
Com’è nato questo nuovo progetto?


Assolutamente. Tanto è vero che nelle note di copertina non sono riportati nemmeno gli autori dei singoli brani perché è difficile attribuire la paternità di ognuno di essi. Semplicemente i brani sono nati nell'arco di una settimana nella quale ci siamo visti ogni sera per cena a casa mia. Insomma, li abbiamo scritti mentre mangiavamo, bevevamo e fumavamo … Tartaglia che è qui con me, aggiunge: bivaccavamo... Quindi rispetto al primo disco già in fase di scrittura c’è stato un lavoro di insieme che poi si è esteso anche alle registrazioni. Penso a brani come “Canzone del padre”, “Sushi e Friariell” o “Camerieri” o “Mal’e Funk” in cui è difficile anche dire chi sia il solista. A parte l’amicizia, è da un anno che suoniamo insieme e il rapporto artistico tra noi si è consolidato molto di più. Oggi siamo molto più un collettivo di quanto non lo fossimo lo scorso anno.
Il disco si apre con la trascinante “Ah Bello!”…
Questo brano è nato nei camerini del Monk a Roma. Io ero andato a fare un’intervista e i ragazzi, approfittando della mia assenza, hanno scritto questo brano. E’ un po’ una presa in giro perché raccoglie tutti i miei cliché, i miei modi di dire: “dove andiamo a mangiare? Addò Carmine a’purpetta?”, “sti uagliul’ stann’ semp tutt’ fumati e ‘a rivoluzione nunn’ ‘a fann”. Scherzando in una mezz’ora è nata la canzone e quando sono tornato mi hanno detto: “Oh abbiamo fatto una canzone ‘ngopp a te…”.
Anche nel primo disco c’era “Jovano” che non era del nostro repertorio. In “Capitan Capitone e i Fratelli della Costa” avevo già tentato di far suonare i Galera de Rua ma non fu possibile e visto che il Brasile è una mia grande passione in questa occasione non potevano mancare. Tra l’altro questo brano lo conosco da moltissimo tempo e parla proprio del rapporto difficile con le donne di questo povero disgraziato, probabilmente senza neanche una lira, che deve accompagnare la sua fidanzata a fare compere e ogni volta che vede una vetrina rompe perché vuole comprare tutto, se no si mette a piangere. Insomma le cose tipiche della nostra visione maschilista e marinara del rapporto uomo-donna.
Si entra nel vivo con “Sushi & Friarielli” nella quale, con grande ironia, fate emergere il confronto sociale a partire dal menù del pranzo di nozze…
In questo senso riprende un po’ quello che avevo fatto con “In Vino Veritas”. Il confronto sociale parte proprio dal gusto del palato, dal modo in cui ci riempiamo in modo diverso lo stomaco. La cultura popolare del mangiare e quella borghese sono completamente differenti. Chi ha la pancia piena da generazioni è sempre a dieta, mangia la ‘nzalatella o ‘o sushi e romp ‘o jazz. Chi, invece, ha ereditato la fame, quando vede la frittata di maccheroni o la parmigiana ‘e mulignane non capisce più niente. Questo è il tratto fondamentale che divide i due mondi anche se si abita nello stesso luogo e nella stessa città. E’ un po’ come quello che accade in “Vacanze Intelligenti” di Alberto Sordi, quando i due protagonisti capitano nel ristorante macrobiotico che gli hanno consigliato i figli, laureati e diventati conformisti di sinistra, e ad un certo punto cominciano a mangiare fagioli con le cotiche, tracchie, e piano piano poi li seguono tutti i presenti che ordinano gli stessi piatti.

Sollo scrive sempre questi testi d’amore e io gli sto dando un po’ addosso con questa storia. Gli dico sempre: “Basta con queste canzoni, scrivi un catalogo dello zoo, ma lui fa sempre queste cose poetiche, amorevoli”… (ride). In questo caso, però, sono stato io a chiedergli di scrivere una canzone d’amore in cui ci fosse il mare e tutto quello che ruotava intorno all’immaginario legato al mondo marinaro. Bollani che è un grande fan del primo disco di Capitan Capitone e di Gnut ci ha regalato questo splendido solo di pianoforte che abbiamo registrato alla Casa del Jazz a Roma.
C’è poi questa deviazione elettrica potente con “Bitch”…
E’ sempre Sollo ma questa volta con la sua anima punk di The Collettivo, insieme a Fabio Malfi, altro grande rocchettaro la cui idea iniziale è stato il punto di partenza, ma poi io ho cambiato tutto ed è uscito questo brano che immaginavamo dovesse essere la canzone dell’ex di lui e dell’ex di lei. Visto che poi Capitan Capitone sono io e di ex non ne ho proprio, questo discorso non poteva essere fatto..
Sara Sossia Sgueglia canta “Ti amerò più forte”…
E’ la canzone d’amore di Megaride, la sposa di Capitan Capitone e nasce da un’idea di Nelson che è l’unico tra noi a scrivere in italiano, visto che è del Vomero, ma poi l’abbiamo sviluppata tutti insieme. Anche il brano di Tartaglia è in italiano, e infatti è venuta una chiavica (ride).
E’ uno dei primi brani a cui abbiamo pensato perché doveva essere quello in cui descrivevamo l’insofferenza della Napoli borghese, perbene e legalitaria. Quella di chi scende in centro e si innervosisce perché c’è il parcheggiatore abusivo, o la signore che vende le sigarette di contrabbando, ma poi sta sempre lì a fare discorsi su quanto dobbiamo voler bene agli immigrati, e su come la cultura rom vada difesa. Quando, però, si trovano il sottoproletario sotto casa, mettono la mano sul portafogli perché hanno paura di essere rapinati.
Nel brano si susseguono diverse citazioni...
Inizialmente la mia idea era quella di fare una canzone che ricalcasse lo stile dei cantautori degli anni Settanta ed Ottanta, e addirittura pensavamo di fare tutto il disco in cui i pezzi fossero solo scritti da noi, mentre ad interpretarli avremmo chiamato tutti quelli con cui ho collaborato in quarant’anni di turnismo. Poi ho pensato che, all’atto pratico, sarebbe stato complicato da organizzare nonostante la disponibilità dei vari cantanti, in quanto io più di dieci giorni in studio non riesco a starci. Alla fine, pensando che tra i ragazzi c’erano dei clamorosi imitatori, mi è venuta questa idea di far fare Bennato ad uno, Vasco Rossi all’altro, James Senese ad un altro ancora…

Poi c’è anche Al Bano…
Albano è la figura centrale di tutto il disco. Il Carrisi è il nostro idolo, ma soprattutto perché fa il vino. E’ una persona troppo seria, non scherziamo (ride).
Al Bano è il deus ex machina che risolve la trama narrativa. E’ il complice che consente alla ciurma di fare l’esproprio a casa del suocero…
In un matrimonio di una famiglia radica chic e con soldi avrebbero invitato un cantautore come Francesco De Gregori, mentre in uno popolare il massimo non poteva che essere Al Bano. Sentirlo cantare “Quando il sole tornerà” è una cosa che scioglie il cuore. Un alternativa potevano essere Gigi D’Alessio o Gigi Finizio ma la levatura nazionale di Al Bano ce lo ha fatto preferire.
Ad un certo punto dovevamo descrivere in modo spersonalizzato il furto a casa dei genitori della sposa, della quale potrebbe parlarti Andrea Tartaglia che sta qua con me, ma lui non sa parlare (ride)… Se il primo disco era un inno alla pirateria nel parallelismo che può esserci tra l’ammutinamento dei marinai che buttano fuori gli ufficiali dalla nave con l’occupazione di una fabbrica, in questo caso volevamo dare una forma politica più divertita al tutto. Così è venuto fuori questo brano in cui si rivendica l’essere pirati in questo mondo sia esso un operaio o un informatico…
Altra novità è la presenza dei rapper napoletani come Pepp oh, Shaone, Speaker Cenzu, Marcello Coleman …
Nel disco precedente non erano presenti ma solo per una casualità. Questi dischi vengono fuori, così e chi c’è, c’è chi non c’è non c’è. La collaborazione con Shaone ha radici lontane nel tempo, mentre con Speaker Cenzou era una vita che ci dicevamo di fare prima o poi qualcosa insieme. C’è anche Marcello Coleman che conosco da quando avevamo quattordici anni. Abitavamo a cento metri di distanza l’uno dall’altro, ed ero molto amico dei suoi fratelli più grandi Lorenzo e Rosario. Abbiamo passato la gioventù ad ascoltare le stesse cose e a prendere freddo ai giardinetti. Pepp Oh avrebbe voluto fare qualcosa nel disco precedente, ma non ci fu il tempo.

Il disco si conclude con un incursione nel mondo popolare con “La saltarella del Capitone”…
Ogni tanto una tarantella ci vuole. Per almeno quindici vent’anni da “Lavorare Stanca” in poi mi sono abbastanza rifiutato di aderire a questo movimento della gonna lunga, la naccherella e la tammorra in mano, perché non li sopportavo proprio. In questo caso ci azzeccava alla grande perché il matrimonio è una festa popolare.
Anche questa volta Gino Fastidio è arrivato in chiusura e poiché voleva fare un altro intervento, ci siamo inventati “Lost in Miano” che racconta la classica storia dell’invitato che si perde e non riesce ad arrivare alla festa di matrimonio.
Dal vivo suonerete il disco per intero?
Certamente e non penso sia una cosa molto difficile, anche perché siamo riusciti a suonare dal vivo anche alcuni brani di “Capitan Capitone e i Fratelli della Costa” che erano veramente complessi. Ovviamente tutto sarà più semplice se il disco avrà la stessa risposta del precedente e se il pubblico sentirà come suoi anche questi brani nuovi come ha fatto con “Le Range Fellon”, “L’ammore ‘o vero” e “Sanità”. Troveremo ovviamente anche un modo scenico per renderli dal vivo, che sarà come sempre molto cialtrona.
Quali sono i progetti in divenire?
Speriamo di suonare tanto dal vivo con “Capitan Capitone e i Parenti della Sposa” per far girare l’immagine di quella che è una fetta importante della musica della nostra città. Dal canto mio continuerò a suonare con Stefano Bollani e con il mio quintetto con Floriana Cangiano. Tartaglia sembra lanciato verso il futuro e farà una parte di musiche di un film holliwoodiano, ma lui è incapace e quindi lo butteranno fuori dopo le prime tre settimane di lavorazione (ride)...
Daniele Sepe – Capitan Capitone e i Parenti della Sposa (MVM/Goodfellas, 2017)

Salvatore Esposito
Molto bello
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