Tunde Jegede/Derek Gripper – Mali in Oak (Globe Music, 2017)

#CONSIGLIATOBLOGFOOLK 

Una visita al Globe Theatre, a Bankside, è una delle esperienze irrinunciabili nel tour culturale di Londra. All’interno dell’ampio palinsesto del teatro shakespeariano, ricostruito nel secondo Novecento, i “Candlelit Concerts” curati dal celebre compositore John Williams e dal direttore musicale del Globe Bill Barclay, offrono un pregevole programma. È il caso dell’incontro tra Tunde Jegede, inglese di origine nigeriana (suo padre è l’artista Emmanuel Taiwo Jegede), compositore e suonatore di violoncello e kora (il suo maestro è stato Amadu Bansang Jobarteh), e il chitarrista sudafricano Derek Gripper, avvenuto nel giugno 2015 nell’ambiente raccolto e intimo del Sam Wanamaker Playhouse, il teatro coperto, che è parte del complesso del Globe. Il concerto è raccontato nel terzo CD della serie Globe Music, pubblicato con il titolo di “Mali in Oak”. Le cronache narrano che finora sia stata l’unica esibizione in cui John Williams non sia salito sul palco per unirsi agli artisti, ma sia rimasto tra il pubblico a godere di uno spettacolo magnifico. 
Quello tra Jegede e Gripper è – come si dice in inglese – un “marriage made in Heaven”. Nelle undici composizioni, che omaggiano musica maliana dei griot, tradizionale e contemporanea, si alternano duetti eleganti in un intersecarsi di corde che rapisce l’ascoltatore, soli di kora, violoncello e chitarra, in cui tecnica, virtuosismo e improvvisazione non sono contemplativi, ma sempre ispirati. Sulla mission di Gripper, che ha trasposto sulla chitarra le composizioni concepite per l’arpa-liuto mandingo a ventuno corde, ci siamo già espressi in modo lusinghiero su “Blogfoolk” (cfr. la recensione di “Libraries on Fire”); ora, con “Mali in Oak”, il chitarrista di Città del Capo, di formazione classica, si spinge oltre in una conversazione sonora in cui il suo partner non è da meno in fatto di estro e doti performative. 
Insomma, avrete capito che si tratta di un disco non ordinario: a partire dal packaging, che comprende quaranta pagine di note e foto, e dalla qualità fonica, “Mali in Oak” è un oggetto artistico da possedere piuttosto che musica ridotta a files audio. Quanto al programma proposto, i primi quattro brani vedono la coppia kora-chitarra muoversi in sinergia nel tradizionale “Kaira Konkoba”, nella cofirmata “Where Rivers Meet, raggiungendo i vertici nelle improvvisazioni di “Jarabi” e soprattutto di "Miniyamba" (di Toumani e Sidiki Diabate). Seguono cinque brani in solo per kora (“Alone”), violoncello (la splendida “Songs of the Eternal” scritta da Jegede), chitarra (“Si Naani” e “Tutu Jara”). Il duo si ricompone nel tradizionale “Alfa Yaya”, mentre il finale è lasciato ai tredici sbalorditivi minuti per sola kora di “Cycle of Reckoning”.



Ciro De Rosa

Posta un commento

Nuova Vecchia