The Gentle Good – Ruins/Adfeilion (Bubblewrap, 2016)

The Gentle Good, al secolo Gareth Bonello, cantautore di Cardiff, giunge con questo bel disco alla sua quarta opera. Passate pressoché inosservate in Italia le sue opere precedenti, apparse buone (specie il secondo, “Tethered from the Storm”) ma sempre con alcune canzoni più deboli delle altre, e senza le vette espressive che invece contraddistinguono il nuovo “Ruins/Adfeilion” . Il disco è bilingue non solo nel titolo ma anche nel contenuto, diviso fra splendide canzoni in gallese, in inglese e tre strumentali. Non è un concept album nel senso stretto del termine, ma le rovine evocate nel titolo sono i fantasmi del nostro passato con cui bisogna fare i conti o, altrettanto spesso, i nostri legami con la storia, altre volte persino gli ostacoli che impediscono la realizzazione dei nostri progetti. L'album contiene tre strumentali, eseguiti dallo stesso Gareth, uno all'harmonium (un’antica canzone gallese), uno alla chitarra “Un i Sain Ffagan” in cui sfoggia le sue notevoli abilità nel fingerstyle, e uno al pianoforte, abbellito da una piccola e inusuale sezione fiati composta da trombone e corno. Una bellissima voce, la già rimarcata abilità di chitarrista e i suoni insoliti delle consonanti liquide e fricative della lingua gallese sono alcuni degli ingredienti che rendono interessante questo lavoro. Altro elemento caratterizzante è l’uso degli archi, con il Mavron Quartet presente in buona parte delle tracce; poi la presenza dell'arpa, strumento popolarissimo nella cultura gallese, suonata da Georgia Ruth Williams, anche seconda voce in molti brani e l’uso di strumenti piuttosto rari nella popular music come il corno francese. Infine l’impiego di registrazioni di paesaggio sonoro, suoni della natura, uccelli a introdurre e sfumare in alcuni brani. Se volessimo trovare un riferimento tangibile per questo album, il primo che viene alla mente è il disco acustico del doppio di Donovan “A Gift from a Flower to a Garden” (quello che nella versione con i dischi venduti separatamente viene chiamato “For Little Ones”, che si dice fu imposto da Donovan stesso proprio come showcase della sua destrezza alle sei corde): stessa abilità alla chitarra, stessa melodie sognanti, stesso uso di registrazioni di suoni della natura. Ma The Gentle Good è artista originale e sensibile e ha una propria cifra non solo nell’uso della lingua del proprio Paese ma anche per il gusto non comune per la melodia e per il saper confezionare arrangiamenti di grande effetto e gusto. Fra i brani più belli, la ballata “Pen Draw'r Byd”, dove la donna che aspetta il marito disperso in mare inveisce contro il mare stesso, “Suffer the Small Birds”, specie di manifesto politico, un invito ad ascoltare anche le voci delle minoranze, e la cantilenante “Bound for Lampedusa”, dedicata all’isola, in cui arrivano i profughi, gli scampati e i diseredati. La prospettiva è quella di un gruppo di rifugiati che, giunti in un posto di cui non conoscono nemmeno il nome, si interrogano sul proprio futuro. Infine “Y Gwyfyn” dove l'autore si immedesima in una farfalla e dove la parte di chitarra è semplicemente sublime, con un’atmosfera che, complice la somiglianza del timbro della voce, rimanda a alcune cose di Sun Kil Moon. Davvero una bella sorpresa questo “Ruins”, in un panorama dove ormai anche il solo termine “indie-folk” è spesso sinonimo di imbarazzanti rimasticazioni o pallide imitazioni degli originali. 


Gianluca Dessì

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