Intervista a Piotr Pucyło, mente del festival Globaltica di Gdynia, Polonia

Tra i fondatori del festival “Globaltica. Gdynia World Cultures Festival” (http://globaltica.pl) nel 2005, Piotr Pucyło è uno dei più importanti operatori culturali polacchi. Con un master in Studi Culturali, si occupa di world music da quasi venticinque anni. Ha diretto la Orange World, che è stata la prima e la più importante etichetta discografica polacca di produzione e distribuzione; ha scritto per riviste, condotto programmi radiofonici, è anche musicista e promoter. A due anni dalla creazione del festival, poco propenso al compromesso decide di abbandonare la direzione artistica per divergenze sull’indirizzo culturale dato alla manifestazione. Nel 2010, ritorna a dirigerla in un nuovo scenario organizzativo, che gli consente di muoversi con maggiore indipendenza. Il festival va inquadrato nel contesto di un Paese che ospita sempre più numerose manifestazioni musicali di impronta world di elevato livello artistico, per non parlare di quelle, altrettanto rilevanti, di orientamento più neo-tradizionale. Qui, vogliamo ricordare EthnoPort a Poznań, Crossing Culture Festival, nella capitale Varsavia, Crossroads Festival di Cracovia, quest’anno denominato EtnoKrakow, con coproduzione festival EBU (European Broadcasting Union), il Brave Festival di Wrocław. Giunto alla undicesima edizione, Globaltica aprirà i battenti nella città baltica di Gdynia il mercoledì 22 luglio per chiudersi domenica 26. Spiega Piotr: «Gdynia e la regione circostante hanno molto da offrire ai turisti. Affacciata sul Mar Baltico nella baia di Danzica, Gdynia è con la vicina Sopot e la stessa Danzica una delle cosiddette “Tre Città”. Gdynia vanta spiagge sabbiose adatte a passeggiate che permettono di ammirare la baia di Danzica e le falesie. Si può anche fare una gita in barca lungo il porto o visitare la pittoresca penisola di Hel». Costruita negli anni ’20 del secolo scorso, laddove prima non esisteva che un villaggio di pescatori, a pochi anni dalla sua fondazione la città, di architettura modernista, divenne un grande e moderno porto, strategico per i traffici commerciali della Polonia. Piotr Pucyło ci presenta il festival baltico, di cui “Blogfoolk” è media partner.

Piotr, dove si svolge il festival? Che tipo di programma ospitate?
Al momento il festival è ospitato nello storico parco Kolibki, che è situato in prossimità del mare e del centro della città. È un bel posto dall’atmosfera unica: come quella di un gigantesco picnic familiare. È il luogo per i maggiori eventi principali del festival. Ci sono due palchi: uno più piccolo, situato in un deposito di carrozze ottocentesco, adattato a sala da concerto per i performers più tradizionali, che di solito si esibiscono in solo, in duo o trio. Sono veri maestri nel loro campo musicale, sia vocale che strumentale. Gli anni passati hanno suonato artisti come l’azera Fargana Qasimova, Buba Kuyate dal Gambia, la svedese Emilia Amper o Abdelrahman Surizehi dal Belucistan. Il secondo palco è quello principale, collocato all’aperto, per i concerti principali che accolgono migliaia di persone. Proponiamo artisti che combinano tradizione e suoni contemporanei. In passato, abbiamo avuto Mahotella Queens, Natasha Atlas, Cesaria Evora, Yemen Blues, Afro-Cuban All Stars e tanti altri. Quest’anno ci sarà anche l’Atlantic Club, riservato agli artisti etno-jazz, dove ospiteremo il concerto finale di domenica, che vedrà di scena il trio dell’oudista libanese Rabih Abou-Khalil. Ma Globaltica non si esaurisce nella musica: organizziamo incontri per gli appassionati di letteratura, si proiettano film (quest’anno: “Timbuktu” e “The Last Song before the War”), ci sono workshop musicali, mostre, performance teatrali e programmi per i bambini. Non soltanto nel parco, ma anche in altre parti della città 

Com’è finanziata la manifestazione?
Globaltica è un festival con la missione – ciò che ci preoccupa è attirare il pubblico con un programma interessante e ricco, che non dia solo divertimento, ma che istruisca. Vorremmo aprire il popolo polacco ad altre culture e diffondere la tolleranza attraverso l’arte e la musica. Per questo nostro obiettivo, manteniamo i prezzi dei biglietti bassi, in modo che tutti possano permettersi di venire al festival. D’altra parte, non siamo in grado di finanziare la manifestazione con gli introiti derivanti dalla sola vendita dei biglietti, quindi Globaltica non esisterebbe senza l’aiuto da parte delle istituzioni della città di Gdynia e del Voivodato della Pomerania. Inoltre, cerchiamo il sostegno finanziario del Ministero della Cultura e di altre istituzioni governative e non governative. Di tanto in tanto riusciamo a ottenere fondi da ambasciate o da diversi organismi. Purtroppo, non possiamo contare su sponsor commerciali: Globaltica non è un evento commerciale.

Quante persone sono impegnate nel portare avanti il festival?
Poche persone nel corso dell’anno, ma il numero aumenta fino a parecchie dozzine per la manifestazione. Alcune sono pagate, altri sono volontari. Naturalmente, poi, ci sono le aziende esterne coinvolte nella sicurezza e nel catering.

È difficile portare artisti stranieri a suonare in Polonia?
Il nostro budget di solito non è sufficiente a portare gli artisti direttamente dai loro Paesi di origine (mi riferisco ad artisti provenienti da paesi molto distanti). Cerchiamo di portare artisti che sono in tour in Europa per abbassa i costi del viaggio, però, a volte è difficile pianificare le cose in anticipo.

Avete mai avuto problemi con i visti per artisti provenienti da Africa o Asia? 
Non succede troppo spesso, ma abbiamo avuto casi del genere. Abbiamo dovuto annullare un concerto a causa di problemi di visto. Una volta degli artisti provenienti da Repubblica Democratica del Congo sono stati rispediti all’aeroporto di Danzica. Queste situazioni sono fuori dal nostro controllo, ma dobbiamo sempre tenerne conto. Tuttavia, fortunatamente sono rare.

Che dire dell’interesse del pubblico polacco per la world music?
L’interesse per la world music è in crescita in Polonia, ma non è ancora un grande mercato - è piuttosto di nicchia. Essendo così, ci siamo ancora più convinti che quello che facciamo è importante. A modo nostro, educhiamo gli ascoltatori polacchi e promuoviamo attivamente la cultura e la musica tradizionale, sia polacca che straniera.

Qual è l’affluenza di pubblico?
La prima edizione ebbe meno di duecento persone. Dopo dieci anni, il pubblico oscilla tra i cinquemila e si settemila. Oltre al concerto singolo, prevediamo pass di ingresso giornalieri o per più giorni. E come ho detto poco prima, teniamo il prezzo dei biglietti basso, in modo che tutti possano permettersi di venire al festival.

Ci presenti il cartellone di quest’anno?
Quest’anno il nostro programma è molto ricco. Come sempre, cerchiamo di presentare artisti provenienti da diverse parti del mondo. Vogliamo mostrare la ricchezza e la diversità della world music. Speriamo che ognuno possa trovare qualcosa di interessante, qualche nuova ispirazione. Per questo motivo, non ci concentriamo su una particolare regione o un tema specifico, ma cerchiamo di inserire un messaggio sociale, per attirare l’attenzione del pubblico su questioni importanti. Non ragioniamo neppure in termini di “headliners”. Vorremmo che il pubblico venisse al festival perché conoscono la nostra manifestazione e l'idea che c’è dietro, non necessariamente per vedere un particolare artista. Gli artisti spesso non sono molto noti al pubblico polacco: l’idea è di venire a vedere qualcosa di nuovo. Prestiamo grande attenzione all’elevato livello artistico delle performance: è di fondamentale importanza come si costruiscono il brand del festival e la fiducia che si instaura tra noi e il nostro pubblico. Possono confidare nel fatto che, anche se non conoscono gli artisti, possono essere sicuri che si ascolterà grande musica, diversa da quello che si può ascolta tutti i giorni in TV o alla radio. Tra i nomi in programma, il trio del virtuoso sitarista indiano Ustad Dharambir Singh, il gruppo Ajinai, formatosi a Pechino, che si dedica alla musica tradizionale della Mongola Interna, Aziz Sahmaoui & The University of Gnawa, che non hanno bisogno di presentazioni, il jazz-manocuhe di Django Lassi. Poi, ci sarà il progetto Malikanw, “Voci del Mali”, legato al “Festival au Désert in Esilio”. Com’è noto, il festival si è tenuto a Timbuktu per più di dieci  anni, prima di dover lasciare il Mali nel 2012 a causa dell’attacco fondamentalista nel nord del Paese. Ora il festival viaggia nel mondo con la Cultural Caravan for Peace. 
Sul palco ci sarà un gruppo di nove elementi a rappresentare le culture maliane, da nord a sud: il chitarrista Samba Touré, il re del violino monocorde Zoumana Tereta, il chitarrista tuareg Ahmed Ag Kaedy, dal Wassoulou il canto di Sadio Sidibé, Petit Goro dal paese Dogon, la voce mandinga di Cheick Siriman Sissiko, ancora Ben Zabo, rappresentante del popolo Bobos e Mariam Koné, cantante di impronta hip hop e R’&’B. Da Bahia, Brasile, il gruppo di samba-choro Samba da Candeia, guidato da Osman Santos Martins, i Soneros de Verdad da Cuba, e gli Shira U’Tfila, ensemble multietnico ,che mischia la ricchezza della musica sefardita con le tradizioni turco-ottomana, araba e balcanica. Come detto prima, ci sarà Rabih Abou-Khalil in trio con il fisarmonicista italiano Luciano Biondini e il percussionista Americano Jarrod Cagwin.

Cosa mi dici del contingente di artisti polacchi?
Abbiamo sempre cercato di presentare artisti polacchi interessanti che esplorano la tradizione locale. Tuttavia, invitando dieci-undici artisti provenienti da diversi angoli del mondo, di solito offriamo una o due bande polacche. Stiamo progettando di espandere la presentazione della scena etnica polacca in futuro. Quest’anno il set principale lo offrirà la Janusz Prusinowski Kompania, in scena in 24 luglio, che combina musica e danza, arcaico e moderno. Invece, in apertura, il 22, suoneranno i gruppi Kapela Przewłockiego, Kapela Delaturów e il 'cymbalista' Piotr Krupski. 


Ciro De Rosa
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