Jaakko Laitinen & Väärä Raha – Näennäinen (Playground Music Oy, 2017)

Non è facile rintracciare notizie sull’ensemble finlandese Jaakko Laitinen e Väärä Raha. Si riesce a incontrare qualche notizia incoerente sulla formazione - un incrocio tra corde e fiati con piglio molto folk e, a prima vista, molto gitano - e pochissimi ragguagli sulla storia della banda, composta da musicisti esperti e pienamente pervasi dal fervore di un ritmo serrato e deciso, sorretto da una batteria molto piena e senza fronzoli (i brani più rappresentativi in questo senso sono “Aman Aman”, “Iku-Turso”e “Kosmologinen lemmenlaulu”) e dalla fisarmonica, che quasi sempre assume le forme di uno strumento collante. Il resto lo si deve assumere da questo disco - bene fatto, compatto e pieno di suoni semplici e diretti - che si aggiunge a una discografia tutto sommato ricca. Provate il sito della band e tutto vi apparirà chiaro: Finlandia, finlandese e - come a specificare - accontentatevi della musica, immaginate dal suono e dall’impostazione della voce ciò di cui si parla. Non riesco a dargli torto: si può comprendere parecchio ascoltandoli. Certo si potrebbero fraintendere alcune questioni meno concrete - come lo spirito del gruppo, i contenuti dei testi, gli i interessi che più li ispirano e, in generale, l’immaginario a cui si fa riferimento - ma lo scenario che definiscono con i loro suoni è sorprendente e immediatamente chiaro, per quanto non sempre innovativo (“Supermarketin parkkipaikalla”). Di nuovo c’è probabilmente un approccio generale che permea tutti i brani che compongono questo “Näennäinen” (pubblicato con Polyground, ottima label a cavallo tra Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Estonia), che si caratterizza nella forma di una narrazione molto delicata (a dispetto degli andamenti spesso, come dicevo, decisi e compatti), in cui ogni elemento ha un posto preciso e ogni strumento lavora dentro una relazione molto ordinata con tutti gli altri (“Mustikan”). Ancora in generale diciamo che le corde giocano un ruolo di primo piano, addolcendo la struttura di canzoni non rigide ma senza dubbio dritte, molto concrete (“Kultainen Keskitie”). E, a ben vedere, conducono la narrazione (il flusso dei suoni) a una dimensione meno “collocata” nella sfera del “gitanismo”, per quanto questo sia espresso attraverso connessioni abbastanza evidenti sul piano del ritmo e dell’andatura dei brani. Direi, a questo punto, che hanno lavorato a fondo proprio sulla definizione di una direzione meno decifrabile, in modo da posizionarsi in uno spazio dal quale si può senz’altro evocare qualcosa di riconoscibile ma, allo stesso tempo, approfondire una dinamica tutta interna al gruppo e - questa volta si può dire - a un contesto di produzione che è evidentemente distante dai Balcani e, tanto più, dalle espressioni musicali continentali. D’altronde, come si diceva, siamo in Finlandia.E questo ha per forza un peso in ciò che si suona. Dopo uno studio più approfondito i cinque musicisti ci svelano qualcosa di loro, rintracciabile in elementi che riusciamo a comprendere anche bene: gli piacciono le melodie chiare e sicure (la voce non ne sbaglia una), gli piace il ritmo ma preferiscono filtrarlo dentro una struttura più morbida, sorretta da (e incastonata alla perfezione in) armonie piene ma fluide (“Niin paljon sanomatta jää”). Gli piace la trama a strati, così cesellano con i cordofoni (bouzouki prima di tutto, chitarra, mandolino, violino, ukulele, balalaica) e con un rimbalzo di fiati (tromba, clarinetto, corno) che ne stende i nodi, lasciando fluire con coerenza e delicatezza sia il canto che le varie parti musicali. In questo quadro uno dei brani più rappresentativi è “Kännissä ja pilvessä”. 


Daniele Cestellini

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