Premio Fabrizio De Andrè 2016, Auditorium Parco della Musica, Roma, 1 Dicembre 2016

La XV edizione del Premio Fabrizio De André si è conclusa la scorsa settimana, in una finale tutta concentrata nella serata di giovedì 1° dicembre. Abbandonata, fin dalla scorsa edizione, la piazza del periferico quartiere della Magliana intitolata al grande cantautore genovese, il clima che circonda il palco nella serata finale è certamente cambiato, soprattutto rispetto al tipo di pubblico (un piccolo sondaggio finale di Dori Ghezzi tra le poltrone individua solo due persone di quel quartiere lontano), anche quest’anno l’organizzazione, con la collaborazione di iCompany di Massimo Bonelli, offre un'accogliente sala dell’Auditorium Parco della Musica di Roma a ospitare il concorso canoro. I contorni cambiano, ma la qualità della manifestazione rimane solida. La direzione artistica di Luisa Melis e Massimo Cotto porta in scena tredici cantautori di ottimo livello, e così pure i premi assegnati alle altre forme espressive come la poesia e la pittura fanno emergere personaggi decisamente interessanti. L'apertura della serata è affidata al co-vincitore della XIV edizione Marco Greco, con la sua Sconosciuti che conquistò la precedente giuria. 
Solo dopo la musica arrivano le parole, quelle del presentatore di quest'anno Carlo Massarini, giornalista musicale dei più autorevoli, davvero una parte di storia per il mondo della canzone; è da solo, perché al suo fianco sarebbe dovuto esserci Enrico Silvestrin, purtroppo influenzato. Ma è subito tempo di gara. Il presentatore introduce il primo concorrente: è la Massimo Francescon Band che presenta “Sognando la rivoluzione”, una ninna nanna drammatica, tragica, persino, portata però per contrasto da un tempo sereno, morbido e ritmato. Prima di procedere con la gara, Massarini presenta la giuria, presieduta come sempre a Dori Ghezzi, che con la Fondazione Fabrizio De Andrè patrocina il Premio, e poi tutti i nomi presenti in sala, da Ernesto Bassignano a Edoardo De Angelis, da Claudio Agostoni a Vincent Messina. Sale quindi sul palco il gruppo “I treni non portano qui” con Walter White, canzone molto ironica e musicalmente assai gradevole, con un bel violino a cantare e al basso, piccola chicca, il chitarrista dei Blindur, gruppo co-vincitore della scorsa edizione. 
Li seguono Vito e le Orchestrine: lui, Vito, figlio di pastori (padre e madre, ci tiene a sottolineare, ma lui siciliano e lei sarda), insieme con “le Orchestrine” (chitarra e violino) Susanna e Arianna, canta e recita “Ho paura”, un invito ad aprirsi al mondo superando i timori delle diversità umane. Li segue il gruppo grossetano che Massarini definisce indie-rock, gli Efuza, davvero molto giovani (il più “vecchio” ha diciannove anni), che cantano “Montecristo”. È quindi la volta di Rosso Petrolio, un giovane dalla solida preparazione musicale (da Santa Cecilia alla London Music School alle Officine Pasolini), che si sta facendo notare ovunque, quest'anno, essendo già arrivato in finale a Botteghe d'Autore, L'artista non c'era e Musica Controcorrente, presentando di volta in volta piccoli gioielli di chitarra e voce come quello di stasera: si chiama “Riflessioni sullo schermo del computer”, un fingerpicking serrato e leggero e un testo brillante da assaporare verso dopo verso; a parere di chi scrive, in assoluto una delle personalità più interessanti nell'attuale vivaio della nostra canzone d'autore. E molto interessanti sono pure I Profugy, gruppo campano che si affaccia ora alla scena cantautorale con un certo successo (anche loro finalisti a Botteghe d’Autore, ma anche Arezzo Wave), 
e la loro canzone “Nun da' retta”, lento ballabile che racconta un po’ di malinconica tristezza ma che si sostiene con la musica lieve e consolatrice, è davvero ben fatta. Ancora band in gara: I Pupi di Surfaro sono un gruppo di Caltanissetta, che si presenta di fronte al pubblico con “Li me’ paroli”, brano di forte presenza artistica, fatto di ritmo declamato e voce stentorea. Bravi tutti, e molto ben affiatati il cantante e il batterista, che insieme legano l’intensità delle parole (“Li me’ paroli son bombe!, bombe!”) a una forza ritmica cui restano inesorabilmente attaccate. Li segue il gruppo Isole Minori Settime con un brano che gioca con il passato, dal gradevole gusto retrò, cantabile e leggero: “Non cambiare traccia”. È quindi il turno di Emanuele Ammendola: lui, con il suo contrabbasso elettrico, presenta un brano jazzato, molto sofisticato, “Saglie”: bei suoni e un ritmo affidato a batteria e percussioni; è un brano complesso, variegato, di notevole spessore artistico. Una parentesi particolare viene dedicata al contest promosso da Repubblica.it tra i suoi lettori, che ha visto vincere una dei finalisti, Nunzia Carrozza: il brano che ha conquistato i votanti del sito, oltre che le giurie del Premio, si chiama “Filastrocca”, ed è certo di fattura elegante e raffinata, ma insieme facile all’ascolto. Il concorrente successivo è Livio Livrea con un brano molto dolce, “Nonostante tutto”.
Arrivano quindi i Tamuna, band palermitana che è già una realtà nel mondo della musica italiana e non solo: il loro “woodrock”, “rock di legno”, come loro stessi lo definiscono per via della prevalenza acustica dei suoni, ha ben presto superato i confini nazionali. Da noi si sono fatti valere al festival di world music Premio Andrea Parodi, assicurandosi il Premio della Critica e quello per i Migliori Interpreti, e ora sono qui con “Accussì”, un bel pezzo d'atmosfera, pop elegante e un po’ d’antan, ben suonato e ben cantato. Ultima concorrente a esibirsi è Samuela Schilirò, che con un rock dal titolo “Niente che non sia tutto”. Mentre la giuria è al lavoro, vengono consegnati altri premi. Quello per la Sezione Poesia è stato conquistato da Teo Manzo con i versi di “Il parere degli zitti”. Molto interessante sottolineare che Teo Manzo è un cantautore (e finalista, in quella veste, in altri Premi), ad avvalorare l’importanza dei testi nei suoi lavori musicali. Ancora, il Premio Pittura, dedicato ad artisti invitati a rappresentare una canzone di Fabrizio De Andrè, viene consegnato a Luca Pontassuglia. 
Di grande successo è l’esibizione del rapper nostrano Clementino, che riceve qui il Premio per la Reinterpretazione dell’opera di Fabrizio grazie alla sua versione di “Don Raffaè”, mentre il Premio alla Carriera di quest’anno è per i Negrita, che scelgono un set acustico di chitarre e armonica a bocca per cantare due loro successi, “Ho imparato a sognare” e “Rotolando verso Sud”. Finalmente, viene letto il nome del vincitore: è la band dei Tamuna. Dori Ghezzi la invita sul palco a ricevere il premio e a reinterpretare il bano vincitore, ma anche un altro a loro scelta: si rivelano qui ancora di più una band completa, proponendo un pezzo molto diverso da quello in gara, più ritmato – vero woodrock, in effetti – che riesce a coinvolgere il pubblico con una bella energia e inventando un finale davvero degno per questa chiusura del sipario.


Alessia Pistolini

Foto Musacchio/Ianniello

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