Nato a Esfahan in Iran nel 1977, dove sin da giovanissimo comincia a studiare il Radif, l’ antico repertorio antico di musica classica Persiana e strumenti tradizionali come târ e setâr, Pejman Tadayon è un talentuoso ed eclettico musicista con alle spalle un intenso percorso musicale, in larga parte compiuto in Italia, collaborando con artisti del calibro di Mauro Pagani, Massimo Ranieri, Andrea Parodi, Paolo Vivaldi (con cui ha pubblicato l’album “Chador”), e lavorando ad alcuni progetti personali come il gruppo di musica tradizionale persiana Navà, YAR con Andrea Piccioni e Sanjay Kansa Banik e il Pejman Tadayon Ensemble, dedicato alla spiritualità e al Sufismo. In occasione del concerto che terrà sabato 12 aprile presso l’Auditorium Parco della Musica, abbiamo incontrato Pejaman Tadayon per farci raccontare la sua formazione, ripercorrere il suo percorso musicale, ed approfondire i suoi progetti più recenti.
Partiamo dagli inizi, come ti sei avvicinato allo studio della musica ed in particolare a quello del Radif e degli strumenti persiani come târ e setâr?
All’età di 16 anni ho cominciato a studiare approfonditamente tutto il repertorio di musica classica persiana con maestri della mia città natale Esfahan.
Chi sono stati i tuoi maestri? Quanto ha influito il loro insegnamento nella tua formazione?
I miei maestri sono stati Kamran Keyvan e Behruz Hemmati e Ostad Lotfi. Con loroho studiato musica antica e mi hanno insegnato a suonare strumenti Come Tar e Setar (corde) che mi hanno permesso di sviluppare un mio stile personale sia nel comporre sia nel suonare.
Quali erano i loro metodi di insegnamento? Come affrontavi lo studio?
I metodi erano svariati: si servivano sia di lezioni orali che di partiture e questo mi ha permesso di imparare sia la scrittura occidentale, che di entrare nel profondo della tradizionale orale. Repertorio di musica classica persiana è molto vasto e c’è bisogno di almeno cinque anni per assimilarlo e memorizzarlo tutto.
Com’è nata la tua passione per la tradizione mistica dei Sufi?
ll Sufismo e il misticismo sono parte della cultura persiana ed è un Sufismo differente da quello di altri paesi musulmani. E’ un sufismo che include anche la scienza e va oltre la religione e l’una non esclude l’altra. Questo è l’aspetto che mi affascina di più: per me Alber Einstein è un sufi!
Cosa ti ha colpito della musica e della mistica Sufi?
Da bambino ascoltavo musica Sufi, senza sapere di quale musica si trattasse! La musica persiana è musica Sufi molto spirituale. Nella musica classica persiana i testi sono in realtà versi di poesie antiche e poesie Sufi, di Rumi, Hafez, Omar Khayyam”. E’ un repertorio che sa unire poesia e musica in un’alchimia straordinarie.
Quali sono i poeti e i mistici Sufi a cui sei più legato?
Sicuramente mi colpiscono molto i versi di poeti come Rumi, Hafez, Omar Khayyam, Attar, Nezami. Tra i musicisti Mohammad Reza Shajarian è fra i miei preferiti. Ma il mio vero Maestro èMohammad Reza Lotfi.
Da un punto di vista prettamente musicale quali sono le caratteristiche della musica Sufi?
La musica Sufi si pratica in più di 40 paesi, ognuno con la propria interpretazione. Quindi è difficile spiegare. Diciamo che la musica sufi è senz’altro basata sulla semplicità e sul canto. La mia musica, che è nuova musica con quella ispirazione, fonda il suo sufismo proprio sullo studio delle poesie antiche che suggeriscono atmosfere e respiri. Mi capita spesso anche di provare a immaginare quelle antiche musiche persiane di cui, purtroppo, non c’è più traccia: attraverso la metrica e le parole, facendomi suggestionare dalle miniature del tempo, immagino l'atmosfera musicale e compongo.
Nel 2003 ti sei trasferito in Italia, prima a Firenze e poi a Roma, per dedicarti ai tuoi studi di Arte. Com’è stato il tuo primo approccio alla nostra nazione?
Bene, perché ho scelto Firenze come città natale del mio Sufi preferito: Leonardo Da Vinci!
Cosa ti ha colpito dal punto di vista musicale dell’Italia?
L’Italia è un paese ricco e c'è molto da imparare, io ancora sono qua perche sto imparando tanto, quindi mi ha colpito tanto!
Ci puoi parlare delle tue collaborazioni con artisti del calibro di Mauro Pagani, Massimo Ranieri e Andrea Parodi?
Con Mauro Pagani ho fatto delle registrazione per le musica di un film e abbiamo anche suonato insieme, lui è uno dei pochi musicisti che ha una conoscenza profonda della musica orientale. Anche Massimo Ranieri è stato molto gentile nei miei confronti: con lui ho fatto teatro suonando strumenti persiani mentre lui cantava napoletano. Un abbinamento molto particolare, che però funzionava benissimo.
Andrea Parodi, lui era fantastico! Abbiamo fatto un concerto insieme in Sardegna. Ho anche fatto un viaggio di quattro ore con la sua macchina: lo ricordo con tanto affetto. Quattro ore ad ascoltare musica. Aveva un talento straordinario.
Puoi raccontarci della tua esperienza con i Navà con cui hai inciso il disco “Viaggio Nei Colori”? Quanto c’era della tua passione per la pittura in quel disco?
Sono un pittore e sempre mentre suono penso sempre ai colori. Con questo progetto abbiamo dedicato dei suoni a dei colori, tutto era un gioco e un divertimento musicale in cui tutti colori occidentali e orientali si mescolavano fra loro.
Hai lavorato anche nell’ambito del teatro collaborando spesso con Maurizio Scaparro. Puoi parlarci di questa tua esperienza?
Sì, con il Maestro Scaparro ho composto “Polvere di Baghdad”: uno spettacolo sulle fiabe delle Mille e una notte. E’ un grande artista e un maestro e devo ammettere che ho imparato molto da lui nel campo del teatro.
Com’è nata l’idea di dare vita agli YAR con Andrea Piccioni e Sanjay Kansa Banik con cui hai inciso il disco “Yar Ensemble”?
Semplicemente dalla volontà di tutti e tre di scoprire e conoscere la cultura di ciascuno. Con Yar abbiamo composto delle musiche bellissime tra Iran, India e Italia. Loro sono due fra i migliori percussionisti al mondo.
Lo scorso anno hai pubblicato il disco “Universal Sufi Music”, com’è nato questo album? A cosa ti sei ispirato?
Questo progetto parla dell’universalità della filosofia sufi. Senza perdere la parte antica e originale del suono abbiamo reso le musiche facili da ascoltare anche per un orecchio occidentale non abituato. E’ un viaggio verso il mondo Di Rumi e Khayyam.
Come nasce il Pejman Tadayon Ensemble, progetto dedicato alla spiritualità e al Sufismo, che unisce musica, danza e poesia?
Dalla mia passione per la spiritualità nella musica. Ho notato con dispiacere che la musica orientale in Italia non è ascoltata con attenzione, da qui l’idea di creare questo progetto che soddisfi questa esigenza, spiegando la filosofia della musica orientale durante il concerto, presentando anche gli strumenti e i ritmi ecc.
Prossimamente ti esibirai con il tuo Ensemble all’Auditorium Parco della Musica. Che rapporto hai col palco? Come si svolgono i tuoi concerti?
Mi piace comunicare col pubblico e cercare di spiegare alcune cose che secondo me hanno bisogno di essere presentate. Cantiamo in lingua originale e mi fa piacere poter tradurre alcuni versi di poesie persiane. Ci sono donne che si esibiscono in danze mistiche, una parte fondamentale dell’espressione femminile, spesso utilizzate anche per comunicare una palese protesta contro il maschilismo esistente ancora nei paesi musulmani e non solo.
Concludendo, come giudichi la risposta del pubblico italiano nei confronti della musica Sufi?
E’ un confronto che mi emoziona molto e di cui sono contento!
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