Dopo Bentzon, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, diversi altri ricercatori s’interessarono a Dionigi Burranca, nel frattempo divenuto uno dei più noti suonatori dell’Isola. Tra tali ricercatori merita rilievo Francesco Giannattasio il quale, prendendo spunto dai precedenti studi sulla musica sarda (Fara, Gabriel, Bentzon, Sassu, Carpitella ecc.), andò sul campo per condurre ricerche specifiche sulle launeddas, delle quali scrisse nell’opera “L’organetto” (1979), delineando con lucidità la progressiva affermazione degli strumenti aerofoni a mantice su quelli più tradizionali. Dello strumento tricalamo e di Dionigi Burranca, il ricercatore romano scrisse anche ne “Il concetto di musica” (1992), soprattutto nel capitolo dedicato agli aspetti organologici di base, ai repertori e alle modalità di apprendimento (il capitolo è un ampliamento di scritti del 1985). Nel 1978, Dionigi Burranca diede vita all’“Associazione Sonus de Canna” (formalizzata solo nel 1987; attualmente ha sede in Assemini), con l’intento di valorizzare in modo integrato lo strumento tricalamo sardo e la tradizione locale. Qualche anno dopo, Diego Carpitella, per conto della RAI, realizzò un documentario, titolato “Is launeddas”(1982), avente Burranca e alcuni suoi allievi come protagonisti. Un documentario prezioso, nel quale vengono mostrate dal vivo le tappe che dalla raccolta della canna conducono alla costruzione dello strumento, all’apprendimento della tecnica del fiato continuo e, più in generale, del repertorio tradizionale. Istruttive sono le scene nelle quali si tratta di una rudimentale forma di scrittura per launeddas, della quale scrisse anche Bentzon nel libro “The Launeddas” (1969), riportando quanto appreso oralmente da Burranca. Grazie all’interessamento dell’allievo romano Carlo Mariani, nel 1982, ebbe l’opportunità di incidere il disco titolato “Burranca”. Nel 1990, venne invitato a collaborare alla realizzazione di “The Blessing of the old long sound”, compact disc nel quale collaborarono Carlo e Alberto Mariani e David Liebman. Un altro cd comprendente le suonate di Burranca è “Sonus de Canna” (1994, ristampato con tre inediti nel 2001). In tale contesto ci sembra opportuno citare il breve saggio “Launeddas. Dionigi Burranca”, edito nel 2001. Il suonatore di Samatzai acquistò progressivamente fama e venne invitato a suonare o a tenere conferenze in diverse città italiane (Conservatorio di Napoli, Fondazione “Cini” di Venezia, Accademia “Santa Cecilia” di Roma ecc.) e internazionali (come Parigi e New York, dove ebbe modo di confrontarsi con Alan Lomax). Burranca fu particolarmente attivo anche come insegnante e costruttore di launeddas. Tra gli allievi “romani”, oltre ai fratelli Mariani, ricordiamo Luca Balbo e Massimo Nardi, che hanno trasposto l’esecuzione delle suonate tradizionali per launeddas sulla chitarra, facendo ampio uso di accordature aperte.
Fra gli allievi legati all’Associazione “Sonus de Canna”, evidenziamo Sergio Lecis (principale allievo), Antonello Ghiani (suonatore e costruttore) e Tonino Leoni (suonatore di organetto). Con Bruno Loi, i tre allievi iniziarono a prendere lezioni da Burranca, nel 1978. Nel 2008, sono stati i principali autori de “Is Sonus. Costruzione e apprendimento delle launeddas”, testo nel quale hanno reso encomiabile omaggio al proprio Maestro. Il testo è ricco di dati storici, aneddoti, spunti tematici e rilievi organologici. Di particolare interesse è la sezione didattica, con esercizi riferiti all’apprendimento pratico e alle suonate, trascritte su pentagramma e in notazione “sillabica” (secondo la grafia alla quale abbiamo accennato). Il volume è accompagnato da un supporto multimediale contenente immagini, testi, filmati e brani musicali. In “Presentazione”, Lecis ha chiarito di aver iniziato a prendere lezioni nel paese di Senorbì, dove Burranca svolgeva l’attività di ciabattino. L’anno dopo chiuse bottega, ma a Ortacesus continuò a dare lezioni, fino all’anno del decesso. Lecis ha evidenziato che il testo scritto può essere di valido aiuto per contribuire alla conoscenza d’informazioni teoriche, ma in nessun modo può sostituire l’insegnamento diretto di un maestro di launeddas. Nei ricordi ha rievocato anche l’uso del “sonai a bucca” (tecnica del suonare a bocca) e di un personaggio mitico, spesso citato da Burranca, denominato “Cancarittu”, vissuto alcuni secoli prima in un indefinito paese del Campidano, autore di un codice scritto teso a salvaguardare e a tramandare la conoscenza della tradizione orale strumentale.
Fra gli allievi legati all’Associazione “Sonus de Canna”, evidenziamo Sergio Lecis (principale allievo), Antonello Ghiani (suonatore e costruttore) e Tonino Leoni (suonatore di organetto). Con Bruno Loi, i tre allievi iniziarono a prendere lezioni da Burranca, nel 1978. Nel 2008, sono stati i principali autori de “Is Sonus. Costruzione e apprendimento delle launeddas”, testo nel quale hanno reso encomiabile omaggio al proprio Maestro. Il testo è ricco di dati storici, aneddoti, spunti tematici e rilievi organologici. Di particolare interesse è la sezione didattica, con esercizi riferiti all’apprendimento pratico e alle suonate, trascritte su pentagramma e in notazione “sillabica” (secondo la grafia alla quale abbiamo accennato). Il volume è accompagnato da un supporto multimediale contenente immagini, testi, filmati e brani musicali. In “Presentazione”, Lecis ha chiarito di aver iniziato a prendere lezioni nel paese di Senorbì, dove Burranca svolgeva l’attività di ciabattino. L’anno dopo chiuse bottega, ma a Ortacesus continuò a dare lezioni, fino all’anno del decesso. Lecis ha evidenziato che il testo scritto può essere di valido aiuto per contribuire alla conoscenza d’informazioni teoriche, ma in nessun modo può sostituire l’insegnamento diretto di un maestro di launeddas. Nei ricordi ha rievocato anche l’uso del “sonai a bucca” (tecnica del suonare a bocca) e di un personaggio mitico, spesso citato da Burranca, denominato “Cancarittu”, vissuto alcuni secoli prima in un indefinito paese del Campidano, autore di un codice scritto teso a salvaguardare e a tramandare la conoscenza della tradizione orale strumentale.
Cenni biografico-musicali
Seppur in rapida sequenza, riteniamo utile fornire le informazioni di base relative al periodo di formazione di Burranca. Le prime esperienze musicali e di conoscenza dello strumento, il piccolo Dionigi le maturò in ambito familiare, grazie a Giovanni Burranca, suo padre, anch’egli suonatore di launeddas, pertanto in grado di fornirgli i primi rudimenti sullo strumento e di inserirlo nell’ambito dei suonatori locali che gravitavano attorno a Giuseppe (“tziu Peppi”) Sanna (1846-1922). Quando aveva sette anni, divenne allievo di questo maestro. A Tonino Leoni, attivo allievo e organettista, Burranca raccontò di queste sue prime lezioni, nelle quali Sanna inizialmente eseguiva lentamente la frase musicale sul suo strumento, poi ripeteva le parti a canne separate. «Adesso corri a casa tua e ripetila tante volte - gli diceva l’anziano suonatore - e durante il cammino cerca di non dimenticarla, domani me la dovrai ripetere alla giusta velocità». “Tziu Peppi” morì due anni dopo. In seguito, il giovane Dionigi proseguì il proprio iter di apprendimento con il figlio di Giuseppe, Francesco (“tziu Francischeddhu”, 1868-1935) Sanna.
Secondo una prassi abbastanza consolidata, Francesco istruì il giovane ad ampio raggio, trasmettendogli da un lato il sapere professionale legato al lavoro di calzolaio, dall’altro quello musicale riferito alla costruzione e all’esecuzione delle launeddas. Giuseppe Sanna e il figlio Francesco si erano formati musicalmente con rinomati suonatori di Ussana, tra i quali spiccano i nomi di Antonio, Francesco e Giuseppe Figus (1814-1868). Burranca iniziò a suonare pubblicamente a undici anni, partecipando alle processioni religiose nel paese del proprio maestro. Tre anni dopo, siglò i primi contratti come accompagnatore di balli, in alcuni paesi del Campidano. Nel suo repertorio sono comprese le seguenti suonate: “Is priorisseddas”, Accompagnamento alla processione, Suonata dell’Elevazione, “Ballu ’e Missa”, “Ballu de cantidu”, più una serie di suonate per il ballo sardo, di volta in volta eseguite con “cuntzertus” quali “Fiorassio, Punto d’organo, Mediana, Mediana a pipia”. Nel panorama dei maestri di launeddas attivi nel Novecento, Burranca spiccò per originalità e inventiva, sia esecutiva sia didattica. È utile sentirlo parlare nei brevi inserti del documentario diretto da Diego Carpitella per comprendere come, rispetto a tanti suonatori tradizionali, possedesse un adeguato linguaggio tecnico, che gli permetteva di collaborare con i ricercatori in diretta sintonia. Ai suoi allievi trasmetteva fiducia e chiedeva di essere seguito con serietà. Nel citato libro “Is Sonus” una sezione è stata curata da Antonio Ghiani (1951) e riguarda la procedura da seguire per realizzare strumenti di qualità. In Sardegna, Ghiani è noto anche come collezionista di strumenti musicali etnici, in buona parte esposti nel Museo “Sonus de su mundu”, di Assemini. Di recente contattato, ha voluto ribadire grande stima e riconoscenza nei confronti del suo Maestro: «Per chi non lo conosceva, di primo impatto, poteva apparire burbero, ma chi lo conosceva bene sapeva che era uomo di cuore e generoso nell’insegnamento. Aveva piena consapevolezza delle proprie qualità di suonatore e di insegnante, per questo con gli allievi era molto rigoroso, voleva che si studiasse e si apprendesse con serietà (…)». Inoltre, ha ricordato che, per diversi anni, Burranca era stato regolarmente invitato a suonare per la festa di San Efisio, patrono di Cagliari. Un impegno che lo obbligava ad assentarsi per diversi giorni dal proprio paese. «Durante una di queste trasferte - ha proseguito Ghiani - nacque un figlio che, data la circostanza, venne chiamato Efisio. Anche lui apprese la tecnica esecutiva dal padre e poi studiò musica…». Diversi ricordi su Dionigi Burranca, abbiamo appreso da Giovanni Casu con il quale si era spesso incontrato a suonare in rassegne e feste popolari: «Burranca sapeva e voleva far sapere di essere persona di valore. Tra gli allievi ho avuto modo di conoscere bene Sergio Lecis, il quale ha sempre rispettato la tradizione strumentale appresa dal suo maestro.
Gli allievi conoscevano il carattere del maestro e avevano imparato ad ascoltare senza contrariarlo, perché avevano solo da guadagnare, poiché erano veramente tante le nozioni che aveva da insegnare ai giovani ... e Burranca sapevo che insegnava con molta coscienza (…). Ricordo che ci teneva ad avere dei suoni come quelli che io utilizzavo per accompagnare “Gavaurru” nel canto, con i quali bisogna spolmonarsi. Gli promisi che un “suono” glielo avrei portato a Ortacesus. Per un motivo o per l’altro questo incontro non avvenne mai anche perché, all’epoca, era piuttosto malato, poi venni a sapere del decesso. Rimasi dispiaciuto. Burranca era stato veramente un gran suonatore, un gran costruttore e si era sempre distinto per un repertorio molto originale. Inoltre, ogni tanto aggiungeva qualcosa di nuovo. A me piaceva tanto la sua “ninna nanna” (…)».
Secondo una prassi abbastanza consolidata, Francesco istruì il giovane ad ampio raggio, trasmettendogli da un lato il sapere professionale legato al lavoro di calzolaio, dall’altro quello musicale riferito alla costruzione e all’esecuzione delle launeddas. Giuseppe Sanna e il figlio Francesco si erano formati musicalmente con rinomati suonatori di Ussana, tra i quali spiccano i nomi di Antonio, Francesco e Giuseppe Figus (1814-1868). Burranca iniziò a suonare pubblicamente a undici anni, partecipando alle processioni religiose nel paese del proprio maestro. Tre anni dopo, siglò i primi contratti come accompagnatore di balli, in alcuni paesi del Campidano. Nel suo repertorio sono comprese le seguenti suonate: “Is priorisseddas”, Accompagnamento alla processione, Suonata dell’Elevazione, “Ballu ’e Missa”, “Ballu de cantidu”, più una serie di suonate per il ballo sardo, di volta in volta eseguite con “cuntzertus” quali “Fiorassio, Punto d’organo, Mediana, Mediana a pipia”. Nel panorama dei maestri di launeddas attivi nel Novecento, Burranca spiccò per originalità e inventiva, sia esecutiva sia didattica. È utile sentirlo parlare nei brevi inserti del documentario diretto da Diego Carpitella per comprendere come, rispetto a tanti suonatori tradizionali, possedesse un adeguato linguaggio tecnico, che gli permetteva di collaborare con i ricercatori in diretta sintonia. Ai suoi allievi trasmetteva fiducia e chiedeva di essere seguito con serietà. Nel citato libro “Is Sonus” una sezione è stata curata da Antonio Ghiani (1951) e riguarda la procedura da seguire per realizzare strumenti di qualità. In Sardegna, Ghiani è noto anche come collezionista di strumenti musicali etnici, in buona parte esposti nel Museo “Sonus de su mundu”, di Assemini. Di recente contattato, ha voluto ribadire grande stima e riconoscenza nei confronti del suo Maestro: «Per chi non lo conosceva, di primo impatto, poteva apparire burbero, ma chi lo conosceva bene sapeva che era uomo di cuore e generoso nell’insegnamento. Aveva piena consapevolezza delle proprie qualità di suonatore e di insegnante, per questo con gli allievi era molto rigoroso, voleva che si studiasse e si apprendesse con serietà (…)». Inoltre, ha ricordato che, per diversi anni, Burranca era stato regolarmente invitato a suonare per la festa di San Efisio, patrono di Cagliari. Un impegno che lo obbligava ad assentarsi per diversi giorni dal proprio paese. «Durante una di queste trasferte - ha proseguito Ghiani - nacque un figlio che, data la circostanza, venne chiamato Efisio. Anche lui apprese la tecnica esecutiva dal padre e poi studiò musica…». Diversi ricordi su Dionigi Burranca, abbiamo appreso da Giovanni Casu con il quale si era spesso incontrato a suonare in rassegne e feste popolari: «Burranca sapeva e voleva far sapere di essere persona di valore. Tra gli allievi ho avuto modo di conoscere bene Sergio Lecis, il quale ha sempre rispettato la tradizione strumentale appresa dal suo maestro.
Gli allievi conoscevano il carattere del maestro e avevano imparato ad ascoltare senza contrariarlo, perché avevano solo da guadagnare, poiché erano veramente tante le nozioni che aveva da insegnare ai giovani ... e Burranca sapevo che insegnava con molta coscienza (…). Ricordo che ci teneva ad avere dei suoni come quelli che io utilizzavo per accompagnare “Gavaurru” nel canto, con i quali bisogna spolmonarsi. Gli promisi che un “suono” glielo avrei portato a Ortacesus. Per un motivo o per l’altro questo incontro non avvenne mai anche perché, all’epoca, era piuttosto malato, poi venni a sapere del decesso. Rimasi dispiaciuto. Burranca era stato veramente un gran suonatore, un gran costruttore e si era sempre distinto per un repertorio molto originale. Inoltre, ogni tanto aggiungeva qualcosa di nuovo. A me piaceva tanto la sua “ninna nanna” (…)».
Una tradizione locale in un mondo globale
Dionigi Burranca è stato uno tra i più apprezzati suonatori di launeddas nella seconda metà del Novecento. Come esecutore, divulgatore e collaboratore dei centri di ricerca, sin dagli anni Sessanta, partecipò con entusiasmo alla progressiva rinascita delle launeddas dopo che, nel corso dei decenni, il ruolo dei suonatori nei diversi contesti sociali venne marginalizzato. Rivelò un sincero attaccamento alla tradizione locale, della quale si sentiva degno continuatore mostrando, al contempo, di essere aperto a equilibrate forme d’innovazione e al confronto culturale. “Music travel around” (la musica viaggia): “music must be left free to fly with its interpreters” (la musica deve essere lasciata libera di volare con i suoi interpreti). L’opera di Dionigi Burranca merita di essere adeguatamente conosciuta, in un’ottica di aggregazione qualitativa internazionale delle culture musicali appartenenti alle singole comunità, utile per riequilibrare certa mondializzazione livellatrice della conoscenza, in risposta alla quale riteniamo sia possibile anteporre condivisibili principi olistici secondo cui musiche, canti e balli tradizionali sono di diritto considerati parte integrante dell’immenso patrimonio dell’umanità e i cittadini delle singole comunità sono antropologicamente apprezzati come dinamica forza corale identitaria, coinvolta creativamente nel processo di rafforzamento e trasmissione della cultura universale.
In memoriam. Addolorati, desideriamo ricordare con stima il valente costruttore e suonatore di launeddas - Cesare Carta - deceduto, a Nuoro, il 12 febbraio 2018.
Paolo Mercurio