Voxtra - The Encounter of Vocal Heritage (Muziekpublique, 2016)

#CONSIGLIATOBLOGFOOLK

Musicisti che partono da forti connotazioni territoriali e culturali, ma che sono disponibili a far interagire i loro codici vocali per un dialogo che ricerca un terreno comune. Muziekpublique, l’organizzazione multiculturale che ha portato all’attenzione del pubblico world I musicisti migranti di “Refugees for Refugees”, ha prodotto l’operazione Voxtra, incontro di espressioni canore di tradizione orale che provano a fondersi restando se stesse, senza appiattirsi o diluirsi. Tutti musicisti residenti in Belgio, si ritrovano uno accanto all’altro il canto a tenore e il canto a chiterra dei Tenore de Monte Arvu (Domenico Nanu, Giovanni Carta, Tore, iIvo e Manuela Deledda: gli ultimi tre sono fratelli e sorella), migrati dal nord della Sardegna a Genk, le iso-polifonie albanesi del quartetto Gjini Ensemble (guidato da Gramoz, già in forza all’ensemble Tirana, la dinastia familiare – padre, fratello e figlio – ha in repertorio le forme polivocali a quattro parti Lab, il canto a tre parti dell’area Tosk e quello monodico del nord), il canto joik sami e i runolaula della Karelia (la finlandese Anu Junnonen, che è anche un’apprezzata vocalist jazz), lo stile beko del sud malgascio (Talike Gelle, che padroneggia anche tecniche vocali come lo Gagnaoke, sorta di yodel pigmeo, il percussivo canto di gola), il canto e il recitato del belga Raphael De Cock (kantele, scacciapensieri, voce solista fiamminga e vallone, esperto di canto armonico e membro dei due gruppi, il sardo e l’albanese) con in più l’ausilio percussivo di Robbe Kieckens. È un disco costituto da ventitré tracce, inciso dopo due anni di intense collaborazioni e di concerti. Si parte con “Rangavola/ Tytto Istu Kivellä”, una fusione di canto finnico e malgascio con il sostegno in funzione di basso della vocalità gutturale sarda del tenore. 
Con “Janinës” entriamo nel pieno della magnificenza del canto a bordone albanese di area lab. Tocca poi ai sardi presentare “Ballu Santu Razzolu”, un canto infantile, trasposto per esecuzione a tenore (da notare la ‘boche’ di Manuela, cantatrice di un repertorio che fino a qualche decennio fa era appannaggio esclusivamente maschile). Oltre, le voci si combinano per proporre, ciascuna con il proprio stile, richiami animali o forme di comunicazione a distanza. Sequenze da vertigine dell’avventura canora di Voxtra sono “Läksin minä”, dove i versi del poeta nazionale finlandese Elias Lonnrät si combinano con un canto d’amore albanese, ma soprattutto il sublime “Hasmi zu Vatanë/Ge Zegt/ Heliäpolska”, in cui si incrociano le iso-polifonie del sud dell’Albania, un canto fiammingo, il ritmo di una polska e la compattezza delle voci sarde con la ciliegina canora malgascia. Non meno straordinaria l’interazione che si produce in “Ngreu moj Naze”, quando sulla polifonia del Paese delle aquile si innestano l’improvvisazione dello yodel pigmeo di Talike, gli interventi di Anu, la profondità del basso Ivo Deledda, che sfrutta l’affinità di timbro con il pedale iso, cui si aggiunge il canto di gola tuvano di Raphael. L’esplorazione prosegue con combinazioni di stili, di repertori e di timbri. Qualche innesto strumentale, ma sono le voci nude a trionfare negli attraversamenti dal nord iperboreo, attraverso la pluralità culturale belga gli eccezionali patrimoni immateriali del Mediterraneo, fino agli altipiani dell’isola dell’Oceano Indiano. Sperimentazioni tradizionali. 


Ciro De Rosa

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