Xurxo Fernandes e Quique Peón (voce, pandereita e percussioni) sono il nucleo dei Radio Cos, un combo rappresentativo del nuovo fermento che anima la ‘musica de raiz’ del nord-ovest iberico, incentrato sul canto accompagnato dal tamburo a cornice, che con la gaita è lo strumento identitario della Galizia. Dopo le lusinghiere recensioni che hanno accolto il loro esordio del 2013, i tour nei festival folk & world europei, le lodi dell’autorevole magazine inglese “fRoots”, la selezione agli showcase del Womex 2016, producono “Pasatempo”, la seconda prova del gruppo che accanto ai due frontmen annovera Pedro Lamas (gaita, sax soparno, caixa, bombo), Nikolay Velikov (violino) e Xan Pampín (fisarmonica), più numerose voci corali e percussioni che si inseriscono in alcuni brani. I temi, nove cantati e il pateado strumentale (“Pateado de Ambroa”) dell’album, riprendono tutti liriche tradizionali frutto di studi e ricerche sul campo del duo, eccetto il classico motivo sull’emigrazione “Adiós ríos, adiós fontes” firmato da Rosalìa de Castro con musica di Luis Emilio Batallán. L’omaggio a Rosalía è un atto doveroso verso chi con la sua poesia ha letto fino in fondo l’animo popolare. È pieno di musiche migranti questo disco in cui oltre ai tempi di ballo galleghi si respira aria di bolero, di tango e di rumba. Non è un caso che esso sia ispirato al "Parque do Pasatempo", uno spazio espositivo, precursore dei parchi a tema, che si trova a Betanzos (nei pressi di Coruña), antica capitale del regno di Galizia, realizzato da Juan María García Naveira (tra il 1893 e il 1914), spinto dall’idea di far confluire in una cultura universale elementi provenienti da diverse parti del mondo: lui stesso – con suo fratello Jesús – era emigrato in Argentina. Si tratta di una metafora del patrimonio immateriale galiziano, spiega Xurxo: come il parco di Betanzos, «che viene abbattuto dal passaggio del tempo e dall'incuria, ma che rimane in piedi dopo un lungo tempo e con pezzi molto belli: la società galiziana ha tenuto in vita la musica tradizionale nonostante l’incuria istituzionale». Nondimeno, quella del parco che accoglie differenti culture è anche la cifra dei Radio Cos, i quali hanno costruito le loro musiche che privilegiano melodia, voce e ritmo dei tamburi risentendo di influenze che si estendono oltre i confini iberici. L’apripista “Santa Mariñistán” è una muiñeira che profuma di Baluchistan, si balla con “Dous-pasos de Sequeiros” e “Mazaricos”, mentre “Alalà-ghoró” si tinge di bulgaro e la bella “100 pesos” si spinge in Sud America, così come “Pasodoble de Cereu”. Non si sfugge alla malìa della magnetica “Panxola da madama”, motivo che si ritrova in varianti in diverse parti della Spagna come sull’altra sponda del Mediterraneo: una delle chicche dell’album, che affida la chiusura a “Pandeiretada de Randal”. Radio Cos si conferma combo di gran valore nel vibrante panorama gallego.
Ciro De Rosa
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