Atlantic Music Expo, Santiago, Capo Verde, 8-11 aprile 2019

Bongeziwe Mabandla (Foto di Valerio Corzani)
Grunge malgascio, reggae egiziano, breakbeat senegalese, trip-hop mozambicano, indie folk sudafricano con influenze 4AD. Non si scherza all’Atlantic Music Expo, la fiera musicale che più di tutte mette in crisi il concetto di world music. È su questa isola, Santiago, brulla, con spiagge da sogno, sperduta nel mezzo dell’Oceano Atlantico, a quattro ore da volo da Lisbona da un lato e altrettante quattro da Fortaleza (Brasile) dall’altro, nell’arcipelago di Capo Verde, luogo di meticciato per antonomasia, la cui morna è forse la più evidente sintesi di Europa, Africa e America Latina, che ci si può di nuovo far sorprendere da proposte musicali mai scontate. Qui è l’Africa a fare da padrona assoluta: nei quattro giorni della fiera tutta l’Africa – non solo quella lusofona – è rappresentata, e i concerti serali si trasformano in un vero e proprio emozionante viaggio alla scoperta di luoghi misteriosi e inesplorati. Tra la Rua Pietonal, dove è allestito il palco dell’AME, e la Praça Albuquerque, dove invece si trova il palco grande, quello che poi diventerà lo scenario della successiva due giorni del Kriol Jazz Festival, è un viavai inarrestabile di delegati, pubblico locale, qualche turista e un vento sostenuto. Questo appuntamento è forse in assoluto il più informale di tutti quelli ai quali ho partecipato negli ultimi anni. Non a caso è qui che è nato il nucleo portante del progetto Musiconnect, una rete di operatori che ha esordito a Parigi nel febbraio di quest’anno. 
Dudù Kouaté (Foto di Valerio Corzani)
Qui si creano delle condizioni davvero speciali per favorire le relazioni e gli incontri: dal più timido dei bookers al più temuto dei direttori artistici, dall’artista indipendente senza manager fino al più inarrivabile dei programmatori di centri culturali di fama mondiale, non è difficile ritrovarsi seduti a cena insieme nel mitico Quintal, ristorante-club storico, dove si esibiscono da sempre gli artisti locali, o ritrovarsi in un giro di caipirinhas al bar Sofia: solo gli ardimentosi in verità hanno capito che nell’imperdibile bar peto pomba, si poteva sorseggiare un grogue casereccio dall’aspetto temibile e dalla gradazione alcolica fuori scala con il gotha della World Music mondiale… Per noi di Italian World Beat è la terza volta qui, ancora una volta con showcase: dopo Arsene Duevi lo scorso anno, a questo giro è il turno del griot naturalizzato italiano Dudù Kouatè, già polistrumentista con l’Art Ensemble of Chicago, con un ipnotico set nel piccolo e decadente Palacio de Cultura Ilho Lobo nel cui patio hanno luogo i daycase. Sole infuocato, operatori su e giù per le scale del piccolo bar che serve cerveza Criolla gelata e della sala pranzo da cui si affacciano i più attenti partecipanti di questa parte della manifestazione. Dudù ci porta senza eccessiva fatica nella magia dell’Africa, per poi unirsi la sera a cena con noi e sfoggiare un perfetto accento bergamasco. I concerti serali sono aperti non solo agli operatori, un po’ come al fu Babel Med, e questo permette a tutti di viversi il concerto insieme al vero pubblico, mettendo un attimo da parte il ruolo e lasciandosi andare e coinvolgere più di quanto io non abbia visto fare a molti di loro in questi anni…È la magia dell’ AME che lo permette, e la consapevolezza che la maggior parte delle proposte musicali sono proprio all’inizio. È il caso di due progetti in particolare, da tenere d’occhio: Guiss Guiss Bou Bess, del frontman senegalese Mara Seck e il dj francese Stephane Costantini, che unisce percussioni sabar a elettronica, non eccessivamente moderna quest’ultima – a tratti mi ha fatto pensare ai primordi di gruppi inglesi dei 90’s come Orbital o i primi Chemical Brothers, ma non per questo da approcciare storcendo il naso: il live è potentissimo e coinvolge anche tre danzatori amici degli artisti, che si uniscono in una serie di inaspettati assoli contribuendo a infuocare il pubblico.
Mario Lucio (Foto di Valerio Corzani)
Ancora più acerbo, per tanti versi da rivedere, ma affascinantissimo, il trio mozambicano dei Continuadores, di cui ho invano cercato pagina web e informazioni. Mi sono imbattuto in una realtà assolutamente inattesa, la Black Major, label sudafricana dalle forti influenze 4AD, che presenta qui anche un altro concerto, il mio preferito in assoluto: Bongeziwe Mabandla, cantautore sudafricano dalla voce indimenticabile, i cui arrangiamenti sono curati da Tiago Pereira Paulo, chitarrista e polistrumentista appunto dei Continuadores. Da quando sono rientrato non faccio altro che ascoltare “Mangaliso”, album con cui Bongeziwe nel 2017 ha fatto un bel po’ di rumore tra gli addetti ai lavori più attenti. Il concetto di world music poi va definitivamente in crisi quando sale sul palco Kristel, giovanissima rockeuse malgascia, bassista notevole che, con la classica formazione chitarra basso/voce e batteria spazza, via ogni camicia multicolore e ogni percussione astrusa vista sino a quel momento a botte di decibel e performance vocale che contribuisce a creare un solco ben definito: da una parte i “puristi”, prevalentemente di matrice jazz, folk, con gusti che non prevedono l’amplificazione delle chitarre, che la ritengono una presenza aliena dal contesto; dall’altra – e si include anche lo scrivente – chi è nato nel rock e sente di nuovo vibrare la schiena e pompare la sezione ritmica come ai vecchi tempi. Sono in compagnia di Martin Rea, promoter e organizzatore di una dozzina di festival in Argentina, che vedo saltare insieme a me e a cui dico : «Ah, vos sòs rockero entonces…», e lui mi fa di si con la testa e, portando il dito al naso, aggiunge anche un divertito «shhhh…». 
Nancy Vieira (Foto di Valerio Corzani)
In ogni caso, dopo questo discreto “shampoo”, prendendo in prestito un’espressione cara ad amici musicisti napoletani per questo tipo di performances, la comitiva ritrova unità – complice anche il secondo giro di grogue al peto pomba – ed è Capo Verde a riportarci tutti insieme ancora una volta: Nancy Vieira, residente a Lisbona ma nata in Guinea Bissau da genitori costretti a migrare da una di queste meravigliose isole, ci propone un’ennesima variante della musica locale, mettendo insieme nel consueto modo trascinante che tutte le cantanti da me ascoltate sinora da queste parti sanno mettere in scena, confermando che il livello delle nuove voci di questo panorama musicale è sempre altissimo. Neuza, Beth e Patricia Soares, Danae Estrella (quasi psichedelica la sua performance diurna…) Elida Almeida su tutte, con declinazioni sempre diverse della straordinaria musica di questi luoghi si esibiranno sui palchi dell’AME non semplicemente col vantaggio di giocare in casa, ma confermando il fatto che da queste parti la musica gioca davvero un ruolo centrale nella vita di questo popolo. Anche gli artisti uomini non sono da meno. In particolare, due le performances da non dimenticare: Miroca Paris, cantautore polistrumentista con un set di grande impatto ed eleganza (aiutato senza dubbio dalla ottima trombettista Jessica (praticamente la personificazione della bellezza femminile) e la reunion di Mario Lucio con lo storico gruppo dei Simentera, esibitosi purtroppo quasi alle due del mattino a causa di un ritardo del palco centrale che ha stroncato anche i più robusti bevitori di caipirinhas. Questi ultimi spesso in coda alle serate si sono goduti le jam sessions del bar ristorante della spiaggia di Kebra Kanela, ennesima perla dell’isola, altri più temerari terminavano invece alla discoteca warehouse con DJ set non particolarmente d’impatto. Al momento dei saluti tra tutti noi si ha un’impressione certa: non dimenticheremo questi giorni insieme, quest’isola e la sua fiera musicale ci legherà per sempre, e quando ci rincontreremo, sarà al WOMEX, al Circulart, a Vic o ad un qualsiasi festival della nostra “scena”, la cosiddetta world music, avremo la certezza di essere una piccola famiglia itinerante, con ancora il mare e il sole di Capo Verde negli occhi. www.ame.cv


Davide Mastropaolo 
Foto di Valerio Corzani

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