BF CHOICHE: Tre Martelli & Gianni Coscia - Ansema (Felmay, 2014)
Tre Martelli & Gianni Coscia - Ansema (Felmay, 2014)
BF-CHOICE
Nella presentazione Roberto G. Sacchi adopera il termine contaminazione, entrato nel lessico musicale da almeno due decadi (a voler dire tutto e niente: come succede con ogni categoria interpretativa che sia abusata). Eppure, in questo caso il termine ci puรฒ stare, e nell’accezione piรน nobile. se รจ vero che Tre Martelli e Gianni Coscia dialogano senza smarrire se stessi. Sono musicisti padroni dei propri linguaggi, concordi per motivazioni ed intenti: si mettono alla prova, seguendo le suggestioni che arrivano dall’ascoltarsi reciprocamente, si lasciano trasportare dall’immaginazione che si sostanzia da subito in “Mazurtango”, dove i ritmi del ballo fissato su un manoscritto di fine Ottocento si combinano con figurazioni ritmiche della terra d’Oltreoceano. Sulla stessa lunghezza d’onda dell’ avvio รจ “La ‘nsla tera benedรฌa”, brano la cui struttura ricalca i moduli dei cantastorie, e che รจ stato appreso dal discendente di emigrati piemontesi in Argentina. Si avverte che quello che si poteva configurare come cortocircuito culturale assume i connotati di un connubio vincente, che trova sbocco nel set di danze in tondo “Sbrando/Brando ‘d Gamondi”, anch’esse provenienti dal repertorio storico del gruppo guidato da Enzo G. Conti. Giova alla band la presenza delle tre voci, che riescono a caratterizzare nella diversitร i cantati. Cosรฌ avviene nel trittico attinto dalle raccolte di linguisti, demologi e musicologi piemontesi divenute orami capisaldi del canto popolare (Leone Sinigaglia, Alfredo Nicola, Franco Castelli). Si inizia con “La bela Marianin”, riscaldata dal calore vocale di Betti Zambruno , si prosegue con “Galantรฒne”, nel quale primeggia soprattutto la voce limpida di Elisabetta Gagliardi, su un costrutto strumentale nel quale spicca la musette. Infine, รจ la schiettezza canora di Chaco Marchelli ad interpretare “Jolicรฒeur”. A condurre “E sur cont a si marรฌda”, la versione astigiana della notissima ballata piemontese “Il Moro saracino”, raccolta da Roberto Leydi da quel magistrale albero di canto che รจ stata Teresa Viarengo, sono le sfumature vocali di Zambruno in vena da cantautrice, con un contorno strumentale di mantici che tocca corde malinconiche. Deliziosa, sottile cantabilitร timbrica nella combinazione vocale e strumentale “Maria Scรซtta/ Scottisch”. All’interno del canto cumulativo infantile “La Crava”, proveniente dal Monferrato, si sperimentano singolari e riuscite combinazioni armoniche. Per finire, ecco “Uardรจ ‘l frigg” (“Guardare il freddo”), una composizione di oltre otto minuti, firmata Conti/Sibilio, risalente al disco del 1995, “Omi e Paiz”, in cui fisarmonica e ghironda si muovono su comuni terreni improvvisativi Ad oggi, รจ l’unico tentativo “cantautorale” dei Martelli, un brano in cui si canta: “…vanta non lasรจ sperdi ‘l noti tra ‘l fรถj” (…”bisogna non lasciare disperdere le note tra le foglie”). Come la musica di “Ansema”, troppo preziosa e sincera per lasciarsela sfuggire.
Nella presentazione Roberto G. Sacchi adopera il termine contaminazione, entrato nel lessico musicale da almeno due decadi (a voler dire tutto e niente: come succede con ogni categoria interpretativa che sia abusata). Eppure, in questo caso il termine ci puรฒ stare, e nell’accezione piรน nobile. se รจ vero che Tre Martelli e Gianni Coscia dialogano senza smarrire se stessi. Sono musicisti padroni dei propri linguaggi, concordi per motivazioni ed intenti: si mettono alla prova, seguendo le suggestioni che arrivano dall’ascoltarsi reciprocamente, si lasciano trasportare dall’immaginazione che si sostanzia da subito in “Mazurtango”, dove i ritmi del ballo fissato su un manoscritto di fine Ottocento si combinano con figurazioni ritmiche della terra d’Oltreoceano. Sulla stessa lunghezza d’onda dell’ avvio รจ “La ‘nsla tera benedรฌa”, brano la cui struttura ricalca i moduli dei cantastorie, e che รจ stato appreso dal discendente di emigrati piemontesi in Argentina. Si avverte che quello che si poteva configurare come cortocircuito culturale assume i connotati di un connubio vincente, che trova sbocco nel set di danze in tondo “Sbrando/Brando ‘d Gamondi”, anch’esse provenienti dal repertorio storico del gruppo guidato da Enzo G. Conti. Giova alla band la presenza delle tre voci, che riescono a caratterizzare nella diversitร i cantati. Cosรฌ avviene nel trittico attinto dalle raccolte di linguisti, demologi e musicologi piemontesi divenute orami capisaldi del canto popolare (Leone Sinigaglia, Alfredo Nicola, Franco Castelli). Si inizia con “La bela Marianin”, riscaldata dal calore vocale di Betti Zambruno , si prosegue con “Galantรฒne”, nel quale primeggia soprattutto la voce limpida di Elisabetta Gagliardi, su un costrutto strumentale nel quale spicca la musette. Infine, รจ la schiettezza canora di Chaco Marchelli ad interpretare “Jolicรฒeur”. A condurre “E sur cont a si marรฌda”, la versione astigiana della notissima ballata piemontese “Il Moro saracino”, raccolta da Roberto Leydi da quel magistrale albero di canto che รจ stata Teresa Viarengo, sono le sfumature vocali di Zambruno in vena da cantautrice, con un contorno strumentale di mantici che tocca corde malinconiche. Deliziosa, sottile cantabilitร timbrica nella combinazione vocale e strumentale “Maria Scรซtta/ Scottisch”. All’interno del canto cumulativo infantile “La Crava”, proveniente dal Monferrato, si sperimentano singolari e riuscite combinazioni armoniche. Per finire, ecco “Uardรจ ‘l frigg” (“Guardare il freddo”), una composizione di oltre otto minuti, firmata Conti/Sibilio, risalente al disco del 1995, “Omi e Paiz”, in cui fisarmonica e ghironda si muovono su comuni terreni improvvisativi Ad oggi, รจ l’unico tentativo “cantautorale” dei Martelli, un brano in cui si canta: “…vanta non lasรจ sperdi ‘l noti tra ‘l fรถj” (…”bisogna non lasciare disperdere le note tra le foglie”). Come la musica di “Ansema”, troppo preziosa e sincera per lasciarsela sfuggire.