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Nel titolo “Hemdem” – in turco e in farsi significa sia “contemporaneo” che “prendere fiato” – è racchiusa la cifra del sodalizio tra i due musicisti. Laureato in musica turca, il polistrumentista Sinan Cem Eroğlu (chitarra fretless, chitarra elettrica, e-bow, kaval, voce) è originario di Ankara, dove è nato nel 1986. Compositore e produttore musicale, Sinan è considerato tra i migliori strumentisti turchi ed insegna chitarra fretless (che trova sempre più adepti dopo i pionieristici e innovativi lavori di Erkan Oğur) presso l’Università Medipol di Istanbul. Di nove anni più giovane, ma non meno dotato, è Muhlis Berberoğlu (tanbura, divan, bağlama elettrico voce), nato a Sarkisla (1995), nella regione anatolica di Sivas. I due artisti utilizzano la loro padronanza tecnica in assoluta libertà, imbracciando i liuti a manico lungo da strumenti solisti e in combinazione con un chitarra elettrica a doppio manico, una Stratocaster e una classica microtonale, con cui è possibile riprodurre gli intervalli non temperati dei makam della musica turca.
La sommatoria degli ingredienti restituisce un album di elevato profilo, che si snoda in tredici tracce, in prevalenza di derivazione popolare, ad eccezione di “Berb’eroğlu”, firmata dalla coppia, e di “Bozlak Açiş”, un’improvvisazione al saz di Muhlis. Il CD è stato splendidamente registrato dal vivo, con i dettagli timbrici messi ben in risalto, da un duo che mostra originale sensibilità nell’uso dei cordofoni fin dall’iniziale “Zülüf Dökülmüş Yüze”.
In “Aygiz”, un brano turco-azero, il soffio del flauto kaval apporta notevole colore fino a intersecarsi con le trame della chitarra elettrica. Sinan ci mette la sua voce nel celebre türkü, sorta di poesia cantata, “Ahu gözlüm Tut Elimden”. L’altrettanto rinomata “Gamzedeyim Deva Bulmam” è opera del famoso compositore classico ottomamo Tatyos Efendi” , mentre di nuovo il kaval abbellisce la successiva “Felek çakmağını üstüme çaktı”. La fisionomia elettro-anatolica si avverte nella robusta “Berb’eroğlu” e in “Ali'yi Gördüm Ali’yi”. Dopo l’intensa improvvisazione al liuto di “Bozlak Açiş”, la coppia si ricompone in “Nesrin”, cui segue “Hacel Obası”, uno dei temi migliori del lavoro per il proficuo dialogo strumentale elaborato da Sinan e Muhlis. Anche “Bitlis’te Beş Minare” e “Kar Yağdi Eriyecek” emanano un forte pathos, ma il sugello finale ad un album di notevole sostanza è nel nome di Neşet Ertaş aşik contemporaneo dell’Asia Minore nonché virtuoso del bağlama, al cui repertorio appartiene il türkü “Cahildim Dünyanın Rengine Kandım”. www.ahenkmusic.com
Ciro De Rosa
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