Il musicista originario di A Coruña, dove è nato nel 1969, ex membro dello storico gruppo dei Berrogüetto, è cantante, profondo conoscitore del patrimonio popolare orale gallego, fisarmonicista, ma soprattutto percussionista (pandeiro, adufe, bombo). Xabier Díaz ha scelto un titolo accattivante per il suo nuovo album, inciso con voci e percussioni delle Adufeiras de Salitre (undici elementi, già sue allieve, che suonano l’adufe, un tamburo a cornice di forma quadrangolare) e in compagnia di Gutier Álvarez (ghironda e violino) e Javier Álvarez (organetto diatonico). Impianto sostanziale di canto e percussioni per rivisitare temi della tradizione della Galizia, con allargamento degli orizzonti sonori in un dialogo costante con i collaboratori, che danno un’impronta, per così dire, iberica più ampia: dal conterraneo José Manuel Budiño (gaita) ad Aleix Tobias (percussioni), da Alfonso Merino (violino) a Fernando Barroso (cavaquinho e mandola), fino al celebre compositore basco Kepa Junkera al trikitixa, che ci mette la sua maestria in “Jostunen Pasodoblea”. Díaz si presenta con un lavoro capace di coniugare la potenza espressiva delle percussioni con una voce calda e una congrega di strumentisti e vocalist dall’immancabile appeal mediatico, visto che da qualche tempo le percussioni nord iberiche, pandeiro in primis, sono assurte ad icona identitaria locale. La squadra punta in alto, e con successo se ne esce con un disco ben suonato (undici temi galleghi e uno castigliano); nelle trame tessute compaiono episodi che spiccano per espressività strumentale corale e momenti più levigati. Altrove, a prevalere è l’immediatezza ritmica affidata alle sole ugole e alle pelli.
Ciro De Rosa
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