Markku Lepistö - Solos (Rapusaari Records, 2018)

Negli anni Markku Lepistö ha conferito vitalità e brillantezza all’organetto diatonico in Finlandia. Chi segue il ‘folk contemporaneo’ avrà una familiarità con questo artista, già protagonista con i gruppi Doina Klezmer, Pirnales e Progmatics. Markku è stato accanto all’ensemble vocale Värttinä (dove usava la fisarmonica cromatica), ha inciso in coppia con il bassista Pekka Lehti e in trio con i plettri di Petri Hakala e il piano di Milla Viljamaa. Vanta una manciata di dischi a suo nome ed è – non dimentichiamolo – uno del formidabile quintetto Accordion Samurai. Originario della parte meridionale dell’Ostrobothnia (è nato nel 1963), terra di violinisti e fisarmonicisti, Lepistö mette insieme padronanza dello strumento, doti di compositore, propensione alla ricerca e cospicua attività didattica di livello internazionale; solidità ed espressività melodica, senso del metodo sposato a spinta emozionale sono i tratti distintivi del suo sound, per costruire il quale utilizza strumenti a tre e due file e file, riservando, tuttavia, grande interesse anche per lo strumento a fila unica, con cui ha creato nuova musica folk da camera. “Solos” è naturalmente un disco solista, interamente personale (eccetto per K”irkkaus”, dove è accompagnato dal cinguettio di uccelli lacustri), che espone il musicista e il suo strumento (un Beltuna a tre file, tre voci e diciotto bassi) in piena luce, procedendo sul filo rifinito della percezione e dell’emozione, sviluppate attraverso otto brani stesi di suo pugno, nati per occasioni diverse. Sono composizioni perlopiù inedite, sebbene non manchino temi già pubblicati, ormai punti di forza del suo repertorio dal vivo, qui riproposti in una nuova veste interpretativa che è il portato della maturazione artistica del musicista finlandese. Per esempio, pensiamo a “Silta” ” (il titolo proviene dal suo omonimo disco d’esordio come solista) in origine «registrato nella casa di Kuortane su un vecchio DAT», mi racconta Markku, raggiunto via chat. Nel disco si afferma una scrittura che attinge alla tradizione popolare per portarla altrove, nei territori della contemporaneità, grazie all’uso dinamico del mantice, alle armonizzazioni, alla presenza di tempi e di accordi particolari. Lepistö non è un iconoclasta come il conterraneo Kimmo Pohjonen (che suono lo strumento cromatico), ma è, in ogni modo, un musicista del nuovo millennio, di quelli che ascoltano, viaggiano e si confrontano con altri strumentisti, che riprendono materiali popolari o compongono nuovi brani sui modelli tradizionali ma senza chiusure o preconcetti. Dunque, un artista versatile, uno sperimentatore dell’organetto di cui ha accresciuto il potenziale sonoro. «In questo disco ho cercato la diversificazione per trovare qualcosa di nuovo nell’uso dei bassi dell’organetto. Però, per me la tecnica non è la cosa più importante, lo è di più fare musica interessante, che ti dà pensieri e sentimenti. Certo, la tecnica esecutiva ti concede anche nuove prospettive compositive. Per esempio, in “Minima 1” sono partito concependo il brano per suonarlo soltanto scuotendo il mantice», mi dice. «Poi elaborandolo, mi sono reso conto che con l’organetto diatonico, che è uno strumento bitonico, puoi suonare le stesse figure e le stesse note basse e acute scuotendo il mantice per tutto il tempo. Naturalmente, con uno strumento che emette note differenti a seconda che il mantice venga aperto o chiuso si ottengono dei risultati molto interessanti dal punto di vista tecnico. Un tipo di approccio che sarebbe impossibile con la fisarmonica cromatica», prosegue Markku. “Solos” offre paesaggi strumentali diversi con combinazione di tecniche esecutive, tra sequenze melanconiche e cinematiche, momenti movimentati e festosi giustapposti a trame elegiache ed iterative. Se l’iniziale “Minima 1” ha un’indole minimalista, la successiva “Aili” si sviluppa luminosa, con influenze francesi. Anche la splendida “Concerto Diatonique” ha uno svolgimento mutevole, “Kirkkaus”, invece, è un tema sospeso, sorprendente per l’interazione dello strumento con i suoni d’ambiente. “Silta” possiede una deliziosa freschezza melodica, mentre “Minima 2” riprende il gioco di sperimentazione sulla scatola sonora. Oltre, “Caprice Diatonique” (proveniente dal CD “Polku”) è illuminato da un solismo che esprime interessanti variazioni ritmico-melodiche. Di rilievo anche il conclusivo “Salmivaara”, che procede circospetto tra chiaroscuri e tenue lirismo. 


Ciro De Rosa

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