Parte dall’immagine di copertina il disvelamento della simbologia di cui è intriso l’ultimo lavoro di Fabrizio Piepoli: un ritratto velato da una tenda dai ricami antichi in una luce soffusa che penetra da una finestra che dà su un giardino evocato già dal titolo del disco. Con “Il cedro e la rosa” Piepoli colloca le sue sonorità tra masserie e agrumeti del sud Italia e fiabeschi giardini mediorientali. Il disco si apre con una versione intima e sensuale de “La sposa” di Giuni Russo, un brano potente ispirato all’Elogio della Sapienza contenuto nel libro della Siracide. Il registro vocale di Piepoli gli consente di non mortificare il brano ma, anzi, di dargli una veste anche più convincente, in perfetto equilibrio tra una dimensione terrena e una più spirituale. Altro bellissimo omaggio è quello a Pino de Vittorio in “Tu bella” in cui il dialetto pugliese viene abilmente accostato a dei versi in greco che sottolineano non solo gli effetti delle contaminazioni, ma anche la ricerca delle peculiari sfumature sonore. Piepoli ci conduce in un affascinante viaggio mediterraneo con la stoffa del cartografo, unendo idealmente passato e presente in una mappa disegnata per dare enfasi ai suoi paesaggi vocali e della mente. A rimarcare il legame con le proprie radici troviamo “Letteri che t’ammanne”, brano tradizionale meglio conosciuto come una delle tarantelle “alla mundanarè” della zona del Gargano. Quello che colpisce molto è l’immaginario visivo-olfattivo da cui si resta avvolti durante l’ascolto del disco, una sorta di culla emotiva in cui elementi come aria e acqua suggeriscono l’abbandonarsi ad un flusso di coscienza. “Acqua scorre” è certamente l’inedito che meglio descrive l’esigenza di liberare le emozioni, di lasciare gli ormeggi in un processo fisico quanto mentale di de-zavorramento. Il testo essenziale di questa traccia è esaltato dalla scelta elegante di suoni new wave ai quali Piepoli è rimasto legato fin dagli esordi. In questo processo di catarsi segue idealmente “Favonio”, un vento simbolico che precede e promette l’arrivo di una stagione nuova e che regala respiro e sollievo. Molto ispirato anche “La galana i la mar”, una cantiga della tradizione sefardita che ribatte sull’elemento acquatico e che eseguito con il santur avvicina le suggestioni andaluse a quelle persiane. Piepoli, dalla personalità versatile, propone anche “Agora”, un canto portoghese di sua composizione che sugella il suo amore per il fado. Questo viaggio si conclude con la libanese “Asfour” dove la voce accorcia le distanze e scavalca le latitudini, cantando la necessità di libertà e utilizzando come metafora un passerotto. All’indiscussa bellezza timbrica di Fabrizio Piepoli si affianca la sua costante ricerca del dettaglio che rendono il “Cedro e la rosa” un lavoro elegante ed equilibrato da tutti i punti di vista.
Viviana Berardi