Daymé Arocena – Cubafonía (Brownswood Recordings/Audioglobe, 2017)

Crossover cubano proposto dalla soltanto ventiquattrenne ma già carismatica cantante e autrice habanera dalla voce soulful, di bianco vestita in osservanza alla religione della santeria. In patria Daymé Arocena vanta studi di canto al conservatorio, ma ha assorbito dosi massicce di musiche che spaziano dalle stelle canore della madrepatria alla tradizione femminile afro-americana. Ugola versatile e flessuosa, talento invidiabile anche per presenza scenica, Daymé ha le carte in regola per imporsi sulla scena world & nu-soul internazionale. L’artista è emersa con il disco d’esordio “Nuova Era” (2015), cui ha fatto seguito la pubblicazione dell’EP “One Takes” (2016), ma discograficamente e dal vivo si era già imposta all’attenzione del pubblico in virtù della piattaforma Havana Cultura Project nel 2014, destinata alla creatività cubana contemporanea, grazie alla quale ha iniziato a lavorare con Gilles Peterson (celebre label manager ispiratore dell’acid-jazz, influente DJ e programmista radiofonico della BBC). Con lui ha preso parte al progetto Havana Club Rumba Sessions, con cui sono stati realizzati un lungometraggio e un disco. “Cubafonía” è il suo nuovo lavoro, in cui abbraccia l’esperienza produttiva di Peterson e di Dexter Story, circondata da oltre una dozzina di musicisti: Jorge Luis Lagarza (pianoforte, cori), Gaston Joya (contrabbasso, basso, marimbula), Rafael Aldama (basso), Ruly Herrera (batteria), Yaroldy Abreu (percussioni), Yoswany Diaz (percussioni), Mayquel Gonzalez (tromba, cori), Emir Santacruz (sax tenore), Yuniet Lambida (sax baritono), Heikel Trimino (trombone), Rober Luiz Gomez (chitarra), Lino Lores (tres), Miguel Atwood Ferguson (archi), Barbara Llores (voce), Dreyser Durruti (voce), Dexter Story (voce, strumenti addizionali), Julio Padron (voce), Ernesto Lastres, Daniela Barreto e Loreta Zarquero (cori). 
Daymé sceglie di confrontarsi con stili isolani (cha-cha-cha, mambo, rumba, changüí, guaguancó, bolero, guajira), canoni soul, jazz e e pop. A dirla tutta, la scrittura della Arocena non destabilizza del tutto convenzioni sonore già ampiamente accreditate né tiene il passo della sua presenza vocale. Cionondimeno, “Cubafonía” è un disco dal notevole appeal, costituito da undici tracce cantate principalmente in spagnolo, ma anche in inglese (“Maybe tomorrow” e “It’s gonna be forever”, brani che non rappresentano il top della scaletta). Apre alla grande la fusion afro-cubana dal profumo ethio-jazz di “Eleggua”, sorta di canto iniziale propiziatorio, proprio come l’orisha dallo stesso nome, posto a custodia dei crocicchi e invocato all’inizio di una cerimonia della santeria. Più avanti, rifulgono la rumba-guaguancò “La rumba Me Llama Yo”, "Mambo Na’ Mà”, che mette insieme mambo e umori di New Orleans, il bolero “Todo Por Amor”, le carezze danzanti di “Ángel”, il conclusivo changüí “Valentine”.


Ciro De Rosa

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