi al canto tradizionale, ha confessato di amarlo ancora e di non capire però perché non succeda anche il contrario. Elena ha spiegato come il cantare sia stato da sempre la sua passione, ma che per arrivare a farlo in conservatorio sia dovuta passare per la classe di oboe… Entrambe hanno poi dichiarato la loro ammirazione e il loro amore per Fausta Vetere, che ha raccontato il suo incontro con De Simone e di quando entrò nella nuova Compagnia di Canto Popolare. Tutte hanno spiegato le loro difficoltà di donne ma anche la bellezza di un’epoca ormai passata, piena di contraddizioni eppure di fermento culturale, sociale e politico. E poi, naturalmente, hanno cantato. La Vetere, accompagnata da Corrado Sfogli, ci ha davvero deliziati con tutta la forza e pure la grazia della sua autorevolezza. Autorevolezza che nasce certo da una lunga esperienza ma anche da una spinta interiore decisa e innata. 
Ed è stato un crescendo di bellezza, con “Ricciulina”, la “Gatta Cenerentola” e “Canzone ‘e sotto ‘o carcere” di Raffaele Viviani. Lucilla Galeazzi ha cantato - con la sua consueta classe, grinta e potenza di artista e donna impegnata - “O Gorizia”, raccontando la vicenda della rappresentazione dello spettacolo “Bella Ciao” a Spoleto, nel 1964, con la denuncia degli ufficiali dell’esercito e l’arrivo dei fascisti. Ha poi cantato e suonato con Elena Ledda “Povere filandere” e infine la sua “Ah, vita bella”: Lucilla è soprattutto una delle più ispirate cantautrici della scena italiana. Elena Ledda, senza accompagnarsi a musicisti – purtroppo sembra per gli artisti isolani davvero difficile spostarsi per suonare ed è inaccettabile: non dovrebbe accadere in un paese civile - ha cantato “Carinnius” – ninne nanne tradizionali e di sua composizione – e in un secondo momento ha iniziato con un rosario e proseguito con “Gioga Gioga” (giochi, conte e filastrocche sul ritmo del ballo), e sono stati minuti di vero e puro incanto, una magia che a spiegarla si rischia di tradirne il mistero. Ecco: forse l’incanto è la parola giusta per l’intera serata, culminata nel finale che tutti aspettavamo: un liberatorio “Bella Ciao” – prima delle mondine e poi del partigiano - perché in tutti era chiara la consapevolezza che il tempo di resistere è davvero arrivato. 


Elisabetta Malantrucco
Foto di Salvatore Esposito

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