
“Cypriana” nasce in occasione della celebrazione del cinquantesimo anniversario dell’indipendenza di Cipro dall’occupazione inglese. Come ha preso vita l’idea di questo album?


Rispetto alle tue produzioni precedenti, qual è la vera novità racchiusa in questo disco?
L’ulteriore rafforzamento in me dell’idea che il jazz è, e deve rimanere musica libera. Questa libertà è enorme e permette di creare sempre cose nuove pur nell’ambito delle proprie emozioni e scelte stilistiche o tecniche-compositive. Nella mia musica esprimo me stesso e la mia storia musicale, intellettuale e socio-politica. Se esiste un mercato del jazz, non ho mai seguito e non seguo ciò che esso richiede. Ho un atteggiamento forse eccessivamente solipsista e antico, ma non mi piace fare quello che mi si impone di fare, piuttosto ho sempre preferito creare quello che considero più utile in un’ottica di comunicazione positiva. In definitiva la vera novità di questo progetto è essere sempre più me stesso

Yiannis Miralis mi ha inviato del materiale popolare cipriota, alcuni canti, danze (per lo più syrtaki di ovvia influenza greca) e testi poetici. Maria Luisa Bigai, attrice e regista di grandi capacità, ha realizzato una drammaturgia utilizzando anche articoli, lettere tra poeti greco-ciprioti e italiani, scritti negli anni di resistenza. Poi ho mescolato emozionalità, testi, ricerca tecnico-musicologica e processi compositivo-formali per ottenere un qualcosa che mi riguardasse e che conferma quello espresso prima. La mia storia che non è solo jazz, non può esserlo, non sono americano, sono un cittadino del meridione con storiche influenze culturali greche, romane, arabe, spagnole, francesi e dal 1861 anche italiane ovviamente.
L’architettura sonora del disco si regge su un grande ensemble che affianca una voce solista, una narrante, un ensemble misto jazz e tradizionale e un coro. Come hai selezionato i vari strumentisti?
Mi piace trattare timbri collettivi, quindi mi piacciono i grandi organici. Adoro la musica vocale, anche aver lavorato a lungo con un coro, e sono sempre stimolato dalla commistione di generi, stili e discipline artistiche che siano esse letterarie, poetiche, coreutiche, pittoriche o digitali.

L’orchestrazione nasce dall’esigenza di proporre la tradizione non come momento museale di auto rappresentazione, e ciò questo riguarda non solo la musica tradizionale ma anche lo stesso jazz. Come coniugare un solo di Lira calabrese su una ritmica rock in 9/8? O una danza tradizionale cipriota con un piccolo corale che potrebbe definirsi di ispirazione barocca? Un coro da stadio con una tarantella calabrese? Una sottile linea vocale melodica con “soli”di chiara impronta free anni settanta? Bene, non ne ho idea perché la risposta dovrebbe essere collettiva di tutti coloro che hanno partecipato, e la stessa Conduction presente nel disco ne è una prova Come può magicamente assumere struttura formale esteticamente difendibile una improvvisazione collettiva guidata? Solo dalla risposta emotiva degli stessi artisti presenti. Da vent’anni pratico la conduction e sono sempre meravigliato e affascinato dal risultato. Questo non è solo merito della chironomia del conductor, ma collettivo, di chi ci partecipa. Io, in quanto conductor, sono soltanto un ottimizzatore di creatività già presente nel collettivo. Dirò una ovvietà, ma in questo periodo storico dove tutto è liquido e spesso falso, credere veramente in quello che artisticamente si fa rende viva la comunicazione e ne dà spessore estetico.
Il live è da riabilitare, preferisco imperfezioni esecutive ma vive, vere, piuttosto che la perfetta ma ingessata registrazione in studio. La tecnologia aiuta, ma non deve sopraffare e falsificare il prodotto finale, ancor più nel jazz e nella musica improvvisata dove spesso è proprio l’apparente errore che ti sposta in una direzione semmai inesplorata, densa di difficoltà ma anche stimolante, in cui solo la tua umanità può darne un senso, e non la tecnica come strada maestra e conosciuta.
Quali sono state difficoltà che hai incontrato nella fase realizzativa?
La mia cosmica lentezza e i soliti mille piccoli intoppi burocratici. Sono più veloce nella parte creativa che in quella realizzativa. Scrivere musica mi piace, coinvolgere altri colleghi in una idea anche, suonare, dirigere e provare pure. I passi successivi sono per me complicati, cioè veicolare il mio prodotto. In Italia, nel mondo del jazz, non esiste il concetto di “agenzia di spettacolo”, quelle che ci sono svolgono essenzialmente attività di segreteria organizzativa per progetti o musicisti che già da soli producono “economia”.

Venendo più direttamente al disco. Quali riflessi dell’attuale situazione politica di Cipro, contesa tra Turchia e Grecia, è possibile percepire nelle tue composizioni?
La voglia di esclamare: “io esisto!”. Non è solo la contesa turco-cipriota il problema di Cipro, ma anche, e forse soprattutto, l’essere riconosciuti come facenti parte di una comunità più ampia, pur essendo una periferia. Pensiamo all’Italia, il sud (periferia d’Europa) chiede più stato, il nord meno e addirittura autonomia. Il sud lo chiede per ottenere un riconoscimento che passa attraverso l’attenzione che un potere centrale dà ad un territorio. Il nord pensa che i suoi poteri locali sono sufficienti grazie alla sua apparente forza e centralità in quanto non confine. Questo strano paradosso, non so come, attraversa la mia musica. Estremizzare le sensazioni, le emozioni, cambiare direzione improvvisamente, tentare di evitare ciò che è ovvio e scontato, e tutto nel tentativo di gridare e comunicare: “io esisto!”.
Dal punto di vista prettamente musicale, quali sono i riferimenti a livello compositivo e stilistico che hanno caratterizzato il suono del disco?
Non ho mai avuto riferimenti precisi o di ricerca tecnica-filologica verso altri compositori. Posso solo dire che mi piace essere l’ascoltatore qualunque di tanta musica, poi lascio in autonomia la parte del mio cervello meno razionale per conservarne i ricordi, le esperienze, che quando meno ti aspetti escono fuori. Se poi proprio devo citarne alcuni, e sarei scontatissimo, direi Gil Evans, Mingus, Bach, Malher, Schneider eccetera…
Assolutamente no, ma ci spero. Muovere tanti artisti è complicato, mi basta fare un paio di concerti l’anno con un progetto del genere per gridare al miracolo, poi non si sa mai…
Quali sono i progetti a cui stai lavorando e quelli futuri?
Dopo anni di progettoni orchestrali, credo di essere diventato abbastanza vecchio da pensare ad un piccolo ensemble, e poi riprenderei volentieri un’opera, scritta ed eseguita un po’ di anni fa, per orchestra sinfonica, voci recitanti e improvvisatori intitolata “Storie Tessute”, su testi di Bice Foà e articoli tratti dalle leggi razziali fasciste del 1938. Giusto per non dimenticare.
Nicola Pisani – Cypriana (Autoprodotto, 2015)

Per la sua particolare posizione geografica, Cipro ha da sempre avuto una grande importanza strategica nel controllo dell’area orientale del Mar Mediterraneo, e a dimostrarlo c’è la sua storia travagliata passata attraverso il controllo da parte della Repubblica di Venezia, il dominio degli Ottomani e quello Inglese, terminato nel 1959 con il trattato di Zurigo che ne decretò l’indipendenza dalla corona britannica. Se la strada verso la libertà per il popolo cipriota era stata caratterizzata da una feroce repressione da parte degli inglesi, la nuova stagione da repubblica indipendente nacque macchiata da un colpo di stato della maggioranza etnica greca che causò prima l’intervento militare da parte della Turchia, e successivamente la nascita della Repubblica di Cipro del Nord che, de jure e de facto, ha diviso in due distinte nazioni l’isola, con l’area settentrionale sotto il controllo diretto di Ankara. In occasione delle celebrazioni per il Cinquantesimo anniversario della nascita della Repubblica di Cipro e per ricordare i tragici fatti che ne decretarono l’indipendenza, il sassofonista e compositore pugliese Nicola Pisani traendo spunto da un’idea di Yiannis Miralis, docente presso il Dipartimento delle Arti/Musica dell'Università Europea di Cipro, ha dato vita al progetto “Cypriana”, complessa quanto affascinante partitura in cinque movimenti, basata su temi musicali della tradizione cipriota, opportunamente ricontestualizzati in un tessuto sonoro contemporaneo con l’aggiunta di una selezione di testi di poeti greci e ciprioti elaborati in una drammaturgia vocale dall’attrice e regista Maria Luisa Bigai. Realizzato con la collaborazione del Ministero della Cultura e dell'Educazione di Cipro, del Dipartimento delle Arti dell'Università Europea di Cipro, del Liceo Musicale di Cipro, del Progetto Erasmus, del Municipio di Strovolos, nonché del Conservatorio di Musica "S. Giacomantonio" di Cosenza, questa partitura ha debuttato ufficialmente dal vivo nel marzo del 2011 presso il Teatro Municipale di Strovolos/Nicosia, e ha visto protagonisti sul palco un ensemble di circa cinquanta elementi diretti dallo stesso Pisani e composto da una orchestra formata da musicisti calabresi e ciprioti, dal coro "Cantus Vitae" diretto da Giuseppina Conti, Maria Luisa Bigai, (voce narrante e recitante), Erica Gagliardi (voce solista), e Marco Sannini (tromba e flicorno). Dopo alcune repliche in Italia tra il 2011 e il 2012, “Cypriana” quest’anno è diventata finalmente anche un disco che raccoglie le registrazioni del concerto tenuto il 1 ottobre 2012 presso l’Aula Magna dell’Università “La Sapienza” di Roma. L’ascolto svela un lavoro di alto spessore musicale nel quale coro, jazz ensemble e strumenti tradizionali, come oud e bouzouki, si incontrano dando vita ad architetture sonore dalla notevole forza evocativa, frutto di una cura meticolosa di ritmo, melodia ed armonia, ma soprattutto di un straordinaria alchimia tra le diverse anime artistiche e i talenti che caratterizzano l’ensemble diretto da Pisani. I cinque movimenti, nel loro insieme, mescolano spaccati cantabili, esplosive improvvisazioni e momenti riflessivi di introspezione, componendo un affresco sonoro di grande bellezza nel quale convivono la tradizione cipriota e la musica contemporanea, il jazz delle big band e la letteratura. Ad aprire il disco è “Thalasses” nella quale le speziature ritmiche orientali fanno da sfondo al dialogo tra il coro e pianoforte, evocando l’incontro tra culture differenti che da sempre ha caratterizzato l’isola di Cipro e il mare che la circonda. Si prosegue con la virata verso la musica contemporanea con “Conduction n. 52” nella quale il dialogo tra orchesta e coro fa da sfondo alla storia di un patriota cipriota ribelle, recitata magistralmente dalla Bigai. Se “Insulae” propone un sorprendente excursus che parte dai suoni e ritmi del Mediterraneo, passa attraverso il funk ed approda alle sonorità balcaniche suggellato da un superbo assolo di tromba di Marco Sanni, la successiva “Cypriot Popular Song” ci conduce nel cuore della tradizione cipriota con protagonisti la lira calabrese di Piero Gallina e l´oud di Andreas Christodoulou. In chiusura arriva “Musiki” che mescola parti recitate in italiano e greco, per concludersi con un finale denso di lirismo in cui spiccano i soli di tromba, violino e oud.