Bob Zabor è un real working class hero, durante il giorno infatti lavora come operaio in un industria pesante di Detroit nello stato del Michigan, mentre la sera nel suo scantinato, vestiti i panni di Jawbone, si trasforma in bluesman one-man-band, quasi fosse un moderno Jesse Fuller. Tutto solo, registra, arrangia e mette insieme brani garage blues che rimandano da vicino all’esperienza di Jack White e dei White Stripes con in più una larga dose di strumenti vintage e amplificatori a valvole. Non sorprende che di lui si sia accorto anche il compianto Dj della BBC, John Peel che nel 2004, aveva dichiarato il suo album di debutto Dang Blues, Loose Music, una delle sorprese dell’anno. Il suo nuovo album, Hauling, definito dallo stesso Zabor come un mix di blues post-bellico e blues pre-bellico, è un concentrato di blues lo-fi suonato magnificamente alla slide-guitar, condito da ritmiche strampalate e testi crudi. A prima vista, Hauling, potrebbe sembrare un disco monocorde e noioso, ma andando a fondo si scoprono brani dall’alto potenziale come Dose Of Powder, o ancora Drop Down Low e Long Dang Discount Jesus Teenage Blues, in cui Zabor racconta di personaggi maledetti e poi riscattati. A ritmiche ossessive e frenetiche come Bullcat, si accompagnano anche brani più melodici come John Said o insospettabili e gustosissime ballate bluesy come Trouble on my doorstep e Chug a lug. Gli appassionati di blues rurale non potranno non apprezzare questo disco, tanto per l’eterogeneità delle ritmiche tanto per le potenti dosi di rock’n’roll che permeano ogni brano. Chiude il disco una ballata country Alla Want Jesus Name, che apre scenari nuovi sui quali Zabor, sicuramente si muoverà nel prossimo futuro.
Salvatore Esposito
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