

Maria, come ci si sente ad esordire, in un certo senso, da solista?
Maria Moramarco: Premettendo che anche nel lavoro in gruppo, ho sempre avuto la possibilità di esprimere il mio punto di vista sulle scelte musicali e sugli arrangiamenti, esordire da solista però mi ha dato la possibilità di potermi esprimere meglio, scegliendo non solo quello che volevo dire ma anche il modo in cui porgerlo, per esempio i tempi, i singoli strumenti, la linearità negli arrangiamenti, le tonalità e in questo ammetto che sono stata determinata, non ho voluto essere condizionata anche a costo di creare qualche leggero disappunto. L’idea era quella di tessere un racconto cantato, un concept, avevo bisogno di farlo così e ne sono abbastanza soddisfatta. Comunque il lavoro da solista comporta anche maggiore responsabilità e tensione con le scelte sempre cariche di dubbi e incertezze. Posso dire che è stata una esperienza di cui sentivo una mia intima necessità dopo ben undici lavori fatti con i miei amici Uaragniaun.
Maria Moramarco: Ciò che mi ha spinto è la convinzione di sempre, la stessa convinzione che ha animato tutto il mio lavoro Uaragniaun , cioè che questo “materiale” di tradizione ha un valore non abbastanza esplorato e che in qualche modo conviene salvaguardare e consegnare. Con Uaragniaun ho optato anche per la riproposizione, nell’ idea che “ricantare, risuonare” non serve a riportare un passato di cui non siamo affatto nostalgici, ma serve a stimolarne la conoscenza. Oggi più che mai mi sembra urgente capire che sono cambiati i contesti, siamo cambiati tutti noi, ma non dimenticare chi siamo e da dove veniamo può servire a salvarci da molte meschinità. Finora il riscontro è stato molto positivo, soprattutto nell’ operazione di una sorta di restituzione alla nostra comunità. L’infanzia è un mondo affascinante, ognuno si porta dentro il bambino che è stato, anzi stranamente più avanti vai con gli anni più emergono flashback di un passato lontano, è nell’infanzia che si pongono le basi delle nostre esistenze e in particolare con questo lavoro, attraverso il potere evocativo del canto ho cercato di richiamare ricordi dell’infanzia della civiltà contadina che ho per certi versi conosciuto anche direttamente attraverso il mio vissuto. La particolarità di questo lavoro è quella di essermi sentita diretta informatrice oltre che ricercatrice e interprete. Nel disco ci sono giochi della prima infanzia, semplici ma teneri, che insieme ai suoni dell’antico dialetto dell’alta murgia, coinvolgono sensi e movimento. Si gioca infatti con poco, si gioca con carezze, solletico o buffi movimenti del corpo. Ci sono preghiere, fonti di protezione e cura, rafforzamento, difesa dai mali fisici e non, ci sono rime che evocano immagini che spaziano dal comico e paradossale al poetico ed evocativo. Il mondo contadino non è certo edulcorato e delicato con i bambini, la miseria, la povertà non fa sconti per nessuno neanche per i più indifesi. Si tratta, infatti, di una infanzia negata: i bambini si ritrovano ad essere forzatamente adulti già all’età di sei sette anni, senza possibilità di scelta.

Come ti sei accostata alle rielaborazioni?
Maria Moramarco: Le rielaborazioni che in questo lavoro sono volutamente minimali, hanno trovato espressione in pochi strumenti o singoli strumenti. Il disco esce a mio nome, ma i Uaragniaun ovviamente sono sempre accanto a me, in particolare Luigi Bolognese in questo lavoro mi ha supportato e pazientemente sopportato nella maniacale e faticosa fase della strutturazione dei brani, ma anche Filippo Giordano, il violinista, che ringrazio per avermi da subito incoraggiata e Pino Colonna che ha suonato e curato nei particolari, la grafica del disco. Michele Bolognese, mio figlio, oltre che suonare mandolino e tamburello, ha realizzato i disegni contenuti nel CD. Erika Maiullari è al violoncello, Nanni Teot alla tromba e ovviamente insostituibile Silvio Teot alle percussioni. Ci sono graditi ospiti quali Alessandro Pipino, che ha dato un ricco contributo a questo lavoro, è infatti presente in diversi brani, Adolfo La Volpe all’oud e Rashmi Bhatt eccellente suonatore di tablas, che ha partecipato regalandoci una parte di canto in sanscrito e in hindi completamento di una ninna nanna che si apre con una registrazione del 1977 della voce di mia nonna (1899-1980).
C’è un brano al quale sei particolarmente legata?
Maria Moramarco: Questa volta davvero mi è difficile fare una scelta; sono legata a ognuno di quei brani, ma sarà che l’acqua in Puglia era considerata un bene assai prezioso, tanto che le architetture tradizionali erano fatte in modo da evitare di disperdere l’acqua piovana..

Aspirazioni, futuri sviluppi e sogni ancora nel cassetto per Maria Moramarco?
Maria Moramarco: I sogni nel cassetto non finiscono mai, ma più che pensare ad un prossimo lavoro, mi piacerebbe avere la possibilità di far conoscere il lavoro fatto, siamo stati davvero prolifici nella nostra esperienza. Ad essere sincera mi piacerebbe che qualcuno si ricordi di noi, spesso invece capita di rimanere tristemente fuori, per una ragione o per un’altra. Mi disturbano le logiche di confine che penalizzano il nostro essere di una terra di confine e che purtroppo riducono l’importanza e la portata di quello che canto, certo veicolato nel dialetto del mio paese, ma espressione di un contenuto fortemente identitario. Temo che quando ciò sarà chiaro potrà essere tardi. Passando invece al sogno, se proprio posso osare fantasticare, mi piacerebbe vedere coniugate le nostre sonorità con altri linguaggi, il cinema, la danza, forme di spettacolo allargato.
Silvio, avete pubblicato lo spettacolo “Perché Sono Marxista”. Di cosa si tratta?
Silvio Teot: È un lavoro che nasce inizialmente per restare un live, un recital di poesie, canzoni e storie che riassumessero la grande personalità di Fabio Perinei, nostro concittadino e grande amico, nonché il più grande meridionalista dell’Alta Murgia della fine del secolo scorso.
Proviamo a ricostruire il contesto di quegli anni e chi sono i protagonisti?
Silvio Teot: Il contesto era quello degli anni Settanta, quando Fabio guidava una sezione del PCI frequentata soprattutto da braccianti e contadini. La sua fu prima di tutto una missione culturale: educare i “compagni”, riabilitandoli da un senso di minorità tipica della gente del Sud. Lo faceva riproponendo le grandi questioni che segnavano l'arretratezza delle nostre contrade: l’emigrazione, il caporalato, la miseria. Lo faceva come se non si trattasse di una sede di partito ma di una casa del popolo. Insegnando a scrivere e leggere, a comprendere e ad apprezzare la poesia, la grande narrazione. Usava coinvolgere in questa sua missione testi di poeti come Scotellaro e Sinisgalli o la musica dei cantori e cantanti che meglio rappresentavano le tematiche che gli stavano a cuore: Matteo Salvatore, Otello Profazio, Enzo Del Re, Ivan Della Mea e, dopo il golpe in Cile, anche gli Inti Illimani. Naturalmente, la canzone politica italiana era poi l’elemento portante degli spettacoli che Perinei allestiva.
Quale repertorio è proposto?
Silvio Teot: Ci sono canti murgiani popolari che Perinei riadattava nei testi rafforzandone gli elementi più politici. Soprattutto, ci sono brani degli autori che ho già citato reinterpretati da noi... fino a un Domenico Modugno d’annata con “Amara terra mia”. Non mancano testi recitati, molto ben interpretati da Rocco Capri Chiumarulo, e note di cronaca che sottolineano i contesti storici. Per questo lavoro ci siamo affidati alla splendida voce di Saverio Indrio, doppiatore e narratore fuori campo dei programmi televisivi di Alberto Angela.
Non vuole essere un’operazione nostalgica…
Silvio Teot: È la prima cosa che ci siamo chiesti anche noi. Ci abbiamo pensato, ne abbiamo discusso tra noi e siamo arrivati alla conclusione che era un disco da fare proprio perché segnava un altro tassello della storia del nostro territorio e, storicizzando i contenuti, non appariva affatto come una operazione nostalgica. Anche noi in quegli anni eravamo quello che si ritrova in questo album. Ci rincuorava inoltre il bel successo che aveva avuto la rivisitazione di “Bella ciao” ad opera dei nostri amici Riccardo Tesi e Elena Ledda, appena pochi mesi prima dell’uscita del nostro “Perché sono marxista”.
Luigi, cosa si trova nel DVD “Sipario”?
Luigi Bolognese: “Sipario” nasce dal desiderio di presentare in teatro il disco “Primitivo” con la presenza di tutti i musicisti storici Uaragniaun insieme agli speciali ospiti che hanno partecipato alla registrazione del cd., Vincenzo Zitello, Daniele di Bonaventura e Carlo Lamanna. Abbiamo scelto il Teatro Mercadante di Altamura, da pochi anni restituito alla città, un teatro di fine Ottocento, una piccola bomboniera nella quale gli Uaragniaun avevano fatto un concerto negli anni Ottanta prima della chiusura quasi trentennale di questo prestigioso contenitore. Ritornare al teatro Mercadante con una formazione quasi orchestrale per noi ha rappresentato il coronamento di un sogno, e proprio per questo abbiamo deciso di realizzare un DVD per questo evento coinvolgendo un gruppo di ragazzi, alcuni di loro studenti a Cinecittà, che hanno popolato il teatro di tante telecamere fisse e mobili. Abbiamo deciso di iniziare il concerto con alcuni brani “classici” del nostro repertorio per passare alla presentazione di “Primitivo”.

Siete da più di quarant’anni sulle strade del folk. Come valutate il passato revivalistico con lo sguardo di oggi?
Silvio Teot: Una storia ancora da raccontare ai più. Ancora troppo marginale che meriterebbe una ricognizione mediatica che ne garantisse visibilità e rispetto artistico.
Luigi Bolognese: Nel 2018 abbiamo festeggiato i nostri 40 anni di attività, e posso affermare senza ombra di dubbio d aver vissuto una straordinaria esperienza con i miei compagni di viaggio Maria Moramarco e Silvio Teot. In questi lunghi anni abbiamo visto le varie fasi di questo revival. Noi stessi siamo stati i testimoni del passaggio dalla fase della ricerca sul campo a quella della spettacolarizzazione. Abbiamo vissuto all’ interno del gruppo queste due visioni cercando sempre un compromesso tra Maria ,che da vera ricercatrice ha sempre lottato per salvaguardare le linee melodiche da eccessive ridondanze sonore, e il resto del gruppo, io e Silvio, tesi alla ricerca di sonorità meno usuali e contaminate. Il frutto di questo compromesso è all’ origine del sound degli Uaragniaun che ci viene riconosciuto da molti addetti ai lavori.
Cosa vi piace del presente del mondo folk-trad?
Silvio Teot: I nuovi protagonisti, i giovani, che tecnicamente sono già più bravi di noi: hanno anche studiato e saputo ascoltare.
Luigi Bolognese: Come dice Silvio, dell’attuale mondo folk-trad mi piace la presenza di molti gruppi formati da giovani ragazzi, alcuni dotati di tecnica incredibile.

Cosa non vi piace?
Silvio Teot: La mia è una risposta molto personale. Mi piacciono poche cose. Sarà che sono diventato troppo esigente, sarà che invecchio e scopro di sorprendermi poco... Insomma non ci sono produzioni che davvero “mi fanno sangue”. Attualmente ascolterei soltanto Renaud-Garcia Font o le cose di Paolo Fresu ma, mi rendo conto, sono già altre rispetto al folk revival che non intendo più suonare. Ho già dato.
Luigi Bolognese: Sicuramente non mi piace vedere tanti musicisti e gruppi che credono di essere portatori viventi di una tradizione che per la giovane età non hanno potuto vivere in prima persona. Prendere brani da varie regioni, fare un cocktail e presentare il tutto con effetti sonori light show e tanto altro, mixare etno-folk nostrano a sonorità celtiche, irlandesi o balcaniche porta a creare degli ibridi preoccupanti. Ma oggi i tempi sono veloci, le mode anche.

Sono passati sei anni da quando “Blogfoolk” vi ha fatto questa domanda: la riproponiamo, sondando le vostre nuove sensazioni: quali, e future aspirazioni e i sogni ancora nel cassetto?
Silvio Teot: Mi piacerebbe fare un nuovo disco con Uaragniaun: un’antologia di brani di Enzo Del Re che è nelle nostre corde e si presta ad arrangiamenti che ritengo consoni ai nostri gusti e al nostro modo di suonare. D’altra parte i suoi brani originali erano eseguiti dalla sola voce e dall'accompagnamento ritmico delle mani battute su di una sedia. Per nuovi arrangiamenti si aprono pertanto praterie immense e stimolanti.
Luigi Bolognese: I sogni sono una componente importante della vita di ognuno di noi, senza di essi non saremmo niente. Il mio sogno nel cassetto è quello di riuscire ad avere la forza, l’ entusiasmo insieme a Maria e a Silvio di continuare a far conoscere il repertorio della nostra Murgia al di fuori dei nostri confini. Questo repertorio immenso che grazie al lavoro di ricerca svolto da Maria Moramarco ha portato alla luce oltre 150 canti di una tradizione che per molti addetti ai lavori era ritenuta marginale. Spero che le istituzioni ad iniziare dai comuni e la regione Puglia diano molta più attenzione e risorse alla tutela e alla conservazione di questo enorme patrimonio immateriale.
Maria Moramarco & Uaragniaun – Cillacilla/Uaragniaun – Perché sono Marxista (libro con CD)/Uaragniaun – Sipario Live al Teatro Mercadante (DVD) (Suoni della Murgia, 2018)



Ciro De Rosa