Fausto Mesolella – Canto Stefano. Fausto Mesolella canta Stefano Benni (Suoni dall’Italia/Self, 2015)

“Il disco “Canto Stefano” nasce da un fortunato incontro con Stefano Benni, avvenuto in teatro quando facemmo insieme lo spettacolo “Ci Manca Totò”. In quell’occasione abbiamo avuto modo di approfondire la nostra amicizia, e poco tempo dopo lui mi ha donato queste splendide poesie che ho musicato e pian piano ha preso vita l’idea di realizzare questo disco”, così Fausto Mesolella ci presenta il suo nuovo disco che giunge a pochi mesi di distanza da quel gioiello che è “Live Ad Alcatraz”, album dal vivo che coglieva in modo sorprendente tutto il fascino dei suoi concerti per chitarra sola. Questo nuovo album rappresenta però un punto di svolta importante per la carriera del chitarrista casertano, non solo perché festeggia i cinquant’anni di attività artistica, ma anche perché lo vede debuttare, come lui stesso afferma, nelle vesti di “dicitor cantante”: “Da questo momento in poi non ci sarà più solo la voce della chitarra, ma ci sarà anche la mia. E’ una crescita artistica, e per cominciare penso di aver scelto le parole più belle e profonde che ci sono nel panorama letterario italiano. Parliamo di Stefano Benni, uno degli scrittori più importanti che ci sono in Italia”. Prodotto, registrato mixato e masterizzato presso il Gaiastudiorecording di Macerata Campania (CE), il disco vede Fausto Mesolella (voce, chitarra, basso), accompagnato da alcuni vecchi compagni di strada, e alcuni giovani talenti, tutti ovviamente casertani: “Nel disco suona ovviamente la mia band composta da Mimì Ciaramella (batteria) e Ferdinando Ghidelli (pedal steel), a cui di recente si è aggiunto Almerigo Pota (tromba e filicorno). Ci sono poi alcuni ospiti come Ferruccio Spinetti (contrabbasso) e le voci Wena, Petra Magoni, Nunzia Carrozza e Cristina Zeta. La scelta non poteva non cadere su musicisti di Caserta, perché questa città ha espresso talenti in tutti i settori della musica. Terra di Lavoro ha sfornato alcuni dei migliori chitarristi italiani della scena jazz, di quella rock e di quella blues, e ha ancora tanto da dire perché ci sono tanti giovani che stanno crescendo. Evidentemente in una città che ha difficoltà espressive nascono i talenti, e io mi sento di difendere tutto questo a spada tratta”
Già tenendo il disco tra le mani, a colpire è la copertina che rimanda all’idea di un libro cantato: “Ho scelto volutamente una copertina in tre dimensioni perché volevo evocare proprio l’idea che tra il disco e il libro in quanto tale ci fosse una stretta connessione. Per me vale ancora il libro di carta, così come vince ancora l’analogico sul digitale”. Durante l’ascolto si percepisce chiaramente come le tessiture sonore che colorano i testi di Stefano Benni siano nati in modo molto naturale, esaltando la musicalità già racchiusa nelle parole, e a rivelarcelo è lo stesso chitarrista casertano: “Ho approcciato l’aspetto compositivo in modo molto semplice. Ho preso la chitarra, mi sono messo a suonare dando una forma musicale a queste parole, secondo il mio modo di vedere”. Ad aprire il disco sono le atmosfere jazz di “Anima”, tratta da “Ballate” del 1991 e qui proposta da Mesolella in una interpretazione intensa e profonda, puntellata dalla soffusa trama ritmica di Ciaramella su cui si inserisce il filicorno di Pota. Con la successiva “Quello che non voglio”, tratta da “Le Beatrici” del 2011 si tocca subito uno dei vertici del disco, non solo per l’eccellente prova vocale di Fausto Mesolella, ma anche per la particolare costruzione del brano, che evoca la scrittura di Fabrizio De André per il quale Benni aveva inizialmente composto questo testo: “Nell’interpretare questo brano mi sono sentito un piccolo miserabile che prova a fare una cosa avendo una memoria storica a disposizione. Fabrizio De André è stato il più grande dicitor cantante italiano. Io lo definisco così perché oggi con i talent si è perso il valore intrinseco della parola nei testi delle canzoni. Mi sono sentito piccolo piccolo messo in quel mondo e ho composto questo brano pensando che dovesse cantarlo proprio Fabrizio De André”. Nel disco non poteva ovviamente mancare anche la voce di Stefano Benni, che fa capolino ne “La Giraffa” e “Non Disprezzare”: “Stefano mi ha fatto l’onore di essere presente nel disco, ed insieme abbiamo scelto alcune poesie che recita lui stesso”. 
Si prosegue con “Tulipano” in cui Mesolella è accompagnato dalle voci di Petra Magoni e Nunzia Carrozza, e che si caratterizza per la splendida linea melodica della chitarra, su cui si inseriscono gli interventi alla pedal steel di Ferdinando Ghidelli. Le evocazioni world di “Ghemmà” su cui si innesta lo spooken word di Mesolella, ci conducono poi alla gustosa “Tango Perpendicular” in cui protagonista è il contrabbasso di Ferruccio Spinetti. “Si tratta di un brano nato in modo spontaneo”, racconta Mesolella “ho chiesto al mio amico Ferruccio Spinetti di suonare una parte di contrabbasso su due accordi e mi sono limitato cantarci sopra. Tutto è avvenuto nel modo più semplice possibile”. Se “L’insanguinata” è una dedica particolare che Benni ha voluto fare alla chitarra di Mesolella, il quale interpreta il testo quasi fosse una canzone d’amore, la successiva “Van Gogh” è un omaggio alla poetica del pittore olandese. La dolce semplicità della ninna nanna “Dormi Liù” apre la strada al finale in cui brillano la canzone dell’addio “Farewell” e “La Domenica della Vita”, in cui alla voce troviamo lo stesso Stefano Benni: “Alla fine mi piaceva che chiudesse lui il disco, perché l’ultimo verso del brano che canto io è “così me ne vado” e alla fine resta il poeta a cantare una delle sue poesie più ironiche". “Canto Stefano” è, insomma, una bella sorpresa non solo perché ci svela Fausto Mesolella nella inedita veste di dicitor cantante, ma anche perché rappresenta l’anello di congiunzione perfetto tra poesia e canzone d’autore. 


Salvatore Esposito
Nuova Vecchia