Speciale: Michele Gazich e La Nave dei Folli

di Salvatore Esposito

Apprezzato come produttore, lodato come musicista, ma forse poco noto come autore di canzoni, Michele Gazich è stato una delle rivelazioni del 2009 con il progetto musicale La Nave Dei Folli, disco che nasceva da un articolato percorso artistico tra influenze letterarie, musicali e suggestioni cinematografiche. La pubblicazione del secondo album de La Nave dei Folli è l’occasione per intervistare Michele Gazich, con il quale abbiamo discusso del disco di debutto, della genesi di questo nuovo lavoro, delle sue ispirazioni e da ultimo, anche di interessanti progetti per il futuro…

Come nasce il progetto "La Nave dei Folli"?
Nasce da un desiderio di comunicare, di aprire il mio cuore. Sono un produttore artistico, un autore ed un musicista, ma non un cantante e non ho voluto improvvisarmi tale, come troppe volte si usa in Italia. Ho scritto queste canzoni per la voce di Luciana Vaona. Ho ideato questo progetto musicale cinque anni fa e ci ho lavorato negli ultimi due anni. Accanto a me, al violino e alla viola, ho voluto musicisti che stimo profondamente e che sono anche miei amici: oltre a Luciana, Beppe Donadio al pianoforte, Fabrizio Carletto al basso ed Elena Ambrogio al flauto.

Ci parli della realizzazione del primo disco? Come nato questo suono così classico, quasi da musica da camera?
Ho prodotto, originariamente, una stesura più "normale" dell'album con chitarra e batteria, poi, non avendo nulla da perdere alla mia età, ho osato di più. Ho eliminato chitarra e batteria e mi sembra che i testi arrivino pi intensamente all'ascoltatore.

Ad aprire il disco di debutto è L'Idiota tornato in città ci parli di questo brano?
L'Idiota sono io e sei tu, siete voi, cari lettori. Il dolce sorriso dell'ubriaco contro il ghigno da Quarto Reich del Grande Fratello.

Il brano più intenso del disco è l'attualissima Guerra Civile, cosa ha ispirato questo brano?
La Guerra Civile in corso tra i soldi e lo spirito. Con Mark Olson siamo stati obbligati a suonare, oltre che nei regolari concerti, anche in quasi 100 centri commerciali americani. Il disgusto era crescente. In viaggio da un centro commerciale all'altro, tra Abilene e Colorado Springs, ho scritto questa canzone.

Tra il diavolo ed il mare un brano ricco di poesia e soprattutto caratterizzato da uno splendido arrangiamento…
Volevo scrivere una filastrocca e ho pensato ad una musica da filastrocca, tra "l'ingenuo" surrealismo della ballata popolare e lo straniamento di certa musica di Mozart. Non venuta subito: abbiamo dovuto sperimentare a lungo, tuttavia. Ne avremo incise 30 versioni diverse...

Nel disco sono presenti alcune canzoni tra virgolette "d'Amore" penso a Venere di Carta o Canzone dell'amore Lungamente Atteso, ci parli del tuo approccio con questa tematica?
Le due canzoni che citi sono due facce dell'Amore. Il protagonista de "La Venere di Carta" "ha buttato via la chiave e ogni porta casa d'altri" e in "Canzone dell'Amore lungamente atteso" la ritrova tra le mani dell'amata. Cerco di scrivere d'Amore con intensità: cosa c'è di più importante nella vita? Brucerei il mio violino se potesse servire a scaldare il mio Amore.

C'è una connessione tra la copertina e Come Giona? Nelle note di copertina scrivi che ispirato ad un ambone romanico scovato in una chiesetta vicino l'Aquila? Come si inserisce la figura biblica di Giona in questo disco?
L'ambone romanico, in effetti, raffigura le storie di Giona. La canzone, che narra simbolicamente del profeta ingoiato e poi vomitato dalla balena, introduce alla tematica del poeta, del profeta dell'intellettuale rinchiuso, isolato dalla società, tipico della nostra era, ma non solo (si va da Torquato Tasso ad Antonin Artaud), e di cui parlo anche nella canzone successiva "Poeta in Gabbia".

Nel disco hai dedicato un brano ad Ezra Pound, quanto ti ha influenzato la sua scrittura?
Pound, frainteso e giudicato solo per la sua presunta adesione al fascismo, per cui ha, tuttavia ampiamente pagato con residenze coatte in gabbia e manicomio, dal 1945 al 1958, stato uno dei massimi poeti della nostra era: lo troviamo, non a caso, nella "Captain's tower" assieme a T.S.Eliot nella dylaniana "Desolation Row". Lo leggo da quando ero ragazzo, lo ritengo un mistico dell'Amore: ha influenzato la mia scrittura (nel senso che mi ha invitato ad un rigore morale nello scrivere, a migliorare la mia abilità artigianale), ma soprattutto ha influenzato la mia vita. Sono un artista anche perchè ho letto Pound.

Tutti i brani sono caratterizzati da suggestioni letterarie, cinematografiche, filosofiche e poetiche, quanto questi elementi concorrono durante la composizione dei tuoi brani?
Più che altro ho voluto mettere queste allusioni nelle canzoni, per far conoscere a chi mi legge cose che io amo ed ammiro, per condividerle con i miei lettori, perchè la mia opera non sia sterile, chiusa in se stessa, ma porti i miei lettori/ascoltatori anche verso altri lidi a bordo della nave: dai film di Bergman alle canzoni di Brassens, eccetera. Si tratta sempre d'Amore, comunque: le citazioni non sono fatte per intellettualismo. Sono cose che io amo.

Come giudichi questo tuo debutto come autore a quasi due anni di distanza?
Grazie per il "molto noto". Troppo generoso. Sono la persona meno adatta a giudicarmi. Posso solo dirti che non proprio un debutto per me, in quanto ho sempre scritto. A quarant'anni, avendo ormai vissuto la maggior parte della mia vita, mi parso sensato condividere questi scritti con un pubblico, che, per ora, sembra aver gradito.

Sono passati quasi due anni dal primo disco con La Nave dei Folli, ci racconti il percorso che ti ha condotto a Dieci Esercizi Per Volare?
Abbiamo fatto parecchi concerti in Italia ed Europa. Ciò ha fatto sì che sia nato un disco più colorato, in cui c'è il suono di una band. Mi sono sentito confortato dal fatto che tanti si siano riconosciuti nella mia voce poetica e musicale e ho desiderato mettere tutto ancora più a fuoco. Ho continuato a scrivere canzoni, senza soluzione di continuità, quando ho concluso il primo CD. C'era un'urgenza di scrittura che non sono riuscito a contrastare. Le canzoni che sono nate sono state subito diverse dalla prima fase: melodicamente più immediate e molto legate una all'altra a livello tematico.

In particolare dal punto di vista sonoro cosa è cambiato? Dall’ascolto si comprende chiaramente un approccio diverso, meno minimalista…
Ho desiderato produrre un album che riepilogasse ed estremizzasse in un certo senso le sfaccettature del mio fare musica. Per cui puoi trovare un brano come "L'Angelo ucciso" per soli archi e chitarra classica e un brano acido come "Hai mai sentito ardere il tuo cuore?", in cui il violino urla supportato dalla chitarra elettrica... Inoltre ho trovato un ambiente estremamente solidale e partecipe nello studio di registrazione MacWave di Brescia. Il tecnico del suono Paolo Costola, che unisce anni di studio in America ad una sensibilità squisitamente europea, mi ha permesso di muovermi in diverse direzioni. Colgo l'occasione per segnalare che è Paolo al mandolino in due importanti canzoni del nuovo album.

Quanto sono stati importanti i nuovi innesti nella band? In particolare del nuovo chitarrista, un vero valore aggiunto..
Marco Lamberti, il chitarrista ci ha seguiti da subito, a partire dal tour 2009. Quando lo presento, in concerto, lo chiamo "Il Maestro dell'anima, in quanto la dolcezza e la veemenza del suo suono hanno veramente un qualcosa che conduce in un'altra dimensione. In realtà, nell'album Dieci Esercizi per Volare, l'unico musicista nuovo è lui. Ma nuovo è l'approccio sonoro in generale. Ho anche estremizzato l'uso del violino, come dicevo, dal classico al punk! Fondamentale resta il bassista Fabrizio Carletto, il cui suono è prodotto di una ricca e curiosa cultura musicale e di un background di vero folk, forgiato sulle curente e i balet delle vallate del basso Piemonte, verso la Francia. Luciana Vaona, poi, ha cantato e narrato le mie canzoni con molto gusto.

Nel disco hai usato il piano wurlitzer uno strumento che mi rimanda direttamente a On The Beach di Neil Young, c’è una motivazione particolare per questa scelta a parte quella del gusto sonoro in fase di arrangiamento?
Ho usato il wurlitzer electric piano in due canzoni. Ne "L'Angelo ubriaco" lo suona Beppe Donadio: volevo, in questo caso, che il suono leggero e frizzante del wurlitzer trattato in maniera virtuisistica contrastasse con il testo invece forte ed espressionista, in cui l'Angelo ubriaco implora: "Insegnami e capire il dolore". Ne "L'Angelo di Saorge" lo suono io, in maniera molto più semplice. In questo caso, l'allusione a "See the sky about to rain", meravigliosa canzone di On the beach è proprio azzeccata. Il suono del wurlitzer crea, in quest'altro caso, un'aura quasi magica, ricca di aspettative e di presagi, in cui il soprannaturale, il mistero sta per irrompere.

Dieci Esercizi Per Volare è il secondo disco di una trilogia, come si svilupperà nel seguito? Di solito il secondo album di una trilogia è sempre quello fondamentale, cioè è la chiave di volta… ci puoi parlare del disco in questo senso?
Come ti dicevo, Dieci Esercizi per Volare mostra tutta la mia tavolozza sonora. E' l'azzurro aperto del cielo, fa vedere un po' tutto quello che so fare a livello di scrittura e di produzione. Nasce dalla percezione gioiosa di poter davvero fare un altro disco dopo il primo. Contiene brani come la title track, che sono il mio breviario esistenziale in edizione tascabile, dove si parla di rose, di figli, di pozzi, di preghiera, di viaggi, di professori e di follia. Insomma un riassunto di tutte le tematiche a me care. Sì, hai ragione, è una chiave di volta.

Il primo disco de La Nave dei Folli nasceva sulla scia di una certa urgenza creativa, Dieci Esercizi sebbene abbia avuto una gestazione simile, cioè on the road, sembra più studiato, più meditato…
In realtà la scrittura è sgorgata in maniera inaspettata e continua, in maniera ancora più fluente e costante che nel primo album. Molto più meditato è stato il lavoro in studio di registrazione: ha impegnato vari mesi, mesi di ricerca, di approfondimento e di gioia di fare musica insieme alla mia band, La Nave dei Folli.

Venendo ai brani ci puoi illustrare la splendida "Canzone della Pietra che Rotola"?
Da tempo eseguivo in concerto traditionals angloamericani, come la stupenda Jackaroe ed era nato in me il desiderio di produrre un analogo italiano di brani come questo. Da lì l'idea si è evoluta rapidamente. La musica è in qualche modo influenzata dal folk di cui ti parlavo prima, quello a cavallo tra Piemonte e Francia, mentre il testo riporta a casa un'immagine seminale della musica americana: la pietra che rotola, rolling stone. “Rolling stone gathers no moss (pietra che rotola non fa muschio)” era solito dire Joe Hill: autore di canzoni, predicatore, viaggiatore avventuroso su treni merci, ma anche tra i fondatori del sindacalismo americano. “Pietra che rotola non fa muschio”: Joe Hill lasciò scritte queste parole anche nel suo testamento nel 1915, come un invito a non stare fermi, ma ad essere sempre in azione. Da allora l’America, e non solo l’America, è stata percorsa da molte pietre che rotolano, rolling stones, e molte canzoni sono state scritte sulle pietre che rotolano. Ho provato a scriverne una anch’io, riportando ancora una volta tutto a casa, come ti dicevo, anche perché il motto del vecchio Joe Hill era la traduzione di un proverbio latino: saxum volutum non obducitur musco”.

In molti brani fai riferimento agli angeli, hanno una dimensione metaforica nel tuo immaginario letterario?
Sono sempre stato affascinato da queste creature intermedie tra i due mondi. Creature spesso terribili e ammonitrici. I miei angeli non sono angeli Liberty con i riccioloni d’oro e i camicioni color pastello; gli Angeli che io ho visto urlavano parole di fuoco e lottavano con gli uomini, come l’Angelo che lottò con Giacobbe. Altre volte, come nel film Il Cielo sopra Berlino di Wenders o nelle Elegie Duinesi di Rilke questi esseri perfetti, queste articolazioni della luce bramano l’imperfezione umana. Vogliono provare sensazioni, diventare esseri finiti, abbandonare l’infinitezza.

Le influenze di cui risente il tuo songwriting sono molteplici, in particolare vedo che spesso fai riferimento al cinema, alla poesia e alla religione…
Il mio songwriting è la mia vita, solo che la mia vita non è in rima. Scrivo influenzato da cose che mi interessano e che amo, di cui parlo ogni giorno con chi mi sta attorno. Mi piace che la mia scrittura sia inclusiva, che includa cioè in se tante cose, tanti spunti. Mi piace che la mia scrittura alluda ad altri: se, grazie alle mie esplicite allusioni, qualcuno si guarderà Miracolo a Milano di Vittorio De Sica o leggerà i poeti Ezra Pound o Pier Paolo Pasolini, sarà per me una delle soddisfazioni più grandi.

So che ti è molto cara la Title Track che ne puoi parlare?
Ti dicevo prima: è il mio breviario esistenziale. Aggiungerei che ho voluto presentarla con un linguaggio semplice e piano, appunto da filastrocca, perché non volevo che suonasse come un’altisonante lezione, ma piuttosto come un canto alla vita e ai suoi misteri da cantare tutti assieme. E’ un brano dalla metrica serratissima (in questo senso mi ha impegnato parecchio), perché volevo che fosse fluidissimo e memorizzabile.

Quali sono le ispirazioni dietro la bellissima "Angelo di Saorge"?
Saorge (Région Provence Alpes Côte d’Azur, Département des Alpes-Maritimes, Francia), è un luogo dove la montagna si scalda all’aria di mare, aria di luce. A Saorge la terra è spalancata, aperta, lucente di visioni. Sono andato tante volte a Saorge, sempre attendendo qualcosa che è giunto l’anno scorso, nel corso di una visita, proprio il lunedì dell’Angelo. Ero seduto, con mio figlio, accanto allo storico lavatoio e mi sono improvvisamente sentito liberato dall’angoscia e ho pensato con serenità al lasciare, al giorno in cui morirò.

Il disco si chiude con un acquerello sonoro "Stella Guarda Stelle", come nasce questo brano?
Te lo posso raccontare con precisione: mi trovavo alla stazione di Chivasso, vicino a Torino e, in un bar, un uomo molto ubriaco ed anziano inveiva contro le due solite cose contro cui si accaniscono gli ubriachi: Dio e le donne. Era un’interminabile serie di bestemmie e di insulti. Improvvisamente quest’uomo si ferma, esce dal suo logorroico delirare e dice: “La sera quando torno a casa sono felice quando rivedo il mio cane, Stella. Se la notte è serena, le dico: Stella guarda le stelle!” Mi è rimasta nelle orecchie questa espressione e ci ho costruito attorno la canzone, in memoria di quel momento. La mia Stella, tuttavia, non è un cane…

Quali sono i progetti futuri per la Nave dei Folli? Quando arriverà il terzo volume di questa trilogia?
La trilogia dovrebbe concludersi l’anno prossimo. Il prossimo album ne sarà il cuore e sarà rosso come il sangue. Ne ho anticipato un paio di canzoni nel miniCD Collemaggio, che prende il titolo dal monumento-simbolo della città. Il 6 e il 7 aprile 2010, con La Nave dei Folli, a L’Aquila, in occasione dell’anniversario del terremoto, abbiamo suonato tre concerti in un giorno e mezzo gratuitamente e gratuito è stato l’ingresso ai concerti. A L’Aquila tanti sono venuti a prendere, davvero pochi a dare; quasi nessuno ora, un anno dopo il terremoto, quando è scemata l’emotività vuota e teatrale dei media e sono rimasti solo la solitudine e il dolore degli uomini. Vorrei qui segnalare che l’incasso per la vendita del CD Collemaggio (contenente la canzone omonima ed altre due canzoni) sarà interamente dato per un fine molto concreto: il restauro di Santa Maria Degli Angeli, che è una piccola Collemaggio. Il terremoto ha inferto gravi lesioni interne e ne ha danneggiato la facciata medievale e l’antico rosone. Il CD è acquistabile direttamente da Giuseppe Dell’Orso, professore di Liceo a L’Aquila che mi ha aiutato a capire cosa è successo e cosa non è successo nella sua città nell’ultimo anno (+39 331 4209163; orsogi@gmail.com).

Quali sono invece i tuoi prossimi progetti, so che hai in programma un disco con Eric Andersen…
La Nave dei Folli mi richiede lavoro quotidiano, per rispondere all’attenzione crescente che ci circonda. Dall’inizio dell’anno, inoltre, ho lavorato intensamente con Anna Petracca che è già la nuova cantante de La Nave dei Folli nel live dall’inizio dell’anno e anche sul miniCD Collemaggio. E’ stata una svolta importante: Anna dà peso e forza alle mie parole. Tra tutte le mie collaborazioni, ho scelto di mantenere solo quelle veramente feconde sul piano umano ed artistico e con un respiro veramente internazionale. In marzo ho registrato un live con Eric Andersen a Köln, in Germania, che uscirà nel corso dell’anno in vinile e in CD, ma c’è in programma altro lavoro con Eric, in studio. Eric è uno degli originali, uno di quelli che hanno fondato la figura del cantautore (il suo primo album è del 1965!); suonare con lui è per me sempre un grande onore ed un’occasione di studio e di approfondimento. In Luglio uscirà il nuovo album di Mark Olson, nel quale ho suonato e curato la composizione e l’arrangiamento degli archi: lo abbiamo registrato a Portland, Oregon, lo scorso autunno. Quest’estate, inoltre, riprenderò la collaborazione con Michelle Shocked.



Michele Gazich e La Nave dei Folli - Dieci Esercizi per Volare (FonoBisanzio)
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Quando lo scorso anno Michele Gazich pubblicò il disco omonimo di debutto della sua band, La Nave dei Folli, non ci stupì affatto l’alta qualità tanto delle composizioni quanto l’eleganza degli arrangiamenti. Non si trattava di un debutto qualsiasi ma era un disco che giungeva a coronamento di un intenso percorso musicale, che lo aveva visto collaborare con artisti nazionali ed internazionali, nel corso del quale il musicista e produttore bresciano aveva avuto modo di affinare il proprio stile. Ciò che però ci sorprese fu l’originalità del songwriting di Gazich che attraverso molteplici suggestioni letterarie e cinematografiche, era riuscito a confezionare un disco di grande intensità, dai tratti raffinati ma allo stesso tempo mai scontati. A distanza di un anno Michele Gazich, torna con Dieci Esercizi per Volare, il secondo disco con La Nave dei Folli e che rappresenta il secondo volume di una particolarissima trilogia, che una volta completata si svelerà in tutta la sua complessità artistica e spirituale. "Il primo album era il disegno; nel secondo ci ho messo i colori", così Gazich ha voluto sottolineare la sostanziale differenza con il disco di debutto, che emerge soprattutto a livello di arrangiamenti, ora indirizzati verso una maggior ricchezza e pienezza del suono. In questo senso importanti sono stati anche l’ingresso nella band dell’ottimo chitarrista Marco Lamberti e del mandolinista Paolo Costola, che hanno contribuito in maniera determinante alla riuscita di diversi brani. Laddove nel disco di debutto, Gazich aveva lavorato per sottrazione in questo nuovo disco lo vediamo alle prese con alchimie sonore più complicate non più basate esclusivamente sugli archi e sul piano, ma aperte a influenze stilistiche diverse che arrivano a lambire il rock e la musica da camera. Per comprendere esattamente quanto detto sin ora basta ascoltare già la prima traccia, Canzone della Pietra Che Rotola, una ballata di impianto folk-rock influenzata da sonorità occitane, nella quale pur non utilizzando la batteria, Gazich è riuscito ad imprimervi un forte spessore melodico puntando su originale quanto inaspettato intreccio tra chitarra e mandolino. Segue l’intensa Sanguedolce, una ballata intima e sofferta influenzata nella scrittura da Leonard Cohen , nella quale la voce di Luciana Vaona regala una delle performance migliori del disco. Il piano wurlitzer suonato da Beppe Donadio è protagonista ne L’Angelo Ubriaco, ballata visionaria dai toni psichedelici ispirata dal film omonimo di Akira Kuroswawa, nella quale si apprezza una scrittura particolarmente ispirata ma soprattutto un arrangiamento degno delle migliori produzioni d’oltreoceano. L’amore per la letteratura di Gazich emerge nella poetica e struggente L’Angelo Ucciso, dedicata a Pier Paolo Pasolini, caratterizzata da uno splendido dialogo tra il quartetto d’archi e la chitarra arpeggiata di Marco Lamberti. Quasi fosse un vinile, a chiudere la prima parte è il rock intenso di Non Ho Ali, un brano ruvido ma allo stesso tempo intenso e poetico nelle cui pieghe si scoprono rimandi a Il Cielo Sopra Berlino di Wim Wenders. Ad aprire la seconda parte o il lato b, se preferite, c’è la title track, uno dei brani più intensi e suggestivi di tutto il disco, una poesia in forma di filastrocca sul rapporto padre-figlio su cui è cucito un arrangiamento di rara bellezza con il piano suonato da Fabrizio Carletto a guidare la linea melodica e il violino di Gazich a cesellare lo splendido refrain strumentale. La tematica degli angeli torna in Chi Vede L’Angelo? un brano introspettivo, meditativo, nel quale Gazich ci parla a cuore aperto della sua ricerca spirituale. Altro brano di eccezionale fattura è L’Angelo di Saorge, ispirato dagli splendidi panorami delle Alpi Marittime della Costa Azzurra, e caratterizzato dal piano wurilitzer suonato dallo stesso Gazich. Sul finale si torna al rock con la Hai Mai Sentito Ardere Il Tuo Cuore?, il cui titolo tratto dal Vangelo di Luca, funge da contraltare ad un invettiva sui nostri tempi. Chiude il disco Stella Guarda Stella una moderna romanza d’opera dal testo dolcissimo. Dieci Esercizi Per Volare è un disco complesso, che necessita un ascolto approfondito, meditato. E’ un lavoro prezioso, da apprezzare a fondo, perché solo ascoltandolo con attenzione, si riescono a cogliere tutte le sfumature e le suggestioni che la scrittura e gli arrangiamenti di Gazich sanno regalare. Insomma, un saggio di canzone d’autore italiana da non perdere.



Salvatore Esposito

Michele Gazich e La Nave Dei Folli - Collemaggio (FonoBisanzio)
A breve distanza dall'uscita di Dieci Esercizi Per Volare, Michele Gazich e La Nave dei Folli hanno dato alle stampe Collemaggio, splendido cd singolo (contenente la canzone omonima ed altre due canzoni) e nato per finanziare il restauro la chiesa di Santa Maria Degli Angeli a L'Aquila a cui il terremoto ha inferto gravi lesioni interne e ne ha danneggiato la facciata medievale e l’antico rosone. Ad aprire il disco è title track è un brano di struggente bellezza e a riguardo Gazich scrive: “la canzone è stata scritta grazie alla conoscenza con Giuseppe Dell’Orso, Professore di Liceo a L’Aquila, che mi ha fatto vedere cosa succedeva nella sua città dopo il 6 aprile 2009, senza che ne venisse data testimonianza significativa dai media". Il brano si muove su una linea melodica tesa ed evocativa che si sposa alla perfezione con il testo nel quale Gazich non risparmia critiche sulla gestione della ricostruzione, dopo il terremoto che ha colpito la città abruzzese lo scorso anno. Brilla per l'eccellente interpretazione la voce di Anna Petracca, da poco entrata in pianta stabile nella Nave Dei Folli, e di cui si apprezza una grande versatilità vocale, perfetta per l'eclettismo musicale di Gazich e del suo collettivo. A seguire c'è la ben nota Guerra Civile, già presentata nel primo disco, mentre nuova di zecca è anche Il Mio Mattino, una ballata pianistica caratterizzata da un testo denso di poesia, nel quale il nuovo mattino diventa metafora della speranza di rinascita per L'Aquila e la sua gente. Collemaggio è un atto d'amore per una città bellissima e piena di storia, il cui cuore non ha smesso mai di battere nonostante tutto il dolore che l'ha colpita.


Salvatore Esposito

Il CD ha il prezzo base di 5€ + 2€ di spese di spedizione (ma chi vuole dare di più, lo può fare) ed è acquistabile contattando il Prof. Giuseppe Dell’Orso al numero +39 331 4209163 o all’indirizzo di posta elettronica: orsogi@gmail.com.
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