Fred Guichen – Dor an Enez (Paker Prod/Coop Breizh, 2018)

“La porta dell’isola” è la traduzione dal bretone del titolo dato dall’organettista Fred Guichen al suo terzo lavoro in studio, pubblicato dopo “Après La Lune noire” (1998) e “Le Voyage astral” (2013). Per chi non lo conosce, diciamo che Guichen è stato, con suo fratello Jean-Charles, membro fondatore degli Ar Re Yaouank, una delle band più innovative ed energiche della seconda metà degli anni Novanta, portatrice di un profondo impatto sull’estetica sonora del repertorio che anima le fest noz nella penisola occidentale francese. La dimensione coreutica è parte integrante di questo nuovo lavoro strumentale, che tiene sempre alta l’attenzione, composto da quattordici tracce firmate dallo stesso Guichen, ad eccezione dei tradizionali “Ker Jouan” e “Koad Freo”. Un disco, dunque, non difettoso di ritmo, in cui gli stili coreutici tradizionali bretoni ma anche jig di sapore irlandese, sono giustapposti a episodi più lenti, segnati da un’ambientazione meditativa, a tratti minimalista, e da una spiccata vocazione cinematica, nei quali si manifesta l’esplorazione melodica condotta dal musicista di Trégor. Dotato di un stile personale e originale, Guichen non è solo in questa impresa, accanto a lui ruotano personalità di gran sostanza, a cominciare dall’immenso Donál Lunny (bouzouki, chitarra e bodhrán), da Jacques Pellen (chitarra) e da Sylvain Barou (flauto traverso di legno e uilleann pipes), questi ultimi due artisti responsabili degli arrangiamenti di violini e plettri. 
Foto di Eric Legret
Pure, ci sono Erwan Moal (chitarra), Pierre Muller (banjo e mandolino), Sylvaine Guichen (violino), Yann Pelliet (cornamusa scozzese), Lionel Le Page (biniou) e Youenn Roue (bombarda). L’organettista suona con diversi assetti strumentali, in solo (“Call to Ireland”, “Sorry Tales”, “Koad Gwernaon” e “Bezvenn Part 1”), in coppia con il chitarrismo eclettico di Pellen (“Pors Nevez” e “Radiation Nevez”: quest’ultimo pezzo era già presente nel disco in quartetto “Mémoire Vive”) e di Moal (“Angelus”). La nuova versione di “Radiation Nevez” e “Angelus” sono tra i temi più espressivi dell’album per il sottile gioco di rimandi e di corrispondenze tra mantice e corde. Poi, ci sono le composizioni in organico di trio, quartetto e quintetto, dove emerge la fluidità nell’interazione tra i musicisti, la capacità di usare i timbri, la sintassi tradizionale e le ornamentazioni per plasmare musica profondamente contemporanea. Qui, tra i titoli migliori, segnaliamo il valzer iniziale “Noces Bretonnes” (in cui suona Lunny), “Koad Freo”, con la combinazione bombarda/biniou, la lunga title track, costruita sui seducenti climi sonori costruiti da organetto, chitarra e violino, i passaggi cangianti di “Trinité”, nonché il plinn/dans fañch “Ker Jouan”, con il flauto in bell’evidenza. Siamo di fronte a un album di tutto rispetto (pubblicato in una confezione corredata da splendide immagini naturalistiche), chiuso da un suggestivo movimento per cornamusa scozzese nello stile classico del piobaireachd. Contatti: www.coop-breizh.fr e www.fredguichen.bzh 


Ciro De Rosa

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