Ulaş Özdemir – Traces of Âşik/Âşığın İzleri(Buda Musique, 2017)

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Originario di Kahramanmaras (Turchia), dove è nato nel 1976, di cultura e confessione alevita, Ulaş Özdemir ha studiato etnomusicologia a Istanbul, sua città elettiva da oltre venti anni. Ha collaborato con artisti, soprattutto iraniani, del calibro di Ali Akbar Moradi, Kayhan Kalhor e Sussan Deyhim, registrato album a suo nome, composto musiche per film. Inoltre, fa parte del trio interculturale dei Forabandit (con il francese Sam Karpienia e l'iraniano Bijan Chemirani). Il suo terzo album solista, ”Traces of Âşik”, è in un certo senso anche figlio di quell’incontro di musicisti che metteva in comunicazione l’estetica dei trovatori provenzali, dei poeti orali anatolici e di un autore curdo del diciassettesimo secolo. Difatti Özdemir, suonatore di bağlama (il liuto piriforme con tre cori di corde doppie metalliche pizzicate da un plettro che si presenta in varie tipologie: Ulaş suona dede sazı, cura e divan) riproduce lo spirito degli âşik, i cantori itineranti anatolici, di cui riprende materiale narrativo di un intervallo di tempo che va dalla fine del XVIII secolo alla contemporaneità, integrandolo con suoi scritti. L’âşik (che tradotto significa l’amante, colui che è invaso dalla passione d’amore)è una figura presente in un’area geografica e culturale estesa oltre i confini dell’odierna Turchia. Questo ‘creatore di canzoni’ assomma in sé le caratteristiche del cantastorie-cronista, del poeta orale cantore di cicli epici e dell’interprete di liriche di tenore spirituale. 
Scrive lo stesso musicista nelle note di presentazione del disco: «L'âşık mette ogni dolore dell'universo nei suoi versi… La parola dell’âsik è diventata la voce della verità, nient’altro che la verità. Chiunque l’ha presa, chi l’ha toccata, chi l’ha assaggiata è rimasto sulla strada della verità. A volte ci sono stati problemi sul percorso, ma la poesia, la voce e il saz rimangono eterne. Anche quando il corpo dell’âşık non è più, la sua voce è stata diffusa in tutto l'universo. Un altro ha preso la voce. L'âsik non è mai in silenzio, non ha smesso di parlarci…». Dotato di una voce lievemente velata, Ulaş procede con un profilo di intonazione drammatica che oscilla tra il cantato e il declamato, con passaggi melodici più pronunciati, mostra un appeal da balladeer, usa un’efficace tecnica di strumming, che non lascerà indifferente chi si alimenta all’immaginario folk e rock contemporaneo occidentale. In questo capo d’opera, Özdemir si impone all’ascolto con dieci canzoni da lui musicate, di cui otto su testi di poeti del passato di ispirazione mistica e spirituale, e altre due scritte di suo pugno, che affrontano tematiche contemporanee, come “Feryad”, che parla delle atrocità belliche che colpiscono l’infanzia, e la più intimista “Hepsi Bir dem”. Un artista da scoprire: ci rivolgiamo anche ai promoter italiani. 


Ciro De Rosa

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