Da molti anni Andrea Capezzuoli (voce, melodeon, organetti, scacciapensieri, piedi) anima la scena folk milanese con un mélange squisitamente variegato di ingredienti danzerecci: tradizione popolare franco-canadese, folk irlandese, danze e canti della tradizione norditaliana e spruzzatine di improvvisazione jazz. Musica schietta ed effervescente, molto fruibile, interpretata da musicisti che dimostrano di divertirsi davvero tanto suonando. Nel corso degli anni Capezzuoli e sodali hanno allietato numerosi festival, tra i quali ricordiamo Rudolstadt, Nuit du folk, Etétrad, Folkermesse, Capodanze, Zingaria. Pubblicato per l’etichetta monferrina Ethnosuoni, questo terzo album giunge dopo due CD (Suonato con i piedi e Tutto per Amore) che hanno ottenuto lusinghieri riscontri di pubblico e riconoscimenti dalla critica trad soprattutto in Francia. A completare il quartetto sono Luca Rampinini (sax soprano, piano, cori), Mattia Ghion (voce, chitarra, mandolino) e Marco Ghezzo (violino, cori), con l’ospitata dell’istrionico ed irruente Nando Citarella, eccellente prima voce in una versione di Donna Lombarda in salsa quebecchese. Ottima capacità nel tenere la scena, solida preparazione strumentale, accorto senso d’insieme, voci che ben si amalgamano, in Leandra la Compagnia presenta un programma di tredici brani – tradizionali e d’autore – rivolti sia al ballo sia all’ascolto, con una maggiore predilezione per il secondo, ma si proietta anche nella direttrice compositiva con canzoni che tengono insieme tempi da ballo e liriche sagaci, come “Il demonio” che riecheggiando i toni di una ballata popolare racconta del diavolo che se ne va in giro sulla terra a lusingare generali, banchieri, razzisti e benpensanti. Il resto del menu comprende la leggenda popolare di “Al bigoun”, proveniente dal modenese ma combinata con parti strumentali ispirate a due canzoni del Québec e con passaggi in Irish style. Ancora c’è una polca jazzata che ossequia un oste folkettaro all’ombra della Madunina, una tenera mazurca e giù fino ai balli dell’Appennino bolognese, senza dimenticare il repertorio contemporaneo franco-canadese di reel e rondeau, né farsi mancare una galope, che portata tra i piedi dei ballerini diventa una perfetta scottish.
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