Da sei anni a Loano, bella marina del savonese, si intessono fitte trame che interessano tradizioni musicali orali d’Italia, memoria, e canzone d’autore. Pur raggiungendo il suo vertice nel festival di luglio, Il Premio Città di Loano lavora tutto l’anno, con l’Associazione Compagnia dei Curiosi che ne cura la direzione organizzativa ed artistica, in collaborazione con il giornalista musicale John Vignola (Mucchio, Radio 2), e seleziona i dischi dell’annata che, com’è noto, saranno votati nella primavera successiva dalla giuria di circa 60 giornalisti, specializzati e generalisti. In un 2010 segnato dall’ignominioso attacco governativo alla cultura, la manifestazione loanese va quasi in controtendenza, pur subendo un consistente taglio di budget, se è vero che le amministrazione comunale e provinciale entrambe di centro-destra, si battono con fierezza e competenza (anche questo un fatto inusuale per la classe politica) perché la manifestazione conservi l’alto profilo che ha guadagnato di anno in anno. L’edizione numero sei ha riempito gli spazi concertistici della riviera di ponente di villeggianti ma anche di un pubblico più ristretto di fidelizzati cultori della musiche tradizionali. Come di consueto, articolate a programmazione ad ingresso gratuito, con concerti applauditissimi,e la sezione laterale pomeridiana de “il Premio incontra,” che ha proposto riflessioni e showcase. Si è iniziato con la presentazione del volume Sta terra nun fa pi mia, con l’autrice, l’etnomusicologa Giuliana Fugazzotto, il discografico Valter Colle ed Enrico De Angelis, giornalista e direttore artistico del Premio Tenco.
Un viaggio nell’universo dei 78 giri che consentono di ricostruire le vicende dei emigranti italiani negli States nel primo Novecento. Altro incontro quello con Mirco Menna, protagonista con la siciliana Banda di Avola dell’ottimo … e l’italiano ride. Si è parlato del disco, del ruolo cruciale delle bande musicali nella cultura musicale del nostro Paese con Ciro de Rosa e Beppe Greppi dell’etichetta discografica Felmay, ma, soprattutto, si è ascoltato Menna, in compagnia del fido fisarmonicista Massimo Tagliata, eseguire brani tratti dal suo recente album. Ancora, spazio ai maestri liutai (Ettore Lòsini, Valerio Gorla, Walter Rizzo) che hanno esposto e suonato i loro strumenti, e al duo Stefano Valla (piffero) e Daniele Scurati (fisarmonica), che malgrado la pioggia, nella accogliente Piazza Palestro gli stagisti di Annalisa Scarsellini, che mettevano a frutto la due giorni dedicata alle danze delle 4 province. Magnifici Valla e Scurati, profondamente legati al territorio di Cegni e alla cultura musicale di questa’area culturale transregionale.
Ben altra serata quella con Enzo Avitabile & Bottari. Avremmo preferito che Enzo portasse a Loano il suo Napoletana, che gli ha fatto vincere il Premio come miglior disco del 2009, ma indubbiamente l’appeal del concerto con i Bottari è davvero irresistibile, se per di più si pensa che il concerto ha rischiato di saltare a causa dei forti temporali abbattutisi quel giovedì 29 luglio su tutto il ponente ligure fino ad un’ora prima dl concerto, allora vanno ringraziati la professionalità del server e la determinazione del compositore di Marianella nel suonare. Dopo aver presentato alcuni brani da Napoletana, accompagnandosi all’arpicella pentatonica, Enzo e la sua macchina percussiva e di fiati sono partiti in una coinvolgente e rodatissima cavalcata musicale che ha fatto ballare e parlare idioma napoletano molti liguri e padani. Il giorno successivo Riccardo Tesi e Maurizio Geri hanno portato in scena il loro tributo all’arte di Caterina Bueno (1943-2007). Per un artista come Riccardo Tesi, Sopra i tetti di Firenze è un passaggio necessario affinché la memoria della Bueno e del canto popolare non vada dispersa. Sul palco con loro la magnifica vocalist Lucilla Galeazzi, lo straniante Davide Riondino e la sempreverde Nada, che si è ritagliata un piccolo spazio, oltre il suo contributo al progetto interpretando il suo notissimo cavallo di battaglia.
Lui che è pugliese, per volontà di un dirigente Rai, diventa espressione canora della Sicilia (molto credibile, tra l’altro). Che sia stata una richiesta indotta da ignoranza delle origini del musicista? Dal fatto che esistono legami tra dialetti salentini e area della Sicilia occidentale? O ancora, determinata dall’appeal della Sicilia, che nell’Italia in trasformazione, poteva rappresentare, più efficacemente, l’alterità di un mondo arcaico? In ogni modo, quello siciliano è il Modugno che propone canzoni che affrontano la dura realtà della vita isolana. In realtà, il Modugno dei primi anni artistici scriveva in dialetto di San Pietro Vernotico (BR), dove si era trasferito all’età di 4 anni, al quel contesto fanno riferimento canzoni come La Donna Riccia. Al Modugno pugliese, siciliano ma anche al Modugno napoletano (ai cui testi contribuì Riccardo Pazzaglia) è stata dedicata la serata di Loano. Aperta dalla magnifica rilettura dei Radiodervish di Amara Terra Mia, Tu si ‘na cosa grande e Dio, come ti amo!. L’approccio semicameristico della band pugliese, con la voce calda e accorata di Nabil che alterna versi in italiano e arabo fa venire la pelle d’oca. I siciliani Lautari, anche loro adusi alla forma canzone, reinterpretano Malarazza, U pisci spada e Notte chiara. Poi è la volta del maestro dei tamburi Alfio Antico. Il percussionista di Lentini entra alla perfezione nei brani di Modugno: Lu salinaru, Sciccareddu mbriacu, suonata con i Lautari, e Tambureddu; una sequenza tra le più riuscite della serata. Quanto a Riccardo Tesi & Banditaliana, si cimentano con una delicata Resta cu mme, ‘O caffè – il cui refrain è stato ripreso da De André nella sua Don Raffaè – resa con piglio quasi bandistico. Chiude il trittico La donna riccia, con un superlativo Claudio Carboni ai fiati. Finale festaiolo, come è nella cifra stilistica di Sparagna e dell’Orchestra Popolare Italiana, interpreti di Lu minaturi e Lu Giramunnu, dove si mette in luce la voce possente di Raffaello Simeoni, prima della chiusura con tutti gli artisti sul palco ad interpretare ancora Amara Terra mia, emblematica canzone del repertorio popolare di un genio che ha rivoluzionato la canzone italiana.
Ciro De Rosa