Si spengano le stelle. C'è bisogno del nero di una notte senza stelle, di questa particolare condizion, per poter permettere a pochi esseri eletti di trovare e riconoscere se stessi. La notte è la situazione più familiare per Davide Giromini, mente ed elemento fondamentale dei Redelnoir, nonché autore dei testi e delle musiche di “Ballate postmoderne”, disco che continua il cammino intrapreso dalla band con “Ballate di fine comunismo”. Ma non basta avere la notte, perché la notte incute fascino e timore ma lascia sempre spazio – come è giusto che sia – ad un bagliore di speranza: le stelle sono il faro guida al quale ci si aggrappa quando la potenza della ragione viene meno, sono la favola bella che ci permette di mantenere il nostro equilibrio ormai sempre più precario. Lo sguardo disincantato di Giromini invece non ammette romanticismi, né lascia spiragli ad eventuali illusioni; i Redelnoir ci regalano dodici ballate che sono fotografie di uno dei decenni cardine del secolo scorso, decennio vissuto in pieno dall'autore. Un grappolo di ballate che dipingono e raccontano gli anni ottanta tra citazioni colte, aforismi da Baci Perugina e modi di dire nati e seppelliti con il primo giro di moda come il famoso “non me ne sdruma un drigo” immortalato in “Postmodernismo”. La caustica penna del Redelnoir mescola l'aulico con l'effimero e va a tratteggiare il volto di una generazione che “ha caricato sulla schiena il fallimento dell'idea dei propri nonni rovinata sull'altare consumistico dei padri che attendevano in poltrona socialistiche pensioni conquistate e rivendute in pochi anni” (“La mia generazione”). Si cita chi ha costruito una strada e chi ha pensato di sfruttarla e mantenerla solo per sé, incurante del fatto che ci sarebbe stato un futuro da scontare, o meglio, che qualcuno dopo di lui avrebbe scontato i propri peccati e quelli altrui, già, perché “tornerà da te Dart Fener, con la faccia di Bin Laden, con la faccia di Saddam Hussein”. “Chi semina odio raccoglie tempesta” direbbe quel nonno - con i calli ingialliti nelle mani - che dalla terra ha tratto tutta la propria saggezza. Non si risparmia nessuno, tanto meno quei cantautori che costruirono le proprie ricchezze grazie all'innalzamento della Bandiera, ma che erano forse troppo distanti per estrazione e inclinazione ai valori e alle necessità di cambiamento portati avanti da uomini e donne con origini meno austere: “un po' storditi risorgeremo in un mondo migliore, senza cantautori miliardari di sinistra, residuo di un'epoca morta che ci oscurò la vista”.
I testi taglienti di Giromini vengono spesso stemperati dagli accompagnamenti musicali, in modo particolare dal sax di Nicola Bellulovich, ma non da meno sono gli inserti della fisarmonica dello stesso Giromini e il violino di Fabio Ussi. Un disco arrangiato davvero molto bene quello dei Redelnoir, equilibrato e affascinante dal punto di vista musicale e pungente sotto il profilo dei testi, testi che girano il coltello nella piaga e che poco – anzi nessuno – spazio lasciano ad un'eventuale “goccia di splendore”: “nella notte calpestiamo il nostro cuore, poi torniamo dalla mamma a rivedere il sole; e siamo techno dark anarco pseudo punk, sognando un reddito da manager di bundesbank”. Mode a parte, cosa è cambiato dagli anni ottanta ad oggi?
Chiara Felice
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