La discografia dei Officina Zoè, negli ultimi anni, si è arricchita di alcuni interessanti dischi dal vivo, una piccola anomalia nella scena trad italiana dove spesso e volentieri si tende a prediligere pubblicazioni in studio. Nel caso della formazione salentina si tratta, però, di lavori che fanno dell’unicità il loro pregio, cristallizzando momenti particolari del loro percorso artistico, da sempre improntato alla esplorazione di nuovi suoni e alle interazioni con la scena world internazionale. Laddove, “Live in Japan” del 2007 e “Live In India” del 2017 documentavano l’intensità di concerti di due tour musicalmente diversi ma allo stesso modo indimenticabili, “Taranta Nera” del 2012 era la preziosa fotografia del fortunato incontro con Baba Sissoko, Mamani Keita, Sourakhata Dioubate, tre eccellenti musicisti subsahariani, con i quali ha sviluppato un dialogo che parte dal Salento e arriva nel Mali. A distanza di sei anni da quest’ultimo, Officina Zoè torna con il doppio album antologico “Incontri Live” (disponibile anche in doppio vinile) nel quale hanno raccolto dodici brani che ripercorrono le tante collaborazioni ed incontri con artisti della scena world internazionale susseguitesi a partire dal 2001 e nel contempo celebrano i cinque lustri di carriera del gruppo. A riguardo, Donatello Pisanello, polistrumentista e fondatore del gruppo, ci racconta: “Avevamo in mente da tempo di realizzare un disco che testimoniasse le tante collaborazioni che abbiamo messo in fila nel nostro percorso artistico perché ritenevamo potesse essere interessante dal punto di vista musicale. Facendo una ricerca sulle registrazioni che avevamo in archivio ci siamo resi conto di avere materiale sufficiente e, guarda caso, in coincidenza con i nostri venticinque anni abbiamo deciso che pubblicarle era il modo migliore per festeggiare questo traguardo”.
I brani sono stati selezionati tra registrazioni effettuate, tra il 2001 e il 2015, dal vivo come in studio e, addirittura, durante le prove, come ci rivela Pisanello: “I brani sono stati selezionati partendo dal materiale che avevamo a disposizioni e questo ci ha ovviamente limitato perché non abbiamo potuto inserire altri gruppi ed artisti con i quali abbiamo collaborato ma di cui non abbiamo registrazioni”. La qualità delle riprese non è sempre uniforme ma raggiunge certamente il lo scopo come ci rivela offrendoci uno spaccato fedele della vitalità artistica di Officina Zoè in grado di confrontarsi con sonorità provenienti da latitudini e longitudini differenti: “Questi incontri sono stati importanti per il nostro percorso perché abbiamo avuto modo di scoprire come eravamo accomunati con altri artisti non solo dalla stessa sensibilità verso la tradizione ma anche dal punto di vista della creatività e della ricerca”. L’ascolto rivela sorprendenti intersezioni ed attraversamenti sonori che dal Salento tocca il Mali, l’Egitto, al Turchia e la Mongolia, esaltando la tensione continua di Officina Zoè verso il confronto con altri suoni, pur rimanendo fortemente legati alla tradizione musicale salentina. Si tratta di performance uniche che, nel loro insieme, compongono un omaggio ai canti della Terra, un viaggio sonoro e geografico ricco di fascino che si apre con il canto tradizionale salentino “Mamma La Luna”, proveniente dalle prove con Hoso & Transmongolia ed entra nel vivo con la trance evocata in “Mercanistan” in cui le parole di “Tempu vero” degli Zoè incontrano le contaminazioni sonore di Mercan Dede e Secret Tribe.
Si prosegue con “Oppskrift for herrefolk” proveniente da un concerto insieme alla cantante finlandese Meri Boine Persone e Roger Ludvigsen e nella quale il sofferto canto “Menevò” incrocia quello sarcastico sull’arroganza dei colonizzatori firmato da Ragnar Olsen. Se “Macarìa” è una pizzica in crescendo con protagonisti il leggendario Don Moye e il maliano Baba Sissoko, la successiva “Ferma Ferma” vede gli Zoè affiancati da Mamani Keita per un canto d’amore di rara intensità. Il primo disco si chiude con “Hartai Serlag” un canto della tradizione mongola degli yak della Taiga che vede le voci ancestrali e gli archi di Hooso & Transmongolia incontrare il ritmo incessante dei tamburi a cornice degli Zoè. Il secondo disco riporta al centro della scena la trance con “Arousa”, registrata a Il Cairo nel 2009 con gli egiziani Mazaher e caratterizzata dall’uso dei tamburi del rituale di guarigione che dialogano con i suoni della tradizione salentina. Nel canto al sole “Gilve Gollàt” ritroviamo Mari Boine Persen e Roger Ludvigesen nell’inno al sole, mentre con “Lu rusciu de lu mare” torniamo in Africa con le voci della burkinabé Kandy Guira e del maliano Baba Sissoko che si intrecciano con la vocalità intensa ed inconfondibile di Cinzia Marzo, mentre le corde di Donatello Pisanello e il violino di Giorgio Doveri tessono una trama sonora dalla grande potenza evocativa. La travolgente “Tumen Agt Pizzica” con protagonisti ancora Hosoo & Transmongolia ci conduce verso il finale con la sorprendente improvvisazione “Macan Jam” con gli egiziani Mazaher e l’intensissimo inno per l’unione dei popoli “Rivers Of Babylon” in cui spiccano ancora Don Moye e Baba Sissoko. Insomma “Icontri Live” è un documento prezioso che rappresenta un punto di arrivo e ripartenza di Officina Zoè che, come spiega Pisanello, si appresta a vivere un momento di svolta: “Festeggiare i venticinque anni di attività del gruppo è l’occasione per riflettere e meditare su ciò che potrà essere Officina Zoè nei prossimi anni, considerando l’esperienza accumulata in questo quarto di secolo. Il punto di partenza sarà certamente non tradire le aspettative del pubblico, mantenendo intatta la nostra freschezza compositiva e il contatto con la tradizione, ma nel contempo è necessario capire a fondo come si sta evolvendo la world music in questi anni, senza conformarci alle mode di mercato”.
Salvatore Esposito
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