Storie Di Cantautori pt.6: Mirko Colombari, Iacampo, Alessandro Fiori, Tizio Bononcini, Roberto Salis, Enrico Bini, Uross

Mirko Colombari – Bok (Autoprodotto) 
Giovane cantautore reggiano di belle speranze, Mirko Colombari giunge al suo debutto con “Bok”, disco che raccoglie nove brani, che affondano le loro radici tanto nella migliore canzone d’autore italiana quanto nel folk-rock inglese. Si tratta di un disco diretto, semplice, che ci fornisce un fotogramma perfetto delle ispirazioni e dello stile cantautorale di Colombari, del quale si apprezza una scrittura incentrata su temi tratti dalla vita di tutti giorni, ben lungi da ogni tipo di intellettualismo o pretestuosità. Dal punto di vista prettamente sonoro appare chiaro come abbia puntato all’essenzialità, puntando dritto verso linee melodiche ben definite. In questo senso importante è stato il supporto dei vari musicisti che hanno partecipato alle incisioni tra cui va ricordato certamente Giordano Gambogi (chitarra elettrica), che ha coprodotto il disco, ma anche Diego Scaffidi (batteria), Gianluca Tagliavini (organo hammond), Alessandro Fajeti (basso), Andrea Cusato (chitarra slide), e Giovanni Marani (piano wurlitzer) e Lucio Boiardi (honky tonk). Durante l’ascolto brillano il folk di “Covent Garden” e “Due Passi”, l’eccellente “E Pensare Che Volevo” e la trascinante “Canazei” dal ritmo vagamente latin. “Bok” è dunque un disco interessante, che mette ben a fuoco le potenzialità di Mirko Colombari, che si candida ad entrare di diritto in quella nuova scena cantautorale italiana, che pian piano negli ultimi tempi si va delineando. 



Iacampo – Valetudo (Urtovox/Prisoner Records/Audioglobe) 
Noto per essere stato dal 1996 al 2001 il front-man degli Elle, e per aver dato vita al progetto solista GoodMorningBoy, che lo vedeva alle prese con testi in inglese, Marco Iacampo due anni ha intrapreso una strada nuova abbracciando la canzone d’autore italiana, dando alle stampe l’apprezzato disco omonimo. Lo ritroviamo oggi alle prese con il suo secondo lavoro, “Valetudo”, che segna un ulteriore tappa di crescita e di maturazione per il suo songwriting, ed in questo senso significativa ci è sembrata la scelta del titolo, che in portoghese indica un particolare tipo di combattimento a mani nude diffuso in Brasile mentre in latino indica lo stato di salute. Un modo insomma per far capire agli ascoltatori, che in questi undici brani il cantautore veneziano ci ha messo tutto se stesso, e non a caso nell’iniziale Mondonuovo lo ritroviamo alle prese con un brano programmatico in cui canta quello che lui è e di un nuovo mondo. Rispetto al disco di esordio il suo stile si è fatto molto più personale e riconoscibile, con influenze che spaziano dal New Acoustic Moviment americano alla musica d’autore italiana, senza dimenticare aperture ai suoni e al cantautorato sudamericano. Durante l’ascolto spiccano così le tenui melodie folk di “Tanti No E Un Solo Sì”, o i suoni british-rock de “Gli Inverni Non Mi Cambieranno Più”, ma soprattutto l’originale bossa nova di “Amore In Ogni Dove”. “Valetudo” è un disco da ascoltare con attenzione per cogliere non solo le tante influenze musicali che caratterizzano il songwriting di Iacampo, ma anche per apprezzarne la sua originalità. 



Alessandro Fiori – Questo Dolce Museo (Urtovox) 
“Questo Dolce Museo” è il secondo disco per Alessandro Fiori, il quale dopo aver lasciato i Mariposa nel 2011 ha intrapreso un proprio percorso come solista dando alle stampe il debutto “Attento A Me Stesso”. Rispetto a quest’ultimo la grande novità è rappresentata dalla scrittura, infatti laddove nel suo primo album si caratterizzava per la sua particolare inclinazione verso atmosfere e temi surreali, qui invece lo sguardo è rivolto verso la sua sfera più intima. Dal punto di vista prettamente musicale gli arrangiamenti, che mescolano folk e rock puntellati dall’elettronica, ci sembrano assolutamente funzionali anche alla scelta tematica di base del disco, nel quale momenti soffusi e riflessivi si alternano a parentesi più movimentate ed accattivanti. In questo senso determinante ci sembrano tanto la produzione dell’inseparabile Alessandro Stefana, quanto la partecipazione di Emanuele Maniscalco (batteria) e Sebastiano De Gennaro (percussioni), che caratterizzano in modo determinante alcuni brani. L’ascolto ci mostra chiaramente come Fiori sia indirizzato verso uno stile sempre più personale, che lo ha condotto ad allontanarsi da qualsiasi clichè, come dimostrano brani quali “Scusami” in cui il suono del violino si sposa all’elettronica, la toccante “Bambina” in cui gli archi guidano la linea melodica, ma soprattuto la struggente “Sandro Neri”. Non mancano aperture verso il pop come nel caso de “Il Gusto Di Dormire In Diagonale” e “Via Dell’Industria”, così come particolarmente riuscita è l’incursione nel vaudeville di “Tigre In Strada”. 



Tizio Bononcini – Entrambi Tre (Autoproduzione) 
Cantautore bolognese dall’interessante percorso formativo, Tizio Bononcini debutta con “Entrambi Tre”, disco che raccoglie nove brani di ottima fattura che mescolano arrangiamenti di impostazione prettamente cantautorale, con tematiche che si stagliano attraverso il racconto di personaggi che rimandano al teatro dell’assurdo. Sin dalla prima traccia “Topi e Ballerine”, una ballata per piano e violoncello, l’ascoltatore è condotto in un mondo fantasioso ed onirico in cui si susseguono storie in cui fantasia e realtà si confondono, come nel caso della title track, o quella di Don Chisciotte evocato in “Il Cavaliere Della Triste Figura”. Di ottima fattura sono, senza dubbio, “Arlecchinata”, dove emerge un approccio quasi da teatro canzone, con la voce di Bononcini, che varia da strofa a strofa, “Il Mio Collega Economista”, in cui ricorda di un passato impiego, e la conclusiva “Rapunzel”. Il vertice del disco arriva con "La Rana di Legno" in cui spicca il vibrafono del jazzista Annibale Modoni, lo stesso brano è presente poi come ghost track in una sorprendente versione a cappella. “Entrambi Tre” ci consegna così un cantautore in grado di dare vita a storie affascinanti a metà strada tra passato e presente, realtà e fantasia, il tutto caratterizzato da una inclinazione verso il teatro canzone, che rappresenta senza dubbio una direzione futura verso la quale potrebbe indirizzarsi la sua scrittura. 



Roberto Salis – Cavallo di Troia (Autoproduzione)
Nato in Sardegna ma da anni ormai di base a Milano, Roberto Salis vanta un percorso musicale di tutto rispetto, che lo ha visto esibirsi in tutta Italia con la sua blues band, collezionare una serie di collaborazioni per il cinema e per altri artisti, ma soprattutto dare alle stampe due dischi di buon successo ovvero, il debutto del 2009 “L’Antidoto” e l’interessante progetto strumentale “Amore Acustico”, incentrato essenzialmente sulla chitarra acustica. “Il Cavallo Di Troia” è il suo ultimo disco in studio e ce lo mostra alle prese con sette brani che sorprendentemente mettono insieme country e blues con sonorità che spaziano dalla house music alla lounge fino a toccare la dub house. Banjo, slide guitar e chitarre elettriche sono così supportate da beat elettroniche, che imprimono ad ogni traccia un profilo molto originale. Un progetto senza dubbio interessante come dimostrano brani come la trascinante “Uauaco”, il talkin’ blues “Ed Ecco Qui!” ma soprattutto le conclusive “Nonostante” e “Cosicché”, nelle quali l’ibridazione tra questi due ambiti sonori solo in apparenza distanti anni luce, trova la piena realizzazione. Insomma mai titolo fu più azzeccato per questo disco in quanto il cavallo di troia del country blues è funzionale ad abbracciare un pubblico di ascoltatori più ampio rispetto alle ristrette cerchie di appassionati del genere. 



Enrico Bini – Una Rosa Rosa (Autoprodotto) 
“Una Rosa Rosa” è il terzo disco per Enrico Bini, cantautore pistoiese, poco noto al grande pubblico ma dalla grande esperienza e dal particolare approccio quasi artigianale alla canzone d’autore. Accompagnato da un gruppo di ottimi musicisti composto da Daniele Nesi (basso e contrabbasso), Carlos Alberto Perez (percussioni) e Giacomo Lauria (tastiere), con l’aggiunta di Janko al basso, Paolo Scali ai fiati, Mario Marmugi alla batteria, Silvano Borsi alla fisarmonica e Silvia Nerozzi alle voci, Enrico Bini ci consegna undici brani caratterizzati da tematiche che passano dall’amore ai ricordi passando per temi impegnati come la guerra. Durante l’ascolto si percepisce chiaramente quanta cura ci sia nell’approccio al songwriting, che ora rimanda ai grandi della canzone italiana come Fabrizio De Andrè e Francesco De Gregori, ora sembra evocare la scrittura colta di Eric Andersen. In questo senso vanno citati brani come la ballata iniziale “Argento Vivo”, il trascinante rock di “Tempo Galantuomo”, la splendida “Spose di Guerre”, un tango caratterizzato da un testo di eccellente fattura. Se cercate un cantautore sincero, lontano dalle mode del momento ma piuttosto attento all’aspetto comunicativo della canzone, Enrico Bini sarà certamente una bella sorpresa per voi. 


Uross – L’Amore E’ Un Precario (Autoproduzione)
Quando un paio di anni fa recensimmo “29 Febbraio (Lo Squilibrista)” di Uross ci fu ben chiaro come quel disco sarebbe stato un ottima base di partenza per un percorso musicale di tutto rispetto. Così non ci sorprende più di tanto trovare il cantautore pugliese in netta crescita con il suo secondo disco “L’Amore E’ Un Precario”, che raccoglie undici brani nei quali la sua cifra stilistica sembra aver assunto tratti più definiti, avendo dato vita a quello che lui stesso ha definito come bastardmusic, ovvero un intreccio tra pop, rock, folk e blues, sul cui sfondo si mescolano immagini della natia Puglia e quelle dei grandi spazi aperti degli States. Venendo più direttamente ai brani non si può non apprezzare intelligenti intuizioni come la blues ballad “Chiedi Alla Polvere” o il western ipnotico di “Ego” ma anche l’apertura al rock italico di "Claustrofobikronico". A brillare però in modo particolare sono tracce come "Sto Così Scomodo Che Resto", la versione scarna e dilatata de “Ma Il Cielo E’ Sempre Più Blu” di Rino Gaetano” e il folk-blues di “Business” e della conclusiva “Lontano”. “L’Amore E’ Un Precario” segna un’altra importante tappa per la crescita del cantautore pugliese, il quale per il prossimo futuro dovrà dare prova di saper mettere a frutto ancor meglio le sue potenzialità. 



Salvatore Esposito
Nuova Vecchia