Giuliano D'Angiolini, Canti tradizionali della Val Nure. Il coro di Farini, Nota 2018, pp.56, Euro 15,00 Libro con Cd

Situato nell’area dell’Appennino Ligure nella quale si incrociano le valli appartenenti alle province di Alessandria, Genova, Pavia, Piacenza, a loro volta appartenenti dal punto di vista amministrativo appartengano a quattro regioni differenti (Emilia Romagna, Lombardia, Liguria e Piemonte), il territorio delle “Quattro Province” presenta una certa omogeneità dal punto di vista culturale, soprattutto per quello che riguarda la tradizione musicale. Queste valli, infatti, conservano uno straordinario patrimonio di canti, musiche da ballo e strumenti popolari, condividono repertori, stili vocali e tecniche esecutive, ma soprattutto sono considerate l’area di elezione della musa, della piva e del piffero, quest’ultimo nel binomio con la fisarmonica. Negli anni la ricerca etnomusicologia come la riproposta folk hanno focalizzato la propria attenzione in particolare sulle musiche da ballo e sulla riscoperta degli strumenti popolari, meno battuti sono i sentieri della ricerca sul canto, se si eccettuano gli studi condotti da Mauro Balma. Rispetto ad altre regioni italiane, in questa parte dell’Appennino Settentrionale si cantava e si canta ancora molto. In particolare, a Farini, paese situato nell’alta Val Nure in provincia di Piacenza, è ancora vivacissima la tradizione del canto polivocale. A mantenere accesa la fiaccola della tradizione è il Coro Farini “Eco di Valle” a cui è dedicato il pregevole libro con Cd “Canti tradizionali della Val Nure. Il coro di Farini” curato da Giuliano D'Angiolini ed edito da Nota per la collana “Geos Cd Book”. Composta da un nutrito gruppo di giovani e giovanissimi dalle eccezionali qualità canore e dal notevole entusiasmo, questa formazione ha ereditato un ricco repertorio che spazia dalle antiche ballate narrative alle “bujasche”, appreso sin dall’infanzia dalla voce dei genitori, a loro volta cantori, come nel caso dei due solisti principali. Abitualmente si ritrovano nel bar di proprietà di uno di loro e davanti ad un bicchiere di vino danno voce al loro vasto repertorio di canti, tuttavia sono spesso richiesti anche per accompagnare matrimoni e battesimi, ma soprattutto sono i veri protagonisti del la festa del “Maggio”, durante la quale viene eseguito uno specifico canto di questua. Il Coro Farini, come scrive l’autore “appartiene alla tradizione orale: essi vi sono integralmente immersi, la vivono con ardore e in essa si riconoscono; ne perpetuano spontaneamente sia le scelte estetiche che l’approccio”. Sebbene la composizione sociale del gruppo non sia più quella del mondo contadino, nel quale i canti del loro repertorio affondano le proprie radici, la “piena adesione dei suoni componenti all’ideologia e all’estetica della tradizione lo fanno appartenere senza dubbio a quest’ultima”. Il loro canto prende vita dall’oralità e attraverso questa si trasmette portando con sé errori, imprecisioni, approssimazioni, aggiustamenti e variazioni nei testi. Partendo dalle registrazioni effettuate da Mauro Balma negli anni Ottanta, D’Angiolini ha evidenziato come lo stile canoro e l’aspetto musicale siano mutati nel corso del tempo in maniera modesta, tuttavia non sono mancate delle innovazioni come dimostrano le registrazioni raccolte nel disco allegato. In buona sostanza, questo volume è l’occasione per andare alla scoperta di una realtà unica nel suo genere che l’autore analizza con dovizia di particolari soffermandosi sulle tecniche vocali, la peculiare gestualità e la postura dei cantori ed in fine mettendo in luce le caratteristiche del repertorio dei canti e le forme poetiche. A completare il libro sono i testi opportunamente commentati della selezione di dodici brani contenuti nel cd, che rappresenta il prezioso ed inscindibile compendio del volume. L’ascolto di quest’ultimo, infatti, ci conduce attraverso canti narrativi (“La vidovella”, “La barbiera”, “Il barcaiolo” e “Faremo fare ponte di ferro”), ballate (“La Mariolin”), canti lirici (“E dove vai o ti Armando”, “La testa bassa”, “Io son qui sotto ai tuoi balconi” e “Il mese di aprile”), canti di carcere (“Il cancelliere”) e due imperdibili canzoni leggere (“I tre nanetti” e “Venendo giù dai monti”). Insomma, Nota si conferma una casa editrice sempre più attenta nel gettare nuova luce sulla tradizione in movimento. 



Salvatore Esposito

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