Young Waters – Young Waters (YW Records, 2018)

“If life is a swimming pool how do i swim?” con questa frase si apre il singolo di debutto degli Young Waters, tratto dall'omonimo disco rilasciato questo Settembre. Temi di solitudine, inadeguatezza e peccato si mescolano a sentimenti di speranza, celebrazione e gioia nel denso intreccio di armonie vocali ed archi. Con un'impronta chiaramente folk e reminiscenze Irlandesi, il gruppo non si contraddistingue solamente per l'eccezionale vocalità ma colpisce per arrangiamenti che si ispirano alle avanguardie compositive di Philip Glass e Arvo Pärt. La band di Bristol, già nota alla scena folk col nome “Snufkin”, conta già numerose apparizioni mediatiche nonostante il recentissimo lancio. BBC Radio2, BBC Radio3 e Songlines sono solo alcune delle principali trasmissioni radio che li hanno richiesti come ospiti. Vincitori nel 2016 del 'Bath Folk Festival New Shoots Competition 2016', si apprestano a concludere un piccolo tour di promozione dell'album tra Londra e Bristol. Il disco si apre con “Dust”, pezzo che inquadra chiaramente lo stile della band. Un intro d'archi e chitarra conduce le danze e si clama solo all'arrivo delle voci, supportate con accenti ritmici e melodici dall'intero organico strumentale. Un'ottimo controllo dinamico corona un piccolo capolavoro di arrangiamento cantautorale, soprattutto durante il canone finale. Più semplice è “Enemy”, pezzo con struttura più tipicamente folk-pop ma sicuramente non scontato. Le linee vocali sono particolarmente interessanti armonicamente, melodicamente e ritmicamente grazie all'impiego di poliritmie nella declinazione ritmica del testo. Atmosfera cupa ma casereccia in “Don't Stare at The Sun” che è forse la canzone più vicina al gusto cantautorale italiano. L'intreccio delle due voci si evolve, proseguendo con l'ascolto, in inseguimenti, scambi di ruolo, armonie inaspettate e raggiunge l'apice tecnico ma anche emozionale in “Polly Vaughn”, brano popolare Irlandese parafrasato dai cantanti sia nel testo che nella musica. A chiudere il disco abbiamo il singolo “Swimming Pool”, il cui testo sintetizza poeticamente l'instabilità di una generazione di giovani che si sente costantemente fuori posto, tema estremamente caro alla nuova leva di cantautori inglesi. Il tono malinconico del pezzo è spezzato da un energico strumentale guidato dal violino che vuole forse invitare l'ascoltatore ad abbracciare il suo essere fuori posto e dimenticarsi del dramma della canzone. La musica degli Young Waters eredita molte delle sfaccettature della musica del Regno Unito, non solo, come già detto, per tematiche liriche ma anche per vocabolario stilistico ed estetica tonale. Se la chitarra è palesemente vicina al costume Irlandese, più nella sonorità fingerstyle che per il gergo melodico, la formazione d'archi si confà ad un crescente movimento indie folk che si dimostra sempre più popolare in Inghilterra. La tessitura degli archi veste il corpo canoro ricordando i primi album della band Moulettes di Glastonbury. Lo storytelling ed il passo dei pezzi abbinati alla doppia voce uomo-donna rassomiglia invece, con un'inflessione meno celtica, lo stile dei The Fair Rain (prima The Old Dance School) da Birmingham. Persino il timbro di Theo, cantante della band, richiama il cantautore Ben Howard, dalla contea di Devon, o Joe Newman, da Leeds leader della celebre band indie Alt-J, quando il cantato si fa più nasale. Diventa interessante notare come in un porto creativo affollato come quello britannico, una band che condivide così tanto con altre riesca comunque a costruirsi un'identità chiara e forte abbastanza da permetterle di salpare e, si spera in futuro, raggiungere il largo. 


Edoardo Marcarini

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