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Figlia di diplomatici maliani ed appartenente all’etnia di guerrieri dei Bamana, Rokia Traoré ha vissuto a lungo tra gli Stati Uniti e l’Europa dove ha studiato sociologia, prima di intraprendere la carriera musicale, grazie all’incontro con Ali Farka Touré, che ne scoprì il suo incredibile talento vocale. Coniugando le radici della musica africana con echi di rock, pop, jazz ed elettronica, la cantante e polistrumentista maliana ha dato forma ad un approccio stilistico originale, che ha rappresentato la base di partenza per un percorso artistico straordinario, culminato nel 2013 con la pubblicazione dello splendido “Beautiful Africa”, definito da UNCUT come il punto più alto della sua carriera. A distanza di tre anni da quest’ultimo, che aveva segnato l’abbandono del Mali a causa della guerra civile, la Traorè torna con “Ne So”, nuovo album in studio, dal titolo eloquente (in lingua bambara vuol dire “a casa”) con il quale ha voluto raccontare il ritorno nella sua terra natale, il desiderio di riappropriarsi delle proprie radici, ma anche il dolore e le cicatrici lasciate dal conflitto etnico. Concepito in una Bamako ormai pacificata dopo le elezioni presidenziali del 2013, il disco è stato registrato fra Bristol e Bruxelles, e riprende la collaudata formula del precedente, riproponendo John Parish alla produzione, il nostro Stefano Pilia alla chitarra e l’immancabile Mamah Diabaté allo n'goni. Peculiare caratteristica delle cantante maliana è quella di saper raccogliere intorno a sé musicisti dal diverso background musicale, con lo scopo di imprimere una calligrafia universale alla sua musica, ed in questo senso fondamentali ci sembrano i vari ospiti che impreziosiscono il disco, come il chitarrista Rodriguez Wangama, l'ex Led Zeppelin John Paul Jones al basso e al mandolino, il cantautore americano Devendra Banhart, il batterista del Burkina Faso Moïse Ouatara, il bassista ivoriano Matthieu N'Guessan, ma soprattutto il premio Nobel per la Letteratura Toni Morrison, presente nelle vesti di autrice e voce recitante. Come in “Beautiful Africa”, Parish non ha snaturato la cifra artistica della cantante maliana, ha ha spostato il confine della ricerca sonora più avanti, verso atmosfere più intime ed introspettive che esaltano l’intensità della voce della Traorè. Ad aprire il disco è l’afro pop di “Tu Voles”, brano cantato in francese e caratterizzato da una progressione ritmica e melodica trascinante. Si prosegue prima con la superba “Obikè”, in cui la trama chitarristica si fa più serrata, e poi con quel gioiello che è la ritmata “Kènia” in cui spicca il verso “Qualsiasi obiettivo deve avere una ragione/Qualsiasi successo è frutto di una ragione/Qualsiasi fallimento è frutto di un obiettivo senza ragione”. Se “Amour” si caratterizza per la sua sinuosa linea melodica, “Maye” e “Ile” sono l’occasione per apprezzare tutta l’intensità del cantato della Traorè. Il sofferto funk di “Ô Niélé” ci schiude le porte verso alla seconda parte del disco con la trama acustica di “Kolakani”, la malinconica rilettura di “Strage Fruit” dal repertorio di Billie Holliday, e la title-track, dedicata ai cinque milioni e mezzo di profughi che sono stati costretti a fuggire dalla loro terra natale. Chiude il disco l’anthem “Sé Dan” costruita sul dialogo tra la chitarra di Devendra Banhart ed il mandolino di John Paul Jones, ed impreziosita dalla voce narrante di Toni Morrison. “Né So” è, dunque, un disco di rara intensità, che si candida ad essere uno dei lavori più belli di quest’anno.
Salvatore Esposito
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