John Renbourn & Wizz Jones – Joint Control (Riverboat Records, 2016)

Era stata la raccolta “The Attic Tapes”, uscita nell’autunno dello scorso anno, a dare il via alle celebrazioni postume di John Renbourn, uno dei chitarristi più influenti non solo nella storia del revival anglosassone, ma in quella dello strumento in generale. “Attic Tapes”, conteneva una serie di registrazioni inedite, per lo più risalenti alla metà degli anni '60, di materiale in buona parte già presente nelle registrazioni dello sterminato catalogo renbourniano (faceva eccezione una più recente registrazione di un duetto con Davy Graham, nel classico “Nobody Wants you When You’re Down and Out”, semplicemente meravigliosa). Invece, “Joint Control”, largamente pubblicizzato come l’ultimo lavoro di Renbourn, è un disco, prevalentemente live, del musicista inglese, scomparso nel marzo 2015, insieme a Wizz Jones, altro mito del chitarrismo anglosassone, fingerpicker (classe 1939!) dallo stile percussivo che molto deve a ragtime e blues, e cantante dalla voce gentile, in perenne contrasto con la sua funambolica tecnica strumentale. Wizz è giustamente considerato il caposcuola del blues acustico inglese, venerato da artisti come Keith Richards, Eric Clapton e Rod Stewart e ammirato persino da Springsteen, che ha eseguito dal vivo la sua “When I Leave Berlin”. La prematura scomparsa del chitarrista fondatore dei Pentangle, ha interrotto il progetto di un disco in studio in duo, già in fase di stesura e dei cui provini il CD conserva tre brani, “Hey Hey” di Big Bill Broonzy, “Fresh as a Sweet Sunday Morning” e “Joint Control”, brani di Bert Jansch, il secondo dei quali eseguito magnificamente dal solo Renbourn e non ascoltabile in alcun disco ufficiale del chitarrista di Glasgow, ma presente nella compilation “Live in Edinburgh 1962/64”. 
E Bert, compagno di avventura nei Pentangle di Renbourn, e grande ammiratore di Wizz Jones, che amava definire «the most underrated guitarist ever », è rappresentato anche dall’inno hippie “Strolling down the Highway” cantato, come “Fresh...” dallo stesso Wizz. Il disco è bello, in alcuni momenti bellissimo, testimonianza di come i due amassero esibirsi insieme; infatti Renbourn aveva da qualche tempo circoscritto la propria attività live ai soli tour con Jones, per godersi il suo ‘buen retiro’ scozzese, dove alternava lo studio della musica (Renbourn era un maniaco della trascrizione) alla pesca. Il repertorio è per lo più blues, con omaggi a Big Bill Broonzy, a Mose Allison e persino a Bob Dylan, la “Buckets of Rain”, già incisa da Renbourn nel 1980 in “Early in the Spring”, disco inciso in Giappone e poco conosciuto, ma che anticipava (in studio) il repertorio live di Renbourn nelle due decadi successive, repertorio qui rappresentato da “Great Dream From Heaven”, del chitarrista delle Bahamas Joseph Spence. Non c’è niente del periodo folk-baroque e dei dischi ‘colti’ come “The Black Balloon” e “Nine Maidens” e, ancora meno del folk-revival britannico (no “Lord Franklin”, no “John Barleycorn” per intenderci...), e in buona parte dell’album, la chitarra di John serve da ‘countermelody’ alla voce del chitarrista di Croydon. Unico richiamo alla grande stagione del folk britannico sono le cover di Archie Fisher “Mountain Rain” e l'immancabile “Blues Run the Game” di J.C.Frank (che britannico non era, ma che a Londra ha vissuto la sua breve stagione creativa). 
Il momento migliore del disco, almeno fra i brani live è la versione del brano “National Seven”, già incisa da Renbourn nel suo primo, eponimo album e da Wizz Jones nel bellissimo “The Legendary Me”, qui, cantata da Jones, perde forse la sua connotazione bluesy, ma l'intreccio delle chitarre è davvero impressionante. Le registrazioni live, tratte dai tour del 2014 e del 2015, consegnano all'ascoltatore due musicisti in gran forma, ma sono le tracce in studio, provini di un album che sarebbe potuto essere addirittura sontuoso, a far immaginare come la parabola di questa leggenda del folk fosse lontana dall'esaurirsi. Il destino ha purtroppo deciso diversamente: proprio durante il tour immortalato nella registrazione, il 26 marzo 2015, Renbourn è mancato nel sonno. Lo scorso 22 settembre la Cecil Sharp House, tempio londinese del folk, ha dedicato a Renborn una serata-tributo (andata sold-out già dalla prevendita) che ha visto l'esibizione, fra gli altri dello stesso Wizz Jones, e di Jacqui McShee, che dei Pentangle è stata vocalist anche dopo l'abbandono di John, e che è attesa a giorni da un tour italiano in venue prestigiose. Inoltre, il 9 ottobre uscirà “Finale”, doppio CD che racchiude registrazioni live tratte del reunion tour del 2008. Questo va ad aggiungersi alla meritoria serie di ristampe e di divulgazione di materiale inedito che la Earth Recording sta dedicando a Bert Jansch. 


Gianluca Dessì

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