Arneo Tambourine Project – Arnissa (SquiLibri, 2024)

Presentato dal vivo ed emesso sul finire del 2024 ma in circolazione su piattaforme supporto fisco da quest’anno, esce per SquiLibri, “Arnissa” l’album a nome di Arneo Tambourine Project, creatura sonora ideata da Giancarlo Paglialunga, voce e percussionista di gran rango del Canzoniere Grecanico Salentino, nonché figura di spicco dell’Orchestra de La Notte della Taranta. “Arnissa” rappresenta la maturazione di un’idea già in nuce nei precedenti lavori solisti di Paglialunga: “T’Amai” (Anima Mundi, 2011)  e l’antologico “Tamburu” (2017) , pubblicato sempre per l’editore romano, nelle cui tracce già si intravedeva l’essenza di questo ensemble allargato, centrato sui tamburi a cornice e sulle voci, ma non solo. Difatti, il musicista di Galatina – personalità calda e travolgente – ha raccolto musicisti per dare vita a un rodato set live ed ora a un lavoro che raccoglie materiali di tradizione orale in prevalenza salentini. Paglialunga (tamburello, cupa cupa, tapan e voce) ha chiamato a raccolta otto tamburellisti e cantanti salentini: Lucia Passaseo, Daniela Damiani, Gioacchino De Filippo, Emanuele Liquori, Carlo “Canaglia” De Pascali, Davide Donno, Rocco Zecca ed Edo Zimba ed altri strumentisti e vocalist: Francesco “Franchittone” Motolese (voce), Massimiliano De Marco (voce e chitarra, Cosimo Pastore (mandolino e chitarra battente) e Giuseppe Anglano (fisarmonica e organetto). Con loro ospiti di peso: Rocco Nigro alla fisarmonica, Luca Buccarella all’organetto e al canto, Redi Hasa al violoncello e Federico Mecozzi al violino. L’album orienta la rotta verso l’area jonica, attraversando la Terra d’Arneo salentina e spingendosi con passaggi musicali fino in Calabria. “Vivo nel cuore dell’Arneo, a Nardò – racconta Paglialunga – e “Arnissa” è l’antico nome messapico di questa terra. I brani arrivano dal Capo di Leuca all’entroterra gallipolino, fino alla zona del tarantino. La volontà di unire queste voci e questi tamburi nasce dall’esigenza profonda di fare un passo indietro e riappropriarsi di una cadenza quasi dimenticata. Col passare degli anni, per esigenze di fruizione, si è andati in una direzione quasi pop, che tende a snaturare il nostro stile. L’Arneo Tambourine Project esalta la potenza e la bellezza della nostra pizzica pizzica, tornando allo stato primordiale”. Il vigore ritmico e la forza pulsante, centrali come nelle ritualità festive, non sono però l’unico tratto distintivo: le tessiture vocali, i timbri aspri dei canti alla stisa – carichi di memoria del mondo contadino – emergono con forza nelle espressioni polifoniche. Dopo la prolusione vocale di Paglialunga, ardente e a tratti ruvida, il ritmo si fa subito impetuoso nell’iniziale “Sale” (un “omaggio a Pino Zimba”, ci racconta), dove si cantano sofferenze d’amore ma anche speranze, su un intreccio riuscito di tamburi, mantici, voci e corde. A seguire, prende corpo la potenza polivocale di “Niura mia”, mentre con la celebre “Pizzica di Sannicola” e “Balla Michè”, quest’ultima una pizzica grottagliese nota anche come “taranta di Grottaglie”, è impossibile sottrarsi al vortice del ballo. In mezzo, la band propone “Serenata”, motivo più cadenzato, una sorta di valzerino illuminato dal mandolino di Pastore. “Aria di Salve” – dal paese omonimo nel Capo di Leuca – è una perla in tempo ternario, eseguita a più voci (protagoniste Passaseo e Damiani), con un accompagnamento affidato al battito delle mani. Nella successiva pizzica “Tamburu” esplode l’energia dei tamburellisti convocati, mentre “Tarantella guappa”, un classico calabrese, si distingue per le brillanti incursioni della fisarmonica di Nigro e del violoncello di Hasa. “Dove vivo – aggiunge Paglialunga – ho la Calabria jonica proprio di fronte e ho sempre collaborato con musicisti calabresi, che adoro. È un omaggio a Fred Scotti, cantore calabrese scomparso anni fa, che rappresentava in pieno i canti di carcere, tra cui questa tarantella”. Centrali organetto e voce di Buccarella in “Sciardinu”, dove si adotta una struttura strofica che si ritrova in altri contesti di canto (stornelli, ecc.), utilizzando “una melodia di area calabrese già suonata dal trio salentino Radici” – spiega ancora Paglialunga. L’ostinato del mantice costituisce il solido fondamento su cui si innesta la voce di Zecca (lo ricordate come membro degli Xanti Yaka?) nella conclusiva “Cummare”: “una cantilena a loop sulla stessa strofa proveniente da Galatone, appartenente proprio al repertorio degli Xanti Yaka, che mi piacevano molto nel modo in cui la eseguivano”. Poi l’ingresso dei tamburi, del violoncello di Hasa e del violino di Mecozzi dà vita a un crescendo tensivo e corale, in cui si riconosce la contemporaneità delle formule compositive e performative in virtù degli splendidi arrangiamenti di archi e delle sovraincisioni curati da Hasa. “Un testo molto esplicito – conclude Paglialunga – che mette in scena il dialogo tra due commari. Lo utilizziamo come inno alla non violenza verbale e fisica”. Qui si parla di un ensemble guidato da un musicista autorevole e consapevole il quale, formatosi alla scuola di testimoni della tradizione orale salentina e alla pratica delle ronde di ballo, ha attraversato l’intero arco della scena revivalistica locale assimilandone le esperienze, divenendo quindi uno degli interpreti di punta nella ribalta world internazionale con il Canzoniere Grecanico Salentino. Si tessono legami e relazioni tra generazioni di musicisti, si abita il presente attraverso la memoria viva del passato. In questa produzione, Arneo Tambourine Project si prende cura di ciò che proviene dal passato e lo porge con umanità al futuro, recuperando quanto si rischia di smarrire se non di dimenticare sull’onda di semplificazioni concilianti o di reiterazioni di modelli abusati. L’ Arneo Tambourine Project si presenta in una veste musicale schietta, distintiva e non accomodante, acusticamente solida e mai ridondante, che non manca di sorprese per accostamenti timbrici, repertori e inequivocabile carica espressiva. 


Ciro De Rosa

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