Officina Zoè - Mamma sirena (Anima Mundi Musica/Goodfellas, 2015)


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Storico gruppo della rinascita della tradizione musicale salentina, Officina Zoè vanta un percorso artistico di alto profilo non solo per l’attività discografica, ma anche per quella concertistica tanto in Italia quanto all’estero, come dimostra il successo del progetto “Taranta Nera” che li protagonisti di un lungo tour nel corso del quale si sono confrontati sul palco con Baba Sissoko, Mamani Keita, Sourakhata Dioubate, tre eccellenti musicisti subsahariani, con i quali ha sviluppato un dialogo che parte dal Salento e arriva nel Mali facendo emergere sorprendenti convergenze tra queste due mondi musicali solo in apparenza differenti. A distanza di due anni, li ritroviamo con “Mamma Sirena”, un concept album dedicato al mare nel quale si intrecciano storie di sirene, pescatori, esploratori e sognatori che hanno attraversato il Mediterraneo unendo culture, e tradizioni differenti. Abbiamo intervistato l’organettista e compositore Donatello Pisanello e la cantante Cinzia Marzo, con i quali siamo andati alla scoperta delle fasi di lavorazione del disco, delle ispirazioni e della costruzione dei brani che lo compongono.

Com’è nata l’idea di realizzare un concept album legato al tema del mare?
Donatello Pisanello - Era molto tempo che non pubblicavamo un disco in studio e avevamo l’esigenza di cristallizzare un lavoro di ricerca durato alcuni anni e svolto parallelamente all’attività concertistica. La scelta del mare come tema centrale del disco, è stata quasi naturale, perché abbiamo il nostro primo album si intitolava “Terra” e con questo ultimo lavoro abbiamo cercato di esplorare cosa c’era immediatamente dopo, ovvero il mare. Se consideriamo bene, la nostra terra, il Salento, è quasi interamente circondata dal mare, tanto che sembra quasi un’isola. Il mare, dunque, ricama il nostro umore in relazione al suo stato, e così abbiamo sentito l’esigenza di riscoprire questa dimensione. Il mare è stato ed è ancora una via di comunicazione importante non solo per lo scambio delle merci, ma anche di incontri tra popolazioni e culture differenti. E’ nata, così, l’idea di questo album dai tratti femminili in cui raccogliere i brani tradizionali che in qualche modo riguardassero il mare, o rimandassero alle storie di quanti lo hanno vissuto. 

Cinzia Marzo - Come diceva Donatello, il Salento è una lingua di terra circondata dal mare, ma nonostante ciò nella sua tradizione musicale si sono conservati pochissimi canti che lo riguardano, e forse perché dall’acqua sono arrivati nel corso dei secoli attacchi, invasioni, incursioni, tanto che la popolazione si è spinta sempre più verso l’entroterra. Nella nostra tradizione è molto più facile trovare canti che parlano di grano, trainieri, campi da coltivare, piuttosto che canti legati al tema del mare, e quindi ho deciso di andare a ricercarli. Non è stato affatto facile, infatti più che trovare canti dedicati ai pescatori, ho dovuto allargare il raggio d’azione più in generale anche verso i canti d’amore e le storie. 

Com’è stato ritrovarsi in studio con Officina Zoè, dopo due dischi dal vivo e a quasi sei anni da “Maledetti Guai”…
Donatello Pisanello - Parallelamente ai due album dal vivo, abbiamo cominciato a lavorare al nuovo disco ed in questo caso c’è stata una ampia ricerca di Cinzia Marzo che ha provveduto, in questi anni, a fare una selezione dei materiale, delle canzoni su quello che era la sensibilità popolare verso il mare e a ricucire in modo molto lodevole per quello che ho potuto costatare i vari testi tradizionali aggiungendovi anche qualcosa di suo. Qualche brano originale come il brano che da il nome al disco. Il fatto che sia stata lei a scegliere le canzoni con la sua sensibilità, fa si che questo sia un disco molto femminile già dal titolo, si avverte la sensibilità femminile. 

Quali sono le differenze sostanziali rispetto ai precedenti lavori discografici?
Cinzia Marzo - “Mamma Sirena” è un viaggio emozionale intimo, diverso rispetto alla riproposta di “Santu Paulu” o ancora dal disco precedente “Maledetti Guai”. E’ un lavoro sulla musica, slegato dalla politica e dall’attualità. In questo momento lasciamo ad altri parlare di politica attraverso lo spettacolo. Questo disco si riallaccia ad importante lavoro di recupero della marineria tradizionale e dei porti che diventano marine private. Attraverso l’associazione e con varie battaglie legali con Marina Italia siamo riusciti a preservare il porto di Tricase come approdo libero, una cosa molto difficile di questi tempi.

Come si è indirizzato il vostro lavoro nella scelta dei brani da inserire nel disco? 
Cinzia Marzo - Il mio punto di partenza è stata la citazione del verso “Mamma sirena, mamma sirena, allenta sta catena” scoperto in un libro di Turchini sul Tarantismo, e che rimandava ad una favola, divenuta il vero spunto per andare più a fondo nella ricerca. Ne è nato un percorso interiore su un tema come quello del mare di cui non è rimasto quasi nulla, se no vaghe tracce nel brindisino. Insomma, qualcosa di diverso rispetto a temi come il lavoro che caratterizzano i canti tradizionali salentini. Siamo andata alla riscoperta di quel legame più profondo con Afrodite, la Mamma Sirena, la Dea Madre, e certamente più antico rispetto a quello con Santu Paulu, al quale non dobbiamo chiedere comunque alcuna grazia essendo più un colpevole che un salvatore.

Quali sono le difficoltà che avete incontrato nella scelta dei brani tradizionali?
Cinzia Marzo - Non è stato semplice trovare canti tradizionali dedicati al mare. Inizialmente ho provato a cercare presso alcuni anziani, ma purtroppo in molti ricordano pochissimo. Ho deciso, quindi, di far riferimento comunque alla tradizione orale e alle varie pubblicazioni, e successivamente partendo dai diversi frammenti è stato necessario un lavoro ulteriore di ricostruzione e montaggio. Per quanto riguarda la musica nei casi in cui esisteva già una melodia l’abbiamo semplicemente rielaborata, quando invece avevamo a disposizione solo i testi o pochi frammenti li abbiamo musicati noi.

Venendo più direttamente ai brani, vorrei soffermarmi sulla title track e la splendida “Mare d’Otrantu Mia”…
Cinzia Marzo - Mamma Sirena è una pizzica, un viaggio che si ricollega ai rituali marini, mentre “Mare d’Otrantu Mia” è un brano autorale di oltre cento anni fa, con il testo di Antonio Sforza e la musica di Angelo Piconese. Me lo ha cantato un mio amico, ma non avevo mai ascoltato una registrazione, quindi con Giorgio Doveri abbiamo lavorato tutti insieme all’arrangiamento.

In “Mare d’Otrantu Mia” si ascolta anche la chitarra elettrica, una bella novità a livello sonoro…
Donatello Pisanello - L’idea della chitarra elettrica è nata dal fatto che i figli di Cinzia e di Lamberto hanno formato un gruppo hevy metal, e poiché in “Venti e Burrasche” interveniva anche il papà di Cinzia, volevamo in un certo senso creare un ponte tra tre generazioni diverse, dare al disco anche un significato di passaggio attraverso le generazioni. Dal punto di vista sonoro abbiamo cercato di imprimere al brano un eco di musica greca, utilizzandone le scale tipiche.

Cinzia Marzo - La chitarra elettrica è suonata da mio figlio Francesco che ha 22 anni, e nonostante lui abbia altre passioni musicali come l’heavy metal, sto cercando di coinvolgerlo sempre di più nella nostra musica. Mi piaceva l’idea di utilizzare la chitarra elettrica quasi fosse un bouzuki, e il risultato mi sembra interessante.

Altro brano cardine del disco è “Venti e Burrasche”…
Cinzia Marzo - “Venti e Burrasche” me lo ha fatto conoscere mio padre Ottavio Marzo, ed infatti ho voluto che partecipasse anche lui alla registrazione del brano. E’ un canto poco conosciuto nel Salento, però è diffuso anche in altre regioni.

Donatello Pisanello - Qualche giorno fa, ad un nostro concerto a Ruffano, ci è venuto a trovare Riccardo Tesi, il quale mi ha fatto notare come “Venti e Burrasche” avesse una matrice toscana. Il repertorio popolare italiano si è formato proprio nell’interscambio tra le varie regioni dovuto all’immigrazione interna, alla transumanza. Gli immigrati calabresi, veneti, salentini, siciliani si ritrovavano dopo il lavoro a cantare e ognuno imparava dall’altro, dando vita anche a composizioni nuove. Io ho trovato tante strofe di pizzica nei saltarelli laziali, e devo dire che mi ha sempre incuriosito molto questo gioco di collegamenti tra regioni anche distanti.

Soffermandoci sugli arrangiamenti, come si è orientato il vostro lavoro?
Donatello Pisanello - Il mio approccio alla musica è stato sempre istintivo, non intenzionale. C’è stata una lunga serie di prove in cui abbiamo lavorato tutti insieme alle varie melodie, seguendo un po’ il metodo della tradizione popolare. Ognuno contribuisce con il proprio strumento ad elaborare il brano secondo la propria sensibilità. Personalmente non ho molta coscienza di quello che faccio quando suono. Non sono razionale, ho uno spirito intuitivo con la musica. Io sono molto istintuale, ascolto e suono. Non ci sto a rimuginare sopra, o a studiare la composizione secondo determinate note. 

Nel disco non mancano alcuni echi di world music…
Donatello Pisanello - Chi ci conosce bene sa che non abbiamo mai cercato quella che con un termine poco simpatico si chiama contaminazione. E’ chiaro che gli arrangiamenti sono di ognuno di noi, perché ognuno da il suo contributo al disco secondo il suo bagaglio culturale e il suo backgroud musicale. Si sentono molte influenze sonore, ed è questo il bello di Officina Zoè perché siamo musicisti che provengono da esperienze musicali differenti, abbiamo interessi differenti e tutto ciò si riverbera e si fonde nell’insieme, perché non c’è un intenzione compositiva nello scegliere un colore sonoro, ma ognuno da il suo apporto.

In questo senso quanto è stato importante per Officina Zoè trovare una stabilità nella line up?
Donatello Pisanello - E’ stata importantissima e siamo molto contenti del fatto di aver trovato una stabilità grazie ai ragazzi che si sono aggiunti al nucleo storico composto da me, Cinzia Marzo e Lamberto Probo. La differenza sostanziale rispetto al passato che ognuno sente il gruppo come proprio, e nessuno si sente un dipendente, ma da il suo contributo al gruppo. Sia Giorgio che Luigi non si occupano solo della parte musica, ma ci danno una grossa mano anche a livello amministrativo, gestionale, e con i contatti a livello internazionale. Insomma il gruppo è di tutti, non solo del nucleo storico. E’ troppo facile sentirsi degli stipendiati, e questo abbiamo sempre cercato di evitarlo, non sempre riuscendoci. 

Avete presentato il disco suonando su un veliero, da dov’è nata questa scelta? 
Cinzia Marzo - Lo scorso 20 giugno abbiamo presentato “Mamma sirena” nel porto di Tricase, proponendo un concerto particolare a bordo del Portus Veneris, un caicco di oltre cento anni, ristrutturato di recente, nell'ambito del progetto “È arrivato un veliero carico di...” a cura dell'Associazione Magna Grecia Mare. E’ una imbarcazione con una storia particolare, perché fu tra le prime che approdarono nel Salento negl’anni Novanta, cariche di profughi curdi. Questa associazione, di cui fa parte anche Lamberto, ha fatto una importante opera di recupero sulla tradizione della vela latina e l’arte marinara tradizionale. E’ stata una serata meravigliosa nel corso della quale abbiamo proposto per intero il disco.

Come saranno i concerti in cui promozionerete “Mamma Sirena”?
Donatello Pisanello - In alcuni appuntamenti abbiamo suonato integralmente il disco come durante l’evento del 20 giugno e per la presentazione del 3 Agosto con Anima Mundi. Negl’altri concerti il repertorio vedrà alcuni brani del passato far posto a quelli del nuovo disco. E’ chiaro che non suoneremo sempre tutto il disco per intero, in quanto è un lavoro più da ascolto che da concerto, in quanto ci sono solo due pizziche. Il nostro pubblico vuole ballare, e dobbiamo pian piano abituarlo anche ad ascoltare. La musica musica tradizionale non può essere identificata solo con la danza. Non si deve andare ad un concerto di Officina Zoè solo per ballare, ma anche per ascoltare e riflettere su quello che suonano e cantano i musicisti.

Concludendo, per il tour avrete anche diversi appuntamenti all’estero?
Donatello Pisanello - Siamo appena tornati da Istanbul in Turchia, e abbiamo in programma concerti in Francia per un festival che riguarda il mare, a Praga e Bratislava in ottobre. Insomma faremo conoscere anche in Europa il nostro “Mamma sirena.



Officina Zoè - Mamma sirena (Anima Mundi Musica/Goodfellas, 2015) 
Realizzato con il sostegno di Puglia Sound Record, ed edito dall’etichetta salentina Anima Mundi, “Mamma Sirena” è l'ottavo album in studio di Officina Zoè, e giunge a sei anni di distanza dall’ultimo disco in studio “Maledetti Guai”. Laddove quest’ultimo era un disco in cui protesta e denuncia sociale si intrecciavano con le sonorità della tradizione salentina all’interno di composizioni originali, questo nuovo disco percorre un sentiero differente, ma non meno interessante. Si tratta, infatti, di un concept album frutto di una intensa ed accurata ricerca sulle fonti della tradizione orale, operata da Cinzia Marzo, la quale seguendo il tema del mare è andata alla riscoperta di quei canti che lo riguardassero, e dai quali sono emerse leggende di sirene, le storie dei pescatori, gl’amori dei marinai e degli avventurieri. Il ritorno alla luce di brani tradizionali, ed il raffinato lavoro di ricomposizione di frammenti diversi hanno dato vita ad una raccolta di racconti in musica alla ricerca di Afrodite, quella Mamma Sirena caduta nell’oblio e riemersa dalle acque, evocata dall’inconfondibile approccio stilistico di Officina Zoè, dove la tradizione salentina riscopre non solo il suo legame con le radici del passato, ma anche le influenze che l’hanno pervasa ed arricchita. Grande importanza in questo senso acquista anche la scelta della copertina, tratta dal “Missale gelonese” dell'VIII secolo, e delle illustrazioni medioevali del booklet nel quale i testi dei vari brani sono intercalati da citazioni tratte dal romanzo “Il canto delle sirene” di Maria Corti. Il disco si apre con l’intensa e poetica “Mare d’Otrantu mia”, interpretata a piena voce da Cinzia Marzo, e caratterizzata da un elegante tessitura melodica in cui la chitarra elettrica suonata dal giovanissimo Francesco Probo evoca l’abbraccio tra le coste del Salento e quelle della Grecia, facendo da contrappunto al crescendo nel quale si inseriscono l’organetto di Donatello Pisanello, il violino di Giorgio Doveri e la tammorra di Laberto Probo. Ancora l'organetto di Pisanello è protagonista del canto d’amore “Venti e Burrasche” in cui Cinzia Marzo è accompagnata dal padre Ottavio ai cori. Si prosegue con la title track, una lunga pizzica di tredici minuti nella quale al canto ipnotico di Cinzia Marzo si affiancano prima la chitarra arpeggiata di Luigi Panico, poi i tamburi a cornice, il violino di Giorgio Doveri e la voce di Silvia Gallone. Uno spaccato di puro lirismo è costituito poi da due canti densi di poesia ovvero “Li Bellizzi” e “Doi Lampi”, quest’ultima caratterizzata da una superba prova vocale di Cinzia Marzo. Lo splendido canto d’amore “La Marina” e il tradizionale “Fice lu ngegnu” ci conducono al vertice del disco, la pizzica “A Nuvaie”, il cui testo si caratterizza per essere composto da diversi frammenti di brani tradizionali, mentre l’arrangiamento è tutto giocato sulle voci di Cinzia Marzo e Silvia Gallone, e la potenza ritmica dei tamburi a cornice su cui ricama il violino di Giorgio Doveri. I tradizionali “Fici na nave” e “Comu è bellu” chiudono il disco, regalandoci tessiture melodice di grande eleganza stilistica dove spicca tutto il prezioso lavoro di Officina Zoè nel saper magistralmente riportare alla luce frammenti di tradizione ormai dimenticata. “Mamma sirena” è, dunque, il frutto di lavoro di grande spessore non solo musicale, ma anche prettamente culturale, avendo il pregio di percorrere un sentiero del tutto nuovo nell’ambito della riproposta della tradizione musicale salentina.


Salvatore Esposito
Nuova Vecchia