
Un disco tuo disco in studio mancava dai tempi di “Idra”. Come nasce questo nuovo disco?
Tutto è stato abbastanza facile e naturale. Fortunatamente non devo sottostare a strategie di mercato o imposizioni di discografici, direttori artistici e produttori, ma semplicemente decido in completa autonomia quando far uscire i miei dischi. E' trascorso diverso tempo dall'ultimo disco in studio perché ritengo che un album debba uscire quando si ha qualcosa da dire. Certo l'aver ripreso in mano il mio repertorio in "Piccoli Cambiamenti" ha rappresentato una sorta di restart ma questo nuovo lavoro è nato in modo molto semplice quando ho sentito l'esigenza di scrivere nuove canzoni.
Ho sempre composto canzoni muovendomi libero da moduli compositivi e stilistici univoci, cercando di far emergere con la musica gli stati d’animo attraverso le immagini che meglio si adattavano ai testi. Ho attraversato generi musicali differenti dal folk al pop-rock alla canzone d’autore fino a toccare l’elettronica e le contaminazioni con il blues e il jazz. “Cenere” raccoglie un po’ tutti questi suoni e, in un certo senso, compendia il mio percorso musicale.
Al disco hanno collaborato diversi amici come Enrico Ruggeri e Büne Huber…
Enrico Ruggeri ha firmato il testo de “Le Regole del Jazz”, un brano che ho subito fatto mio. Siamo molto diversi ma abbiamo molte affinità: in questo caso il modo sincero e spontaneo con cui proviamo a rapportarci con noi stessi e con l’essenza del nostro essere musicisti. Con Enrico Ruggeri c'è un’amicizia da più di trent'anni come è stato del resto con Francesco De Gregori e con Greg Cohen con il quale pure collaboro da tantissimi anni. Anche con Büne Huber) facciamo cose insieme da quindici anni lui ha tradotto e cantato "Natalina", io ho fatto le versioni italiane di quattro o cinque brani suoi. Facciamo anche dei concerti insieme, come è accaduto in questi ultimi nella Svizzera tedesca, dove abbiamo avuto un successo straordinario. Lui era ospite e cantava insieme a me alcune canzoni. Büne ha una sensibilità che mi piace molto e in questo disco abbiamo scritto insieme "Annaluna" che è una vera e propria meraviglia del creato.
Come sai ho sempre avuto amore e sconfinamenti nel jazz, e in questo senso c'è la partecipazione di Fabrizio Bosso. Ultima ma non meno importante, c'è anche Awa Ly che conoscevo da tempo e sapevo che stava crescendo come vocalità e popolarità, soprattutto in Francia. La new entry è Pacifico con il quale avevamo fatto in passato un concerto alla Villa Palladiana di Ercolano più di dieci anni fa. Mi era piaciuto molto come persona. E', infatti, un tipo composto ed educato qualcosa di ben diverso da questi artisti che sgomitano. Ho avuto modo di ammirarlo molto anche nel corso dell'ultima edizione del Festival di Sanremo con Bungaro ed Ornella Vanoni. Pacifico vive a Parigi come mio figlio che è coautore di alcune canzoni con me nonché arrangiatore e comproduttore. Insomma, i cerchi si chiudono tra Roma e Parigi e il resto è stato lavoro di cesello e composizione dei testi.
Hai citato "Annaluna" che mi ha riportato alla mente "Hotelsong", uno dei brani più belli del tuo repertorio e che arriva direttamente dal repertorio dei Patent Ochsner di Büne Huber. C'è un punto di contatto tra questi due brani?
Bisogna conoscere i Patent Ochsner che, al di là del lirismo di Büne Huber e della spiritualità dei suoi testi, è una rock band veramente trascinante. Fanno tre ore di concerto in media nei quali non si smette mai di ballare e di muoversi. Sono pazzeschi perché hanno vinto tutti gli award possibili ed immaginabili come miglior gruppo, miglior live e miglior disco.

Prima parlavi di questo momento di pausa che è seguito ad "Idra" che era caratterizzato da brani che scavavano nella tua interiorità, La title-track di questo nuovo album passa proprio da questi temi: la memoria, il tempo che passa, la trasformazione. E' un po' il punto di contatto con il tuo precedente lavoro?
Non scrivendo canzoni né a comando, né per fare cassetta, quindi senza un programma preciso, mi accorgo che nella mia musica c'è una continuità.

"La casa" sembra direttamente collegata al tuo libro...

Quanto di personale c'è ne "La solitudine di un artista"?
E' la mia visione. L'artista non è solo quello di fama, infatti, quando presento il brano sottolineo sempre come la solitudine sia la vera natura dell'artista che si concretizza quando ognuno scrive lettera d'amore, una poesia, una canzone al di là dei successi o di estrinsecazione dei propri sentimenti. La solitudine non è quella di Quasimodo quando scriveva "ognuno è solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera". Quella è una solitudine comunicativa, esistenziale. Quella dell'artista è qualcosa di diverso, di contemplativo ed estatico. Quando si crea qualcosa con la propria fantasia è veramente il padrone dell'universo. Sei solo in un universo di cui sei il re.

Vado almeno una volta l'anno a New York perché l'altro mio figlio ha una casa proprio dalle parti di Columbus Avenue che è poi la strada che frequento di più, oltre ad essere molto bella. Un giorno ho assistito a questa scena semplicissima, normalissima e forse anche insignificante di una donna che correva con una borsa in mano e aveva dei fiori nell'altra mano. Ad un certo punto perde una scarpa o le si rompe un tacco e con un gesto di stizza butta via questi fiori, alza la mano e ferma un taxi per sparire poi nel nulla. Poi sono tornato a casa, stavo lì con degli strumenti perché era il momento in cui già stavo scrivendo il disco e mi è ritornata in mente quella scena che sarebbe stata molto bene all'interno di un film. Poi ho pensato che sarebbe stata bene anche dentro una canzone e partendo da quello spunto è nato il brano in cui il resto è fantasia. Per altro questa fantasia metropolitana è sottolineata in modo stupendo dalla tromba di Fabrizio Bosso.
"Ogni Volta Che Piove" l'ha scritta, invece, tuo figlio...
Io ho due figli. Uno che fa il musicista a Parigi dove compone colonne sonore per la televisione, le serie tv e la pubblicità. Fino a qualche tempo fa, dopo Greg Cohen, era anche il mio contrabbassista preferito. Ormai si è stabilito in Francia e ha anche uno studio di registrazione dove, in parte, ho registrato sia "Piccoli Cambiamenti" che "Cenere". Ho un altro figlio, Guido che, dieci anni fa aveva fatto un bellissimo disco con lo pseudonimo di Guido Elle.

"Amnesia di un momento" rimanda un po' alle sonorità di Willy DeVille..
Quando scrivevo la musica di quel brano stavo pensando proprio a Willy DeVille e alle atmosfere tex-mex delle sue ballate con trombe e chitarre. Parlando con Gino Pacifico gli ho chiesto se se la sentiva di interpretare questo sentimento e lui è stato bravissimo nella scrittura delle liriche.
Hai presentato di recente il disco dal vivo. Qual è stata la risposta del pubblico?
Dal vivo suono solo sei brani perché non è possibile fare un concerto solo con brani nuovi. Alla fine il pubblico ti chiede anche "Svegliami Domattina", "Un po' di tempo ancora" e anche "Intorno a trent'anni". Queste nuove canzoni sono state accolte in una maniera affettuosa. Sento l'ammirazione del pubblico. Non c'è compiacimento o l'applauso perché deve esser fatto. Quasi tutti, critica compresa, lo indica come uno dei miei dischi migliori e sono contento che arrivi anche dopo diciotto dischi. Vuol dire che la maturità piena è ancora di là da venire. Non sono nella fase calante della maturità.
Salvatore Esposito
Foto Mariangela Ottaviano
Mimmo Locasciulli – Cenere (Hobo/Believe Digital/Self, 2018)

Gianluca Dessì