Jon Boden – Painted Lady (Navigator/Proper, 2016)

Ristampa del primo disco del cantante di Winchester, già cantante e fondatore, insieme al suo partner musicale di quindici anni John Spiers, di quella gioiosa macchina da guerra che erano i Bellowhead, singolare e numerosa formazione che più di ogni altra ha dato al folk inglese nuova linfa e, finalmente, grazie all'energia sprigionata nei loro concerti, ha guadagnato l'attenzione di un pubblico giovane. In attesa di un nuovo lavoro con materiale inedito, la Navigator per celebrarne i dieci anni (e per promuovere il primo tour solo dell'artista), rimette in circolazione il primo lavoro di Jon Boden, che all'epoca passò quasi inosservato causa la contemporanea esplosione della band con il loro primo disco “Burlesque”. L'opera prima di questa figura preminente della musica del nuovo millennio è un disco di canzoni che poco o nulla c'entrano con il folk, dodici brani tutti usciti dalla penna di Boden, il quale è anche l'unico musicista presente nel disco: infatti, violino, chitarre, contrabbasso, tastiere, percussioni, concertina sono interamente appannaggio di Jon. L'album ha un suo leitmotiv, che è quello dell'amore e della morte, ma tutto è talmente leggero che raramente si avverte la sensazione di cupa oppressione che dovrebbe accompagnare l'argomento. Nella re-issue compaiono anche tre brani inediti, fra cui una rispettosa cover acustica di “I Wanna Dance with Somebody” di Whitney Houston. Boden è personaggio poliedrico: ottimo cantante, violinista (e spesso anche le due cose contemporaneamente), arrangiatore, ma anche operatore culturale, folklorista (brillantissima l'idea di “A Folk-song a Day”, che gli ha permesso di mettere insieme e cantare 365 canzoni e raccoglierle in dodici album “virtuali” disponibili in rete), compositore di musiche per il teatro, anche shakespeariano, e in questo “Painted Lady” fa un'eccelsa figura anche come autore. 
Il disco, di indubbio valore, come meraviglioso sarà l'apocalittico “Songs from the Flood” uscito qualche anno dopo, mostra già la grande personalità di Boden, eccellente cantante, versatile compositore e arrangiatore di gran gusto: il disco spazia dalla canzone pop (“Josephine”), al rock contemporaneo (“Pocketful of Mud”), alla ballata di ispirazione folk (“Blue Dress”), al country (“True Love”), senza mai mostrare segni di approssimazione o stanchezza, e suona fresco come dieci anni fa. Fra i brani, tutti belli, assolutamente degni di menzione la raffinatissima “Ophelia”, l'iniziale “Get a Little Something for Me” dall'andamento blues con banjo e contrabbasso in evidenza, e le due bonus-tracks, “All Hang Down”, che uscì come singolo, e “Old Brown's Daughter” che mostra anche l'abilità di Boden alla chitarra acustica. Un lavoro decisamente da (ri)scoprire, e molto più interessante da ascoltare oggi, dieci anni dopo la sua incisione, per rivalutare un'altra faccia, quella più lirica e introspettiva, rispetto all'ostentata teatralità dei (bellissimi, peraltro) lavori con i Bellowhead, soprattutto perchè, sciolta la band, Jon Boden oggi è soprattutto questo: un solista. 


Gianluca Dessì

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