Solasta – A Cure for the Curious (Autoprodotto, 2018)

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Una combinato di musica tradizionale di ispirazione anglo-scozzese, aperture jazz, stilemi classici e musica antica: detto così potrebbe sembrare un presuntuoso quanto astruso affastellamento di suoni. Per contro, provate ad ascoltare l’intrigante debutto di lunga durata dei Solasta, londinesi di residenza. È un ensemble dall’assetto strumentale insolito, composto da tre giovani musicisti: la violinista scozzese Elizabeth Flett, la violoncellista gallese Hannah Thomas e il chitarrista inglese Jamie Leeming. Si sono incontrati nel 2015 nel tempio folk della Cecil Sharp House in occasione di una competizione violinistica; sono tre personalità di formazione eterogenea (studi classici, apprendimento di stili violinistici folk e chitarra jazz) dotate di idee innovative, padronanza tecnica e levità nel proporsi: tutti elementi che abbondano nei 52 minuti del loro “A Cure for the Curious”, realizzato con il crowdfunding (Kickstarter) nell’estate del 2018. Si tratta di un lavoro variegato, che mette in luce le evidenti qualità dei tre musicisti. Le cronache segnalano anche la loro notevole capacità di tenere il palco, come accaduto al Festival Celtic Connections, alla Sidmouth Folk Week, al Cambridge Folk Festival e al mancuniano English Folk Expo, tutte manifestazioni live di prim’ordine della scena UK. Il trio si muove con vitalità tra i materiali musicali, esibisce buona dinamica, pregevole controllo dei timbri e uso di procedure improvvisative; si produce in un sound moderno e personale, con arrangiamenti diretti, che talora risultano perfino arditi. Succede in “The Plate Smasher”, messo in apertura del disco, che inizia con uno spiazzante incipit rumorista di corde sfregate e raschiate, prima di evolvere in un vivace tema di umore greco, nato dalla penna del creativo violinista di Edimburgo Gavin Mavick. The “5/8 Set” è un medley strumentale che lega due temi dei compositori scozzesi Phil Cunningham e Gordon Duncan e un jig della Flett, la quale firma anche la splendida, atmosferica “Lost and Found”, costruita con l’uso del pizzicato, dei bordoni e di un violoncello percussivo. La prima song dell’album è la ballata tradizionale “Bedlam Boys”, cantata da Elizabeth, drammatico spaccato del londinese Bethlehem Hospital, istituzione per disabili psichici, conosciuto proprio con il soprannome di Bedlam. Invece, “The Pirate Set” è un’ altra riuscita combinazione strumentale di tre temi (“Morgawr”/“The Copper Pirate”/“The Maam”). La successiva “Whitecaps” parte lenta, per poi svilupparsi, mettendo in mostra l’interplay del trio. Segue la ballata “Terror Time”, dal canzoniere di Ewan McColl, caratterizzata dalle armonie vocali, appoggiate sul bordone del violoncello e sul bell’ordito del violino. Si danza ancora grazie a due hornpipe e due reel, per giungere a conclusione con “Port na bPúcaí”, ancora un motivo di impronta meditativa, in cui la chitarra e il violino creano la cornice per la melodia portata del violoncello. In gaelico Solasta significa luminoso o brillante: come l’orizzonte sonoro di questo trio. 


Ciro De Rosa 

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