La serata di chiusura di “Ottobre Alessandrino”, manifestazione che in soli due anni è riuscita a crescere in pubblico e credibilità portando in città grandi nomi del mondo del cinema e non solo, vede sul palco del Teatro Alessandrino il ritorno in città di Vinicio Capossela con un concerto studiato ad hoc per il giorno dei morti dal titolo “Ad Mortem Festinamus”, accompagnato da una band che vede Alessandro Asso Stefana alla chitarra, Piero Perelli alla batteria, Andrea Lamacchia, al contrabbasso, Achille Succi al clarinetto e Giovannangelo De Gennaro agli strumenti medievali. Il titolo ripreso dai “Carmina Burana” sottolinea l’intento di esorcizzare la paura della morte ballandoci insieme, con danze macabre medievali, marce da camposanto e riti voodoo. Il concerto inizia proprio dalla “Danza macabra” con lumini funebri sparsi sul palco, per celebrare il trionfo della morte, e con il “Mambo voodoo” cantato in compagnia di uno scheletro, perché le ossa sono l'unico elemento che ci sopravvive. Il viaggio di Vinicio tra i morti inizia citando il più antico canto del genere, l’Odissea, ripresa in quel capolavoro di intensità che è “Dimmi
Tiresia”, con la domanda che l’uomo si pone da sempre a proposito del “viaggio estremo”, se è meglio sapere o non sapere. Per questo viaggio negli inferi Capossela sceglie alcuni compagni già incrociati nel corso della carriera, come il grande Mattteo Salvatore, di cui propone “Il lamento dei mendicanti” facendo un parallelismo con la tragedia della distribuzione del cibo a Gaza, il poeta John Keats, del quale adatta la poesia “La belle dame sans merci”, eseguita al pianoforte, e Oscar Wilde la cui fiaba “L’usignolo e la rosa” ha ispirato il brano “Come una rosa”.
Compagni di viaggio immaginari, come “Le Sirene”, definite da Capossela il tramite tra il regno dei vivi e quello dei morti, e compagni reali, come Dylan Thomas da cui riprende la poesia “E la morte non avrà più dominio”, e Michelangelo Buonarroti, le cui Rime aveva già cantate nel disco “Renaissance” di Philippe Eidel, con quel verso chiunque nasce a morte arriva che sottolinea l'ineluttabilità della morte e il destino comune per tutti gli esseri umani. Anche per quelli che Vinicio chiama gli ultraricchi, che con tutti i loro soldi non possono comprarsi l’eternità, ai quali dedica “Maraja”
e il suo solito vortice di allegria contagiosa, che con la “Marcia del Camposanto”, Il testamento del parco e la filastrocca irpina “Lo sposalizio di maloservizio”, rappresentano la parte più festosa della serata.
La parte finale del concerto è un omaggio alla città che lo ospita stasera, la città del cappello, di cui Capossela fa da sempre uno strumento dei suoi spettacoli, ma anche la città della bicicletta, e con un collegamento un po’ azzardato si arriva al brano “Decervellamento”, ispirato all’inventore della patafisica Alfred Jarry, autore del “Ciclismo patafisico”. Ma il colpo di teatro è l’ingresso sul palco di uno dei tanti amici del cantautore, Marco Cervetti, il gigante de Il gigante e il mago, che scopriamo oltre a essere alessandrino, essere anche uno degli artefici del ritorno di Capossela in città a distanza di oltre vent’anni. Il suo “Am vis” è un omaggio alla città e ai suoi cittadini, noti per lamentarsi sempre che qui non c'è niente da fare, con un lungo elenco di negozi, bar, luoghi di ritrovo in cui sono passate almeno tre generazioni di alessandrini, ricevendo applausi e grida di approvazione ad ogni passo di questa sua breve lettura a metà tra poesia e
racconto, a cui Capossela, che assiste divertito seduto al piano, fa seguire “Il gigante e il mago” e “Contrada Chiavicone”. Si chiude con “Il tempo dei regali” e un altro omaggio alla provincia di Alessandria, una bella versione di “Lontano Lontano” di Luigi Tenco, nato a pochi chilometri da qui, prima del bis con la benedizione laica di “Ovunque proteggi”.
Poco prima del concerto, Capossela ha commentato così sui suoi social: non avrei mai pensato che una data il primo novembre ad Alessandria potesse riunire così tanti temi, spunti e incontri. Da Marco Cervetti alla battaglia di Marengo, dalle biciclette ai cappelli, dal Medioevo di Umberto Eco, che parla al nostro presente, all’evo medio odierno. Dal “Woodoo mambo” a Luigi Tenco. Amicizie di antica data, affetti, e poi i nostri defunti — per una sera in festa, affollatissima. Stasera Capossela ci ha insegnato che ballando con la morte si impara a vivere meglio. E gli organizzatori di Ottobre Alessandrino, con più di cento appuntamenti in un mese, hanno dimostrato che anche in questa piccole città di provincia se si vuole cercare, di cose da fare ce ne sono, e speriamo ce ne saranno, tante.
Giorgio Zito
Foto e video di Giorgio Zito
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