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“Patria” è il nome di questo ensemble “transazionale” che raccoglie musicisti curdi originari di tre dei principali paesi (Iran, Iraq e Turchia) nei quali vivono popolazioni curde (comunità esigue sono presenti in altri stati di area mediorientale e caucasica, ma anche in Afghanistan e Pakistan. Le stime parlano di circa 30 milioni che abitano nell’area asiatica sud-orientale, un altro milione fa parte della diaspora europea e statunitense). Purtroppo, il conflitto in corso non ha consentito di allargare il progetto Nishtiman a musicisti del Kurdistan siriano, hanno raccontato i musicisti alla stampa internazionale. Il gruppo messo su da Hussein Zahawy, di origini irakene-iraniane, membro della diaspora curda in Gran Bretagna, direttore artistico e percussionista, non è portatore di istanze nazionaliste militanti. Piuttosto, l’intento è, in primo luogo, culturale: promuovere le forme musicali curde, facendole conoscere al mondo. Una scelta che è anche il portato di sensibili cambiamenti nello status dei curdi, di una maggiore visibilità di questi antico popolo (sulla cui pelle si giocano oggi in Iraq gli interessi geopolitici e bellici occidentali), visto che in passato, parlare di lingua curda o di identità curda era del tutto proibito in paesi come la Turchia. «La musica curda è fondata sull’essere umano, non sulla nazionalità, la religione o la storia. È musica della quotidianità, una musica che viene prima del nazionalismo», dichiara Zahawy nelle note del libretto del CD, pubblicato in una bella confezione digipack.
Un sestetto di musicisti di diversa estrazione, con numerose esperienze artistiche internazionali alle spalle, accomunati dalla conoscenza e dal rispetto per le musiche tradizionali, affiancano il leader percussionista. Sono il compositore iraniano Sohrab Pournazeri (tanbur, kamanché, voce), la connazionale, apprezzata cantante Maryam Ebrahimpour, l’irakeno Goran Kamil (oud, voce), il turco Ertan Tekin (zurna, duduk). A completare l’organico, ci sono i francesi Robin Vassy (percussioni) e Leïla Renault (contrabbasso). Come abbiamo documentato sulle pagine di “Blogfoolk”, alla passata fiera marsigliese Babel Med, il loro live set ha decisamente impressionato; non meno potente questo disco, contenente composizioni firmate Pournazeri, che rappresentano un florilegio di stili e repertori associati ai diversi territori curdi, volontariamente fusi al fine di dare al pubblico della world music una prospettiva propiziante della contemporaneità della musicalità di questo popolo senza stato, senza battere la strada del folklore passatista e nostalgico o del cantautorato dichiaratamente politico. Si tratta di melodie e canti interpretati nei diversi dialetti curdi. Perlopiù, ascoltiamo temi profani, ma c’è anche “Sahari”, che è un’improvvisazione al tanbur, ispirata alla musica devozionale della confraternita sufi del Kurdistan iraniano (Ahle Haq). Scorrono sequenze di bella coralità strumentale, come il canto “Nishtiman”, solismi e improvvisazioni, nei quali gli strumentisti mettono in risalto la loro cifra tecnica, che si alimenta alla maestria delle forme mediorientali, qua e là innesti di matrice jazz, ma anche dialoghi percussivi tra Zahawy e Vassy, in cui cicli ritmici del mondo sonoro curdo suonati dai tamburi a cornice incontrano poliritmie africane suonate su tamburi senegalesi (“Joot”).
Ciro De Rosa
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Asia