Nel numero 27 di agosto abbiamo recensito “A-Strapiombo”, secondo disco de Lassociazione, sottolineando come il loro folk-rock si caratterizzasse, per il profondo legame con la tradizione musicale dell’Appennino Reggiano, e per la qualità degli arrangiamenti. Ritorniamo a parlare di questo disco nell’intervista con Gigi Cavalli Cocchi, già batterista dei C.S.I. e motore propulsivo della band, per approfondirne i temi, le sonorità e le atmosfere…
Come nasce il progetto Lassociazione?
Da Marco Cilloni, autore delle musiche e Giorgio Galassi, poeta e cultore della parola, che dopo aver realizzato un pugno di canzoni, decisero di propormele per coinvolgermi nel progetto, e devo dire che anche il modo in cui accadde tutto ciò, fece un pò la differenza rispetto le tante proposte che mi arrivano…non avendo la possibilità di farmi sentire un provino, un bel giorno scesero dal nostro Appennino dove abitano e armati di chitarra vennero a casa mia a cantarmele: fu amore al primo colpo!
Quanto è importante per voi il legame con le radici della musica tradizionale dell'Appennino Reggiano?
Per noi il vero legame è con la terra, sentiamo un grande bisogno di riabbracciare la Madre Terra, concetto antico che ci piace mettere in pratica nel quotidiano, il nostro è un bisogno di recupero e salvaguardia di un modo di vivere che viene dal passato ma che può essere una interessante chiave di lettura per una migliore qualità del vivere presente. Nelle nostre montagne certi concetti semplici di convivenza con le persone e con la natura non sono mai venuti meno, così il recupero della lingua che ci piace utilizzare anche come suono viene da questo desiderio di riconfermare una dimensione reale che amiamo perché è la nostra, una dimensione nella quale il “passo” che usiamo è quello naturale, in questo senso siamo in controtendenza con la società odierna, ma la cosa interessante di tutto ciò, è che questo bisogno si sta diffondendo molto velocemente tra le persone. Non siamo dunque un gruppo interessato alla riscoperta della tradizione musicale del nostro Appennino, ma una sorta di continuazione di quella cultura.
Il vostro folk rock mescola suoni della tradizione con influenze tipiche della musica americana, da dove nasce questo incrocio musicale?
Lassociazione è un mélange molto particolare, una alchimia avvenuta per caso, mettendo insieme musicisti che si piacevano prima come persone oltre che come artisti. Ognuno di noi ha provenienza ed esperienze diverse ma il collante è sicuramente lo stesso approccio che si ha nel momento in cui si lavora insieme, siamo un pò come una grande tavola imbandita sullo stile di quei banchetti da film con ogni ben d’Iddio da poter scegliere, e da questo, come per magia abbiamo scelto le cose che hanno creano questo suono. Il nostro background ha sicuramente influito, ma sono certo che la nostra identità è nata nel momento in cui ci siamo ritrovati a lavorare insieme. Sono quelle cose che non puoi decider prima.
Hai suonato con C.S.I. nel momento più intenso della loro vicenda artistica, cosa è ti è rimasto di quella esperienza?
I CSI hanno rappresentato una delle svolte più importanti della mia carriera, paragonabile a quella avuta con Ligabue. Due mondi completamenti diversi ma che mi hanno arricchito e fatto crescere moltissimo. E’ indubbio che tutto il progetto C.S.I. poggiasse sulle figure carismatiche di Ferretti e Zamboni, ma forse pochi conoscono le dinamiche che si muovevano all’interno del gruppo e che senza la forti personalità artistiche degli altri membri, la magia CSI quasi sicuramente non sarebbe accaduta. Da Maroccolo a Magnelli, da Ginevra a Canali, il lavoro svolto era un mélange di creatività dalle mille sfaccettature, Un gruppo unico e completamente “in opposition” anche rispetto alle dinamiche della discografia. Un gruppo dove la parola “Indipendenti” era il vero manifesto del suo modus vivendi.
Come si è evoluto il vostro suono rispetto ad “Aforismi da Castaneto"ed in particolare come nasce “A-Strapiombo”, disco che è stato registrato in una antica Pieve…
“Aforismi da Castagneto” è un album che nasce fondamentalmente in studio, anche se Marco, Giorgio ed io avevamo idee ben precise di ciò che sarebbe dovuto accadere. In quel momento però non esisteva un vero e proprio gruppo, Lassociazione eravamo sostanzialmente solo noi tre, poi ognuno di noi ha proposto musicisti che riteneva perfetti per il nostro obiettivo, e insieme a loro è nato il nostro suono, Lassociazione è la risultante di queste forti personalità coinvolte. Come spesso avviene nella musica, si è create un’alchimia che all’inizio non avevamo immaginato così perfetta. Poi, uscito il disco siamo partiti per una serie incredibile di concerti con sold out ovunque. E’ vero, nel nostro primo anno di concerti abbiamo battuto soprattutto la nostra provincia, ma trovarsi davanti centinaia di persone che conoscono a memoria le tue canzoni e le cantano per tutto lo spettacolo, ma soprattutto vendere talmente tanti dischi da fare invidia a qualsiasi nuovo artista di fama nazionale, sono segnali non usuali. Questi concerti sono stati importantissimi, hanno fatto de Lassociazione un realtà live molto forte, creando una sintonia tra noi perfetta, così per “A Strapiombo” abbiamo fatto insieme la preproduzione dell’album e pò ci siamo ritirati in una Pieve Romanica tra I boschi dell’Appennino per realizzarlo, è quindi un album più collettivo.
Come mai avete scelto questo titolo, così particolare?
A-Strapiombo è la nostra condizione di vita nel mondo moderno, in balia degli eventi, volenterosi nel desiderio di realizzare i propri sogni ma consapevoli di come girano le cose. E’ lo stato nel quale ci sentiamo in questo momento storico, per questo ho voluto anche graficamente rappresentare l’uomo come un tutt’uno con questo sentire: il nostro essere è costantemente a strapiombo, sia nel vivere pratico che a livello interiore.
Tornando ai CSI dal loro repertorio avete ripreso “Fuochi Nella Notte di San Giovanni”, brano di impostazione folk, che tra l'altro fu ripreso dal vivo anche con Goran Bregovic...
Si, e pensa che non è stata una mia idea…ma ci piaceva rileggere quel brano sia per la sua bellezza che per rendere omaggio ad un gruppo che come noi affonda le proprie radici nella nostra terra. Marco e Giorgio che hanno ideato Lassociazione sono di Ospitaletto e Cervarezza, paesi dell’appennino Reggiano come Cerreto Alpi e Carpineti, i due luoghi dove abitano Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni.
Come si è indirizzato il vostro lavoro a livello di arrangiamento dei brani e di produzione?
Come ti dicevo il 2011 è stato un anno dove abbiamo passato molto tempo insieme, affinando ogni particolare del combo, ma di pari passo portavamo avanti la scrittura di nuove canzoni. Nelle pause tra un live e l’altro ci ritrovavamo nella mia sala prove (storico luogo di Reggio Emilia dove lavoravo anche con Luciano Ligabue) e li, ci occupavamo dell’arrangiamento, a differenza del primo album con un lavoro d’insieme, poi testavamo il brano in tempo reale al primo concerto, questo ci ha permesso per buona parte del disco di avere una risposta da parte del pubblico e di affinarlo. Molti brani di “A-Strapiombo” hanno per questo una attitudine molto “live”, un modo di agire molto anni ’70. Anche per i suoni ci siamo partiti da un disco di riferimento “Harvest” di Neil Young, anche se ovviamente c’è stato un approccio più attuale.
Durante l'ascolto del disco mi ha colpito molto l'iniziale “Santa Maria”, ci puoi parlare di questo brano?
Sono tre fotogrammi di tre momenti di vita vissuta di Giorgio Galassi (che scrive tutti i nostri testi oltre che suonare l’armonica a bocca e recitare nei nostri spettacoli). Il primo è un ricordo di adolescenza quando da ragazzino stava nell’aia di casa ad importunare ragazze, il secondo racconta la festa di Santa Maria Maddalena in Ventasso e la fatica di salire sul monte (il Ventasso appunto). Il terzo è legato all’imprecazione delle vecchie del paese per accentare qualcosa di negative…insomma i vari modi di vivere la figura della Madonna nel quotidiano di paese, dal sacro al profano, passando dall’uno all’altro con assoluta naturalezza.
Altro brano molto bello è anche “Me I Sun C'Me Sun”…
Questo brano vuole essere una naturale continuazione di “Me” (dal nostro primo album “Aforismi da Castagneto”) e racconta come siamo e come vogliamo che rimanga tutto così com’è. Uno scioglilingua quasi “rap”.
Il vertice del disco è però senza dubbio “Via Di Bandita”, che racconta le vicende della Transumanza…
La “Bandita” è un luogo mitico per la gente della nostra montagna di Venturina in Maremma, dove I pastori dall’alto crinale passavano la maggior parte del tempo di transumanza. Ci piace fare qualche salto nel passato della nostra gente, anche se questo album ha anche molti episodi introspettivi. E’ come voler ricordare a noi stessi da dove venisamo e ricordarlo a chi è troppo giovane. La forma canzone in questo caso ha potere più di mille conferenze.
Quanto è importante per voi la dimensione live? Molti dei vostri brani mi sembrano particolarmente adatti ai concerti…
Siamo tutti musicisti cresciuti suonando dal vivo, quella è la dimensione nella quale ci sentiamo più realizzati, è li che ci piace farci conoscere, è il nostro miglior modo di comunicare è il potere del riuscire a trasmettere un’emozione che va oltre la lingua con la quale lo si fa. La lingua è un suono, un tramite, ma nel suo profondo è come se risiedesse una capacità di arrivare alla gente che è indipendente dalla provenienza dell’idioma stesso. E’ l’inspiegabile potere di ciò che si racconta, se quello che si fa arriva direttamente dal cuore, senza calcoli o menzogne, non ha bisogno d’altro. E’ ciò che siamo senza maschere.
Quali sono i vostri progetti per il futuro?
Suonare e continuare a scrivere la nostra musica…può sembrare la risposta più banale della terra, ma in realtà oggi riuscire a fare il musicista è una delle cose più difficili, è come partire dal punto più profondo dello “strapiombo” per riuscire a risalire fino alla cima, la dove c’è la luce e l’aria leggera.
Salvatore Esposito
Salvatore Esposito
Tags:
Emilia-Romagna